Il progetto Carina della Ue coinvolge anche l’Università di Bologna. Si lavora su due colture non alimentari – carinata e camelina – che possono essere coltivate ai margini delle colture tradizionali senza consumare nuovo suolo e impiegate nella produzione di biomasse e biocarburanti
Il Dipartimento di Scienze e tecnologie agro-alimentari dell’Università di Bologna sta studiando nuovi sistemi agricoli per le colture del settore della bioeconomia che garantiscano la resa in campo, il reddito degli agricoltori e la sostenibilità ambientale e sociale.
Lo studio fa parte del progetto Horizon Europe Carina e prende in esame due semi oleosi, carinata e camelina, che dimostrano un alto potenziale di applicazione in diversi settori della bioeconomia, delle bioplastiche e la biochimica, ai biocarburanti, alla produzione di biostimolanti e biopesticidi. L’obiettivo è ottenere la quantità di carinata e camelina necessarie alle applicazioni della bioeconomia senza seguire il modello dell’agricoltura industriale ma puntando a una produzione che sia sostenibile. Con la collaborazione di 19 partner tra cui centri di ricerca, imprese e università che coinvolgono i paesi di Italia, Francia, Spagna, Germania, Grecia, Slovacchia, Bulgaria, Polonia, Regno Unito, Serbia, Tunisia, Marocco, Svizzera, l’Università di Bologna sta sviluppando soluzioni tecniche per nuovi sistemi di produzione basati sui principi dell’economia circolare.
Colture non alimentari e sostebibili per produrre biomasse
La richiesta di biomasse è in aumento in tutto il mondo ed è necessario che le colture destinate a questo scopo siano prodotte in sinergia con gli ecosistemi e nel rispetto della biodiversità. Le sfide globali di questi anni e il cambiamento climatico spingono la ricerca scientifica e biotecnologica a soluzioni innovative ma non sempre queste si sono rivelate efficaci. Nel 2015 una direttiva europea ha inserito nella valutazione dei biocarburanti il parametro Iluc (Indirect land use change) per misurare le conseguenze indirette della produzione delle colture e stabilire se siano sostenibili in tutto il loro ciclo di produzione (il consumo di suolo, l’impatto sugli ecosistemi, le ricadute sociali ed economiche) e non solo come prodotto finale. Un esempio di conseguenza indiretta e negativa di alcuni biocarburanti oggi realizzati è il fatto di destinare alla loro produzione colture ad uso alimentare come ad esempio il mais o la soia.
Questo ha suscitato interrogativi circa la reale sostenibilità di tale alternativa al combustibile fossile, a motivo della crisi alimentare e dell’aumento della popolazione globale. L’Unione europea ha recentemente deciso di escludere le materie prime alimentari dalla realizzazione di biocarburanti. Il progetto Carina sta sviluppando soluzioni che possano rientrare pienamente nei parametri europei di energia rinnovabile e lo fa attraverso lo studio di due colture non alimentari, che possono essere coltivate ai margini delle colture tradizionali senza consumare nuovo suolo, durante i mesi di riposo del terreno, con effetti positivi sulla biodiversità. Come sottolinea il coordinatore del progetto il professor Andrea Monti “i sistemi agricoli a cui stiamo lavorando rientrano nella categoria dei biocarburanti avanzati e dunque a zero rischio Iluc”.
Il progetto Carina
Il progetto Carina prevede il coinvolgimento di molti professionisti e di molte imprese per co-creare soluzioni mettendo in campo l’esperienza di ciascuno. Sono aziende che si occupano di carburanti, di moda o del settore farmaceutico e cosmetico e che hanno l’esigenza di trovare materie alternative che ben si adattino alle loro produzioni specifiche ma cercano risposte sostenibili anche dal punto di vista economico, che non siano quindi troppo esposte alla variabili del mercato globale. L’alta partecipazione di piccoli agricoltori del bacino del Mediterraneo rientra tra le finalità sociali del progetto. Sono previsti laboratori in campo e seminari di “co-definizione delle sfide” per ricercare le modalità più efficaci di adattare queste colture ai vari contesti locali. Carina mira alla definizione di proposte di carattere politico che possano massimizzare le risorse economiche, sociali ed ambientali interconnesse nella fornitura di queste nuove materie prime. Se il nuovo modello agricolo funzionerà, potrà essere replicato per altre produzioni.
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