Secondo la Coldiretti Impresapesca, “L’Unione Europea affonda la flotta italiana vietando la pesca a strascico, cioè quella più produttiva della marineria tricolore dalla quale vengono i 2/3 del pescato nazionale”. Secondo il Wwf, invece, le misure Ue servono a limitare i gravi danni alla biodiversità
Secondo la Coldiretti Impresapesca, “L’Unione Europea affonda la flotta italiana vietando la pesca a strascico, cioè quella più produttiva della marineria tricolore dalla quale vengono i 2/3 del pescato nazionale”. Secondo l’associazione di categoria, infatti, “Le nuove linee di indirizzo ad integrazione della politica comune volute dal Commissario alla Pesca ed all’Ambiente Virginijus Sinkevicius, prevedono, infatti, un pacchetto di misure che preoccupano gli operatori. Si tratta di provvedimenti di grande impatto che prevedono l’eliminazione degli attrezzi più produttivi e le restrizioni delle aree di pesca fino al 30% degli spazi attualmente fruibili, in un arco temporale peraltro brevissimo, con scadenze ravvicinate nel 2024, 2027 per concludersi nel 2030”.
La preoccupazione di Coldiretti
Coldiretti parla di una “misura draconiana che con la scusa della tutela degli stock ittici punta a cancellare la pesca con sistemi a strascico che interessa quasi il 20% della flotta ma che rappresenta in termini di produzione ben il 65% del pescato nazionale, operando di media non più di 130 giorni all’anno, secondo l’analisi di Coldiretti Impresapesca”, “”Un’autentica mazzata che si aggiunge all’esplosione dei costi di produzione pregiudicando il futuro 12mila aziende e 27mila lavoratori della flotta nazionale”.
Coldiretti: “Vanificati gli sforzi di questi anni
Secondo l’associazione, la scelta di Bruxelles vanifica anche i sacrifici fatti dalla marineria nazionale proprio sul fronte della sostenibilità: “Basti pensare alle norme di contenimento dello sforzo di pesca nel Mediterraneo,” ricorda Coldiretti Impresapesca, “in particolare per Adriatico e West-Med, avviate nel 2019 e seguite dai pescherecci italiani, che, a detta della stessa Commissione, cominciano a dare risultati positivi sulla conservazione delle risorse ittiche. Nonostante ciò, l’Ue rilancia e chiede ai nostri operatori di smantellare tutto ciò che hanno finora compiuto imponendo nuove soluzioni ancora più radicali, e drastiche da attuarsi in tempi estremamente brevi, senza peraltro che siano stati previsti sostegni per la ristrutturazione del settore e la riconversione della flotta che dovrebbe abbandonare il sistema a strascico”.
Wwf: Pesca sostenibile solo con misure come questa
Di tutt’altro parere Antonia Leroy, Head of Ocean Policy presso l’European Policy Office del Wwf, secondo cui “non può esserci una pesca sostenibile a meno che non affrontiamo gli impatti della pesca sia sugli ecosistemi marini che sul clima. Se l’Ue vuole raggiungere gli obiettivi che essa stessa si è prefissata nella strategia per la PCP e la biodiversità, l’inerzia degli Stati membri e la continuazione del business come sempre devono finire qui”.
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Secondo il Wwf, tali misure sono fondamentali “per colmare i decenni di separazione tra la pesca e le politiche ambientali che hanno portato all’impoverimento delle popolazioni ittiche e hanno sottoposto gli ecosistemi da cui dipendono i pescatori a un’enorme pressione. Purtroppo, l’ambizione della Commissione è, nella migliore delle ipotesi, il minimo indispensabile per raggiungere gli obiettivi ambientali e di pesca dell’UE, quindi gli Stati membri devono essere ambiziosi nelle misure che adottano in risposta”.
“Basta ritardi”
“Riguardo alla richiesta di limitare entro il 2030 gli attrezzi da pesca mobili che entrano in contatto con il fondo marino nelle aree protette, gli Stati membri non devono ritardare l’adozione di misure ed eliminare gradualmente tali attività il più rapidamente possibile, mentre, come giustamente espresso dalla Commissione, garantire che il lo sforzo di pesca non sia semplicemente trasferito ad altri settori della pesca, che non siano sostituiti da alternative ugualmente o più distruttive e che una giusta transizione per sostenere i pescatori nell’allontanarsi da questi tipi di attrezzi riduca al minimo qualsiasi difficoltà socio-economica”.
Sei delle sette specie di tartarughe marine sono elencate come a rischio di estinzione dalla IUCN e le reti da pesca rappresentano la più grande minaccia per le loro popolazioni.
Invertire la rotta
Antonia Leroy, Head of Ocean Policy presso l’European Policy Office del WWF, ha dichiarato: “Con solo sette anni rimasti per raggiungere gli impegni della COP15 per arrestare e invertire la perdita di biodiversità, un obiettivo rispecchiato nella strategia dell’UE sulla biodiversità, gli Stati membri devono ora sviluppare tabelle di marcia ambiziose per realizzare il cambiamento urgentemente necessario”.
Dati preoccupanti
La pressione della pesca ha determinato il declino globale delle popolazioni di squali e razze del 71% negli ultimi 50 anni e le importazioni di carne di squali e razze nell’Ue rappresentano oltre il 17% delle transazioni globali dal 2000.