Clamorosa protesta della Confederazione italiana agricoltori: “Non quoteremo il nostro grano alla Borsa merci di Foggia”. Il grano duro cala di 45 euro a tonnellata mentre la pasta è in aumento del 17%
Speculazione in agguato sul grano. Lo denuncia la Cia, la Confederazione italiana agricoltori, che ha deciso di non consegnare alle quotazioni della Borsa merci di Foggia, la più importante piazza cerealicola d’Italia, per protestare contro le manovre speculative in atto: “Il grano duro crolla e il prezzo della pasta sale“.
Il presidente della Cia Cristiano Fini spiega al Salvagente: “Abbiamo scelto di disertare la seduta della borsa merci della Camera di Commercio di Foggia che rileva le contrattazioni settimanali, per arginare il crollo del prezzo del duro che rischiava di scendere di 6 euro al quintale nel giro di una sola settimana. Il grano agli agricoltori deve essere pagato il giusto prezzo, le aziende cerealicole hanno avuto rincari produttivi spaventosi soprattutto per il costo del carburante agricolo, per cui lamentiamo la mancata proroga del credito d’imposta nel decreto Aiuti e per l’aumento indiscriminato dei fertilizzanti durante tutto il periodo di lavorazione”.
In una nota gli agricoltori denunciano: “Il crollo di 45 euro/tonnellata del grano duro alla Borsa merci di Bari rischia di mettere in ginocchio gli agricoltori, già vittime dei folli aumenti dei costi di produzione e della siccità . Il pesante deprezzamento va contro ogni logica, in un momento di stallo del mercato cerealicolo dopo il conflitto ucraino e con il prezzo della pasta aumentato del 17% (il frumento duro ne è il principale ingrediente)”.
Cia-Agricoltori Italiani lancia, dunque, l’allarme per il forte ribasso delle quotazioni, condizionate dagli effetti speculativi della finanza internazionale: da 565 euro/ton. alle attuali 520, nell’arco di una sola settimana. “L’indice dei future sul grano duro alla Borsa di Chicago è – prosegue la nota – schizzato dopo le notizie – fatte girare “ad arte”- di presunte stime abbondanti sul prossimo raccolto in Canada”.
Insomma come abbiamo scritto più volte la guerra in Ucraina non può influire sull’andamento del grano duro visto che viene coltivato solo grano tenero. Ancora una volta invece sono proprio la speculazioni sulle commodity alimentari a far impazzire i prezzi alla produzione e al consumo.
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Secondo Cia, tali stime, molto affrettate (la trebbiatura in Nord America si effettua fra tre/quattro mesi), vengono pubblicizzate al solo scopo di indurre i cerealicoltori italiani a vendere subito, con la logica conseguenza del calo dei prezzi.
“Le attuali quotazioni del grano duro – dicono gli agricoltori – sono ben lontane da quelle di qualche settimana fa e gli imprenditori agricoli ne reclamano, pertanto, il giusto prezzo, condizione essenziale per la copertura dei costi di produzione fortemente maggiorati. Se il costo medio di produzione per un ettaro di grano duro si attestava, secondo Cia, sui 700 euro, oggi ne occorrono almeno 1.200″. La gran parte di questi aumenti è da riversare sull’aumento del costo del carburante agricolo (schizzato a 1,60 euro al litro), per cui Cia lamenta nel decreto Aiuti la mancata proroga del credito d’imposta.
A questo si aggiunge il calo della produzione nazionale. Secondo le prime stime diffuse stamane da Italmopa-Associazione industriali mugnai d’Italia “la produzione nazionale di frumento duro dovrebbe situarsi, nel 2022, in circa 3,5 milioni di tonnellate, con una riduzione superiore al 10% rispetto ai volumi produttivi registrati nel 2021, a fronte di un fabbisogno dell’industria molitoria frumento duro calcolato in 5,5 milioni di tonnellate“.