Un rapporto firmato dal Wwf solleva dubbi sull’accuratezza e l’affidabilità di tutti i processi di certificazione del Marine Stewardship Council (Msc), un’istituzione globale indipendente di pubblica utilità, fondata nel 1992 per dare una risposta al problema del sovrasfruttamento delle risorse ittiche. I prodotti che hanno ottenuto la certificazione si riconoscono da un logo (una spunta) blu.
Non sempre gli standard sono rispettati (con il consenso dei certificatori)
L’associazione ambientalista ha denunciato il processo con cui l’ente certifica i prodotti analizzando in modo specifico l’esperienza dell’iter di certificazione della pesca al tonno in Oceano Indiano. Il rapporto condanna in maniera severa il modo in cui i diversi organi di Msc preposti alla valutazione delle flotte di pesca da certificare, non sempre applichino gli standard di Msc, e di come i processi di obiezioni previsti dallo schema di certificazione siano poco efficaci. Il rapporto del Wwf testimonia come troppo spesso gli input dei diversi stakeholders, critici rispetto ad aspetti chiave delle flotte in analisi per determinati standard di Msc, non vengano presi in considerazione, e di come anche davanti a fatti certi e contrari a un possibile esito positivo, si tenda a procedere nel processo di certificazione.
Tra l’altro, il Wwf non è l’unico a danneggiare fortemente la reputazione del Msc: è di oggi la notizia che il Deep sea conservation coalition ha criticato la decisione dell’ente di certificare come sostenibile la pesca a strascico del pesce specchio senza ricordare – scrive la colazione – che quel sistema impatta con i fondali marini con le conseguenze che ne derivano.
Msc e il conflitto di interessi
Il rapporto del Wwf evidenzia come – all’interno dell’ente – vi sia un chiaro conflitto di interessi: Msc da un lato dovrebbe garantire, tramite i suoi standard, la piena sostenibilità dei prodotti certificati, dall’altro trae profitto dal concedere alle aziende il proprio logo. Ed è stato dimostrato come in alcune occasioni abbia piegato le proprie stesse regole per favorire il suo “business”.
La Gdo si faccia da garante per i consumatori
Eppure, fanno sapere dall’associazione, un sistema di certificazione sarebbe necessario per aiutare i consumatori a scegliere con consapevolezza: “Per questo adesso più che mai è necessario che le grandi catene di supermercati, e le aziende del tonno, stabiliscano standard e obiettivi stringenti per garantire la sostenibilità dei propri prodotti ai consumatori, senza affidarsi in maniera cieca a certificazioni che al momento non possono dare garanzie assolute. Davanti all’apparente fallimento delle certificazioni, devono rendersi loro garanti dei criteri con cui scelgono i prodotti ittici per i propri consumatori”.
Non conosci il Salvagente? Scarica GRATIS il numero con l'inchiesta sull'olio extravergine cliccando sul pulsante qui in basso e scopri cosa significa avere accesso a un’informazione davvero libera e indipendente