Dai risultati delle analisi chimiche sui tessuti, si parla di quello che viene individuato da tempo come vero e proprio rischio chimico per i lavoratori del tessile. Di cosa si tratta.
Il primo ente a parlare di rischio chimico è stato l’Arpa Piemonte, l’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale del Piemonte, facente parte del Sistema nazionale per la Protezione dell’ambiente, con un documento chiaro nella mission sin dal titolo: “Analisi del ciclo produttivo del settore tessile laniero”.
Nonostante siano passati diversi anni dalla sua elaborazione, si tratta di uno strumento fondamentale per capire quanto e come sia diffuso l’utilizzo di sostanze pericolose, sia per i lavoratori che per l’ambiente. I punti salienti percorrono il rischio ambientale e il rischio chimico estendendolo anche alle aree di stoccaggio di prodotti chimici, comprese le zone di travaso.
Un rapporto ambientale che ha analizzato i rischi del comparto produttivo tessile laniero, i punti critici, ad iniziare dalle diverse fasi di lavorazione fino al trattamento dei reflui indistriali. In particolare per quanto riguarda il ciclo produttivo, viene evidenziato come un ampio ventaglio di prodotti chimici utilizzati rappresentino un’esposizione potenzialmente pericolosa per i lavoratori. Il riferimento è legato a colori, tinture, solventi, ma anche polveri e colle.
L’elenco delle sostanze pericolose
Ma quali sono le sostanze pericolose per i lavoratori nel settore tessile laniero? Partiamo da un primo elenco:
- Cloro
- Bicromato di sodio e potassio
- Percloroetilene
- Dicloroisocianurato di sodio
- Coloranti al cromo
In maniera più ampia dovremmo parlare di diverse tipologie di sostanze pericolose, dagli agenti chimici impiegati nei servizi tecnici, potenzialmente corrosivi, agli agenti tossici come l’ammoniaica o l’acido maleico, e ancora il percloroetilene, altamente irritante, fino ai coloranti acidi, dai premetallizzati ai matallocomplessi.
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Le fasi della lavorazione
Rischi per l’ambiente e per la persona che si configurano nelle fasi che comprendono per primo il lavaggio, a seguire la pettinatura, la tintura tipo fiocco, la filatura, la tintura rocche o matasse, la tessitura, la tintura pezze e infine il finissaggio umido e a secco.
Ognuno di questi passaggi può comportare un potenziale rischio chimico per il lavoratore a seconda degli agenti impiegati. Si tratta di passaggi in cui la lana deve essere trattata e preparata di volta in volta per poter procedere al processo successivo.
Pensiamo al lavaggio, necessario per eliminare materiali naturali come terra o sterco, o alla fase di cardatura, che libera il materiale dalle impurità in maniera ancora più selettiva. Si tratta di processi cosiddetti di nobilitazione che comprendono la pratica della tintura e del candeggio; quella del trattamento irrestringibile e di finifissaggio.
Step in cui il lavoratore è a stretto contatto con le sostanze, dovendosi occupare della preparazione del colorante, degli acidi e degli ausiliari utilizzati in parte nel locale pesacolori oltre che nella cucina colori, fino alla stampa vera e propria.
Non ultime sono le fasi rispettivamente del candeggio, necessaria per decolorare alcuni tessuti, durante la quale vengono utilizzate sostanze come il perossido di idrogeno e l’idrosolfito di sodio, e la fase del trattamento irrestringibile, ottenuto con l’uso di prodotto antifeltranti.
Per quanto funzionali a ottenere un risultato, i prodotti chimici utilizzati nel settore tessile laniero, come emerge dal documento, sono particolarmente aggressivi e nocivi non tanto nella fase di lavaggio, quanto in quella dedicata alla nobilitazione.
Inalazione, contatto, vapori delle sostanze, rischio chimico connesso al rischio infortuni e al rischio rumore, variabili legate al microclima, non fanno ancora del comparto tessile laniero una garanzia per i suoi lavoratori.