In che cosa consiste l’adozione del figlio del coniuge e come funziona in Italia. Le pronunce della Cassazione e il dibattito dei giuristi (e non solo) per le coppie omosessuali.
Spesso, soprattutto nelle coppie createsi dopo altre esperienze coniugali dei partner, si ha l’esigenza di adottare il figlio o la figlia dell’altra parte della nuova coppia. Volendo fare un esempio, si pensi al caso di un marito in seconde nozze che intende adottare il figlio avuto dalla moglie in una precedente unione che vive con lei e non più con il padre biologico. Tale pratica, così come stabilito dalla Corte di Cassazione, è possibile anche nei casi in cui il minore non versi in stato di abbandono e mantenga legami affettivi con il suo genitore biologico. Si tratta delle cosiddette adozioni in casi particolari che, dal momento della loro istituzione, sono state soggette a molte critiche da parte della giurisprudenza e della politica nostrana. Si sottolinea, a tal proposito, che così come stabilito dalla sentenze della Suprema Corte n. 79/2022 e n. 10989 del 5 aprile 2022, questa tipologia di adozione non gode di un via libera indiscriminato, ma deve essere sempre attuata nell’interesse esclusivo del minore. Ne deriva che la decisione sul tema potrà essere presa soltanto dopo che i servizi sociali, predisposti all’analisi di ogni singolo caso, abbiamo effettuato tutte le verifiche e valutato le volontà del minore.
I casi particolari
Così come si diceva in precedenza, il caso dell’adozione del figlio del coniuge viene gestito a livello legale come i casi di adozione in casi particolari. Si tratta, come intuibile, di una procedura speciale che è stata arbitrariamente costruita per tutelare i minori anche nei casi in cui vi sia l’assenza dei presupposti per dichiarare lo stato di adottabilità del minore. Ecco dunque che, anche quando il minore gode di un’adeguata assistenza morale e materiale, ovvero non è in uno stato di abbandono, si potrà comunque procedere all’adozione.
Aspetto di fondamentale importanza nelle adozioni in casi particolari è che il minore mantenga sempre un legame con la sua famiglia d’origine, specie nel momento in cui lo stesso non vive più con uno dei due genitori biologici, ma risiede nel nuovo contesto familiare che la mamma o il papà che lo hanno in affidamento hanno creato dopo la fine della precedente relazione.
Adozione del figlio del coniuge
Soffermiamoci ora sulla situazione specifica delle adozioni del figlio del coniuge. Come detto in precedenza, in base a diverse pronunce della Corte di Cassazione, tale pratica è un’opzione che può essere sfruttata, anche se fondamentale è la volontà espressa dal minore e la relazione offerta dai servizi sociali. Entrando più nello specifico, l’articolo 44 della legge n. 184/1983, stabilisce che l’adozione in casi particolari è espressamente consentita al coniuge quando il minore è figlio, anche adottivo, dell’altro coniuge. E ancora, tale opzione può essere seguita tanto dalle coppie di coniugi non separate che dalle persone single – al verificarsi di date condizioni – e dalle coppie di conviventi non sposati. Adottare un configlio, dunque, è sempre un’attività che viene posta in essere da due adulti che formano una nuova famiglia e che, in passato, hanno avuto dei figli in altre relazioni. Si tratta delle cosiddette famiglie ricostruite, conseguenza di:
- divorzi;
- separazioni;
- famiglie mononucleari;
- della morte di un coniuge;
- famiglie omogenitoriali, con il figlio che nasce nella coppia omosessuale grazie all’inseminazione eterologa o alla maternità surrogata.
Il fine dell’istituto è plurimo e va dalla consolidazione dei legami familiari in una famiglia ricostituita, alla tutela dell’interesse del minore a vedere garantita “l’instaurazione di un rapporto giuridico genitoriale con un soggetto al quale non è legato biologicamente, ma determinato ad assumere nei suoi confronti un ruolo genitoriale e per fare continuare il legame affettivo nei confronti di entrambi i genitori”. Nel momento in cui l’adozione del figlio del coniuge diventa effettiva, l’adottante assume nei confronti del minore tutti i doveri tipici del genitore. Ecco dunque che dovrà fornire assistenza morale e materiale all’adottato, con il minore che grazie all’adozione diventa anche erede dell’adottante e può vantare il diritto agli alimenti se si ritrovi nel corso della sua vita ad essere in stato di bisogno.
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Adottare il figlio del coniuge in Italia
Così come in parte già accennato, l’adozione del figlio del coniuge in Italia è prevista dall’articolo 44, comma 1, lettera b), della legge 4 maggio 1983, n. 184 “Diritto del minore a una famiglia” al Titolo IV “Dell’adozione in casi particolari”. In questo viene espressamente detto che per permettere all’istituto di configurarsi è necessario che ci sia il consenso del genitore biologico e che l’adozione corrisponda all’interesse del minore. Nel caso in cui quest’ultimo abbia compiuto 14 anni è necessario anche che fornisca il consenso all’adozione, mentre se ha tra i 12 e i 14 anni d’età il giudice deve ascoltare la sua opinione e tenerne conto. Come intuibile non si tratta di un procedimento automatico, ma è necessario che la richiesta venga presentata, con l’assistenza di un avvocato, al Tribunale dei minori del luogo in cui risiede il minore stesso. Sarà compito del giudice valutare l’idoneità affettiva dell’adottante, la sua capacità educativa così come la situazione personale ed economica e l’ambiente familiare dell’adottante.
Per quel che riguarda l’Italia, l’adozione del figlio del coniuge ha subito delle modifiche nel corso degli ultimi anni. Fino al 2007, infatti, questa era consentita in via esclusiva alle persone coniugate, salvo poi essere estesa anche ai conviventi eterosessuali. Così come sostenuto dal Tribunale dei minori di Milano, prima, e di Firenze poi, escludere a priori le richieste dei conviventi avrebbe leso l’interesse del minore che intende aggiungere al rapporto affettivo fattuale anche un rapporto giuridico con il partner del genitore biologico.
Le coppie omosessuali
Capitolo a parte meritano le adozioni in casi particolari per le coppie omosessuali. Queste, grazie alla legge Cirinnà, l. 20/05/2016 n. 76, hanno la possibilità di sposarsi con rito civile in Italia, anche se per quanto riguarda l’adozione dei figli ci sono ancora molti vuoti legislativi e interpretazioni differenti. Nella sua originaria stesura la legge Cirinnà prevedeva anche la possibilità di adozione del figlio naturale del partner, ma le polemiche politiche su questo aspetto portarono ad una rimozione del passaggio. Il risultato è stato che nel testo pubblicato in Gazzetta Ufficiale non è previsto che si applichino alle parti dell’unione civile le disposizioni delle quali alla Legge 4 maggio 1983, n. 184 in materia di adozioni. Nel test si legge che “resta fermo quanto previsto e consentito in materia di adozione dalle norme vigenti”, non impedendo così l’evoluzione giurisprudenziale che consente la possibilità da parte dei tribunali di applicare le norme sull’adozione in casi particolari che, dal 2007, è ammessa anche in coppie non legate da vincolo matrimoniale e anche a coppie omosessuali. Grazie a questo passaggio, non di facilissima ed immediata comprensione, si è arrivati anche in Italia nel 2014 al primo riconoscimento per un’adozione in una coppia omosessuale. Il Tribunale per i minorenni di Roma, nello specifico, permise ad una donna di adottare la figlia naturale della compagna. Le due donne si erano sposate in Spagna e, sempre all’estero, avevano avuto una figlia avvalendosi della procreazione eterologa assistita. Il Tribunale dei minori di Roma, nell’acconsentire all’adozione da parte della donna che biologicamente non aveva concepito la bambina, si era basata sull’articolo 44 della legge sull’adozione del 4 maggio 1983, che la contempla in alcuni casi anche per le coppie non sposate. La corte aveva ammesso di aver operato “nel superiore e preminente interesse del minore a mantenere anche formalmente con l’adulto, in questo caso genitore sociale, quel rapporto affettivo e di convivenza già positivamente consolidatosi nel tempo”. È necessario specificare che il Tribunale dei minori di Roma non ha creato un nuovo diritto, ma ha semplicemente offerto una copertura giuridica a una situazione esistente, nell’interesse del minorenne.
Il dibattito italiano
Così come si è più volte sottolineato in precedenza, l’adozione del figlio del coniuge ha la principale finalità di proteggere i bambini che crescono in famiglie diverse da quella che comunemente viene intesa come tradizionale. Il dibattito italiano sul tema è incentrato particolarmente sulle coppie omosessuali, in quanto manca del tutto una legge nazionale che riconosca la genitorialità legale di entrambe le persone. In tale scenario molte coppie omosessuali decidono di andare all’estero per avere un figlio, ricorrendo a strumenti come la procreazione assistita eterologa. Il risultato è che in Italia questi bambini vengono riconosciuti solo come figli del genitore naturale, con l’altro coniuge che non ha nessun diritto né dovere nei suoi confronti. Questo crea una situazione per la quale, in caso di decesso del genitore biologico, il bambino viene giuridicamente considerato un orfano. Vi è dunque una situazione di fatto per la quale le coppie omosessuali hanno dei figli, ma la legge non riconosce entrambi i partener come genitori.
Molti giuristi ritengono dunque che l’adozione in casi particolari sia “diretta a dare veste giuridica ad una situazione familiare già esistente di fatto, rappresenta la garanzia minima per i bambini che vivono oggi con genitori dello stesso sesso”.