Il reddito alimentare, previsto dalla legge di Bilancio 2023, ha l’obiettivo di aiutare le persone in povertà assoluta con la consegna di pacchi alimentari realizzati con cibo che risulta invenduto nella grande distribuzione organizzata
Il forte carovita derivante dall’inflazione mai così alta, ha spinto il governo guidato da Giorgia Meloni a prevedere nell’ultima legge di Bilancio degli interventi in sostegno dei cittadini che più faticano ad arrivare alla fine del mese. Un esempio, in tal senso, è rappresentato dal reddito alimentare. Tale intervento ha l’obiettivo di contrastare la povertà alimentare in Italia attraverso la consegna di pacchi alimentari realizzati con cibo che risulta invenduto nella grande distribuzione organizzata. I beneficiari, in attesa di uno specifico decreto attuativo, sono le persone che versano in un stato di povertà assoluta.
Il fondo alimentare: cos’è
Come detto, il reddito alimentare è una misura di sostegno prevista dall’ultima manovra finanziaria del governo italiano. Attualmente non ci sono ancora informazioni dettagliate in merito al suo funzionamento, ma quel che è evidente è che si tratti di un intervento in sostegno delle persone più povere. È da considerarsi come una misura sperimentale, con l’esecutivo che valuterà la concreta possibilità di questo strumento di essere di aiuto ai cittadini in difficoltà economiche. A livello pratico, il reddito alimentare dovrebbe prevedere la distribuzione, da prima nelle città e poi negli altri centri abitati, di pacchi alimentari con al loro interno delle derrate derivanti da ciò che è rimasto invenduto nei negozi della grande distribuzione organizzata che aderiscono all’iniziativa. È dunque una misura di sostegno, ma anche una manovra contro gli sprechi di cibo che, quotidianamente, si registrano nei supermercati. Si pensi, ad esempio, a tutti i prodotti che vengono tolti dagli scaffali di vendita perché ammaccati o perché esteticamente non idonei agli standard ricercati dai consumatori.
Reddito alimentare: i fondi a disposizione
Affinché il reddito alimentare diventi operativo a tutti gli effetti, si attendono alcuni decreti attuativi che dovrebbero arrivare nel corso dei prossimi mesi e che dovranno essere fatti dal ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Andranno nello specifico definite:
- le modalità attuative del trattamento;
- la platea dei beneficiari;
- le forme di coinvolgimento degli enti del terzo settore.
Al momento, invece, si sa che la misura dovrebbe partire in via sperimentale, cominciando nel suo operato dalle metropoli e dalle grandi città, per poi arrivare anche nei centri abitati più piccoli. I pacchi alimentari, secondo quanto riportato dalle fonti ministeriali, dovrebbero dunque essere iniziati a distribuire a Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli, Reggio Calabria, Roma Capitale, Cagliari, Catania, Messina, Palermo e Sassari. In una seconda fase, invece, la distribuzione dei pacchi con le derrate alimentari interesserà anche le province e, a seguire, i piccoli centri abitati.
Sempre da fonti ministeriali, sembra che i pacchi di cibo potranno essere prenotati dalle persone in povertà assoluta mediante l’utilizzo di un’applicazione dedicata e ritirati presso dei centri già impegnati nella distribuzione di cibo alle persone bisognose. Nel caso di persone appartenenti a categorie fragili, i pacchi dovrebbero essere consegnati a domicilio. Come evidente, si tratta ancora di una misura incompleta in molte sue parti e, specie sulla prenotazione e distribuzione dei pacchi, resta da capire quale potrà essere il ruolo esercitato dalle aziende operanti nel terzo settore. Altro tassello importante è rappresentato dalle aziende della grande distribuzione organizzata, con specifico riferimento alle forniture di cibo. Non è chiaro infatti al momento quali saranno le regole che queste dovranno seguire per la consegna del cibo in esubero e invenduto e se consegnarlo al reddito alimentare possa portare loro delle agevolazioni economiche o di natura fiscale.
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Informazioni più dettagliate, invece, riguardano i fondi messi a disposizione della misura. Secondo quanto previsto dalla legge di Bilancio 2023, è stato creato un Fondo per la sperimentazione del reddito alimentare istituito presso il ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, che vanta una dotazione di 1,5 milioni di euro per l’anno 2023 e di 2 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2024. Secondo le stime, l’avvio del reddito alimentare nelle metropoli dovrebbe raggiungere una platea di 5,6 milioni di persone che oggi versano in gravi condizioni di povertà.
Reddito alimentare: l’iter dell’intervento
Il piano di intervento del reddito alimentare dovrebbe, nelle intenzioni fin qui palesate, partire in via sperimentale dalle grandi città. Le spiegazioni di questa scelta sono da ricercarsi nel fatto che è proprio nelle metropoli che si registrano i più alti numeri di persone in povertà assoluta e che, sempre in città, sono già attive molte realtà del terzo settore che potrebbero agevolare nella costruzione di un corretto e pragmatico modus operandi nella distribuzione dei pacchi alimentari. Le 10 grandi città in cui dovrebbe partire il primo step del percorso del reddito alimentare sono Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli, Reggio Calabria e Roma, dove, in totale, vivono circa 18 milioni di abitanti. Nella fase successiva si passerà ad altre grandi città, fino ad arrivare in ultimo, e con un iter di consegna già fortemente rodato, anche ai piccoli centri abitati. In base a quanto previsto, come detto, gli interessati dal reddito alimentare potrebbero essere circa 5,6 milioni di persone.
I pacchi per chi è in condizioni di povertà
I pacchi alimentari previsti dalla misura di sostegno approvata dal governo conterranno generi alimentari e beni di prima necessità che derivano dagli esuberi e dall’inveduto della grande distribuzione organizzata. Si tratta dunque delle migliaia di tonnellate di cibo che, stando ai dati, vengono sprecati ogni anno lungo la catena. Più nello specifico si tratta di prodotti che stanno per scadere, ma comunque commestibili, e di quelli che presentano delle confezioni leggermente danneggiate (solitamente tolti dallo scaffale perchè poco attraenti per chi acquista al supermercato).
Reddito alimentare: il ruolo dei centri di distribuzione
Dai discorsi fin qui affrontati, appare evidente che un ruolo fondamentale nel corretto funzionamento del reddito alimentare potrà essere svolto dai centri di distribuzione. In base a quanto fin qui emerso, sembra che questi potranno essere quelli che già sono attivi nella distribuzione e nell’aiuto alimentare ai più bisognosi. Si pensi, ad esempio, alle mense per i poveri o ai dormitori per senza tetto. Il pacco potrebbe essere prenotato da chi verte in condizioni di povertà assoluta tramite una specifica applicazione per telefoni, con il ritiro che avverrà nel più vicino centro di distribuzione. I soggetti fragili, invece, potrebbero ricevere il pacco direttamente a casa. In attesa di un decreto attuativo, non è chiaro quale potrà essere la frequenza della consegna, né tantomeno quali saranno i requisiti per poter essere considerati idonei alla ricezione. Il ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali è chiamato ora ad un decreto attuativo che dovrà essere emanato entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge di bilancio. Andranno chiarite in tale documento tutte le modalità di fruizione del beneficio, così come criteri per l’individuazione dei beneficiari e le modalità di coinvolgimento degli enti del terzo settore.
La povertà assoluta
In attesa del decreto attuativo, è possibile tuttavia capire quali saranno i principali beneficiari del reddito alimentare. Nelle linee guida della legge di Bilancio, infatti, si fa riferimento ai soggetti in condizione di povertà assoluta. Tale condizione si palesa quando le risorse finanziarie mensili a disposizione di un soggetto “non sono sufficienti a far fronte all’acquisto dei prodotti del cosiddetto paniere di beni e servizi essenziali”. Ecco dunque che la povertà assoluta si ha nel momento in cui un soggetto non ha le risorse necessarie alla propria sopravvivenza. Si tratta, purtroppo, di una condizione molto diffusa in Italia, e a testimoniarlo ci sono i dati. Nel Rapporto 2022 su povertà ed esclusione sociale della Caritas, si legge che nel 2021 le persone in condizione di povertà assoluta in Italia sono sono state circa circa 5,6 milioni, di cui ben 1,4 milioni erano bambini. Ne è derivato anche un aumento di chi si è rivolto alla Caritas in cerca di aiuto, che nel 23,6% dei casi è un lavoratore povero. I “nuovi poveri”, così li definisce la Caritas nel suo rapporto, sono riconducibili a “lavoratori poveri, disoccupati, piccoli commercianti e artigiani costretti a chiudere, lavoratori irregolari che, oltre non avere nessun diritto e nessuna tutela lavorativa, non possono neanche accedere ad aiuti e sussidi. E ancora pensionati e famiglie numerose”.