Il Ddt rimane per più di 40 anni nei terreni agricoli bonificati

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Il Ddt è stato bandito nel 1972 dall’impiego in agricoltura. I terreni già bonificati risultano ancora contaminati. Un errore del passato che rischia di compromettere il progresso del futuro: l’agricoltura biologica

 

Nel 1948 il chimico svizzero Paul Hermann Müller ricevette il Premio Nobel in Fisiologia e Medicina “per la sua scoperta del Ddt come veleno contro diversi artropodi”. il Ddt servì per combattere tifo e malaria, ancora oggi responsabili della morte di mezzo milione di persone povere. Ma si pensò anche di aver fatto un passo storico in avanti nella lotta contro la fame nel mondo grazie al Ddt impiegato come insetticida in agricoltura.

Si apriva ulteriormente la strada verso le grandi produzioni agricole di massa. Una risposta alle prime ondate di esplosione demografica. Un’occasione ghiotta per l’industria alimentare.

Peccato che il Ddt si scoprirà essere nocivo per l’uomo e l’ambiente.

Il Ddt (acronimo di Dicloro-Difenil-Tricloroetano) ha certamente delle proprietà insetticide molto potenti. Una morte atroce, peraltro: uccide aprendo i canali del sodio nei neuroni degli insetti, causando loro spasmi incontrollati. Il Ddt permise di debellare la malaria in Italia, in Europa e nel Nord America.

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Quando si scopre che il Ddt è nocivo per l’uomo

Parallelamente all’impiego di massa del Ddt in agricoltura, nel 1950 accade che l’entomologo italiano Giuseppe Salvatore Candura, direttore dell’Osservatorio Fitopatologico di Bolzano, pubblica un articolo dal titolo “Malefatte nel frutteto“. Gli effetti di questo lavoro saranno sconvolgenti. L’opera di Candura è il risultato di 5 anni di studio sui danni del Ddt in agricoltura.

Questi studi sono stati successivamente ripresi e convalidati dal Food and Drug Administration (Fda) costretto ad ammettere che “con tutta probabilità i rischi potenziali del Ddt erano stati sottovalutati”. L’ente governativo statunitense comincia a porre restrizioni all’uso del Ddt.

Dodici anni dopo, siamo nel 1962, mentre il Ddt comincia a contaminare in silenzio i terreni agricoli, una biologa e ambientalista americana, Rachel Carson, pubblica il libro Primavera silenziosa, che denuncia il Ddt come causa del cancro e nocivo nella riproduzione degli uccelli, dei quali assottigliava lo spessore del guscio delle uova. Il libro causò clamore nell’opinione pubblica al punto da essere vietato negli Stati Uniti, ma solo, pensate, dieci anni dopo: nel 1972.

Sarà bandito anche in Italia, 6 anni dopo, sulla spinta del movimento ambientalista. Nel frattempo la malaria continuava a mietere milioni di vittime in Africa e in India. Succede quindi che la malaria diviene il pretesto per impiegare il Ddt in questi continenti, dove il rischio tumori passa in secondo piano.

Il Ddt come le scorie nucleare: ci mette tempo ad andarsene

Le conseguenze dell’impiego in agricoltura del Ddt purtroppo sono evidenti ancora oggi. Da quando è stato bandito a oggi non ce ne siamo ancora liberati perché il Ddt rimane per più di 40 anni nei terreni bonificati.

Lo ha dimostrato un recente nuovo studio del 2019 a cura di esperti canadesi come Giosuè Kurek, Paul W. MacKeigan, Sarah Veinot, Angelo Mercer e Karen A. Kidd. Essi hanno raccolto campioni di sedimenti dai fondali di cinque laghi remoti nella parte centro settentrionale del New Brunswick, in Canada. L’analisi dei sedimenti dei laghi ha rivelato, come previsto, livelli elevati di Ddt intrappolati negli strati degli anni ’60 e ’70. Ma i ricercatori hanno anche misurato livelli significativi di Ddt e dei suoi sottoprodotti tossici nei sedimenti moderni. Il risultato è che i residui sono ancora presenti nella catena alimentare, oltre che nei sedimenti moderni e bonificati.

Il Ddt del dopoguerra minaccia l’agricoltura biologica di oggi

In Italia i residui di Ddt minacciano l’agricoltura biologica che si estende per il 16% del territorio nazionale è coltivato in biologico, “alimenta” 81 mila aziende, rappresenta 2,9 miliardi di export made in Italy (+156% dal 2011). E poi, il caso delle contaminazioni a Vetabbia, a Sud di Milano, confermano che ci vuole quasi mezzo secolo per “disintossicare” un terreno contaminato anche da altri pesticidi, come il glifosato, ancora presente in un terreno agricolo su due.

Paolo Carnemolla, segretario generale di Federbio (Federazione di organizzazioni di tutta la filiera dell’agricoltura biologica e biodinamica), traccia la via d’uscita da questa trappola. Carnemolla fa notare che l’impiego della chimica in agricoltura è in calo, anche per una questione di costi. Inoltre, i nuovi prodotti hanno una permanenza nel terreno sempre più breve.

Il Ddt ci insegna che i pesticidi causano cambiamenti permanenti negli ecosistemi. È stato come un cavallo di Troia “regalato” al progresso dell’umanità come primo grande e risolutivo insetticida. E invece rischia di ucciderci lentamente, nel tempo, e più della malaria.