Il mese di luglio oramai è arrivato e con esso sono arrivate le vacanze estive che rappresentano l’uscita da un lungo percorso fatto di pochi contatti, di minore socialità e di adattamento forzato del nostro naturale comportamento empatico. Finalmente molti abbandonano la “sicura capanna” che ci ha protetti e che, come una navicella spaziale, ha svolto il suo compito. Ora siamo viaggiatori, non dello spazio ma del tempo, e come ricorda il Sommo Dante dopo la “natural burella” dall’Inferno arriviamo alla spiaggia dell’antipurgatorio per contemplare le stelle notturne che sono il presagio del nuovo cammino fatto di luce e di speranza dopo le tenebre provocate dal Covid-19. Ospiti della spiaggia, oggi parleremo del pesce e di alcune sue qualità e criticità.
Amo il pesce pescato e non di allevamento, del resto è così “profondo il mare” che non mancheranno mai pesci sulla tavola
FALSO Purtroppo con la pesca fatta in modo miope, abbiamo dato sempre più fondo alle riserve del pescato che si ridotto al 25%, rispetto ad un secolo fa, di pesce ottenibile per chilometro quadrato di mare. Abbiamo sfruttato le risorse marine guardando solo il presente e senza conservarci un futuro per noi e per i nostri figli. Contemporaneamente, il consumo di pesce per le sue proprietà nutrizionali e salutistiche si è incrementato di molto e la richiesta attuale può essere soddisfatta solo da pesce di allevamento o da acquacoltura che si aggiunge al pescato. La Fao in un rapporto del 2018 ha confermato che la produzione mondiale di pesce pescato è ormai ferma da trent’anni a circa 90 milioni di tonnellate di cui 71 milioni destinate all’uomo, e che si rende necessario raddoppiare tale produzione con del pesce da allevamento. Il pesce di allevamento cresce come volume del 7,5% per anno e, sempre che non si trovino oceani o mari inesplorati del nostro pianeta, oggi rappresenta l’unica via per rispondere alla domanda di altri 45 Mton di prodotti ittici, da fornire ai consumatori nei prossimi 30 anni.
Il pesce allevato costa meno, ma è meno salutistico rispetto al pescato
FALSO Come tutte le tecnologie e in qualunque settore anche l’acquacoltura ha fatto “pinnate” da gigante e oggi la qualità del pesce allevato che troviamo sul mercato è molto vicina a quella del prodotto pescato. I vantaggi, oltre ad un prezzo minore, sono un controllo costante dal punto di vista della sicurezza e della salubrità del prodotto finito per la minore presenza di metalli pesanti, molecole indesiderate o di farmaci veterinari. I pesci di allevamento di origine italiana garantiscono la presenza dei noti e utili grassi polinsaturi che ci aiutano a ridurre l’incidenza delle patologie cronico-degenerative e di quelle cardio-vascolari. Il prossimo passo che si deve ottenere è di eliminare del tutto gli antibiotici dalla filiera ittica e di migliorare ancora di più la sostenibilità degli allevamenti e la qualità di vita dei pesci negli stessi. Occorre ricordare che la presenza di antibiotici, nei limiti ammessi, ha un significato diverso dalla antibiotica resistenza che alcuni batteri acquisiscono per la loro naturale velocità di riproduzione. L’antibiotico resistenza è da combattere per i rischi a breve e lungo termine, ma questo pericolo è meno preoccupante della eventuale presenza di residui di farmaci veterinari che comunque deve essere ridotta. Un impianto di acquacoltura condotto in maniera corretta utilizza e mette in campo tutte le possibili misure anche per evitare accumuli di microplastiche nelle carni, di metalli nocivi e di altri contaminanti. Tutte criticità che a ben vedere sono il frutto delle attività dell’uomo che hanno inquinato le acque degli oceani facendole giungere nel nostro piatto di consumatori finali. Fortunatamente, i controlli delle istituzioni assicurano che gli allevamenti ittici sono monitorati, che le problematiche possono essere gestite e rese meno impattanti sulla nostra salute e che determinate categorie di molecole come antibiotici, ormoni della crescita etc. sono proibite e talvolta anche inutili perché i pesci non sono mammiferi o uccelli per cui non hanno il medesimo comportamento dal punto di vista del metabolismo.
Il pesce non è frutta, posso pescarlo o mangiarlo in qualunque stagione specie come il sushi
FALSO I pesci sono organismi viventi che hanno un loro ritmo di riproduzione e una loro ciclicità. Per similitudine il mare non è assimilabile ad uno sportello “bancomat” dove il prelievo può essere costante e continuo. Occorre ricaricare lo sportello con nuovi contanti ed ecco perché la pesca ha necessità dei tempi di riposo utili perché le specie ittiche possano riprodursi e superare i primi mesi di vista. La stagionalità fa si che in autunno ci siano triglie, spigole, gallinelle o cocci, calamari e ombrine mentre l’inverno dona pannocchie, saraghi, sardine, seppie, ricciole, sgombri, pesci San Pietro, vongole veraci e polpi. La primavera è ottima per assaggiare granchi, sgombri, spigole, alici, mazzancolle, tonni, scampi, triglie e le rane pescatrici e, infine, d’estate troveremo pesci come orate, ricciole, saraghi, sardine e alici. Invece i cefali, le delicate sogliole e ad esempio i dentici si possono trovare praticamente sempre sul mercato. Il sushi richiede l’uso di pesce fresco, fatto con del pesce di stagione, ma soprattutto fatto con del pesce abbattuto. Il pericolo maggiore viene dall’anisakis che è un parassita dell’uomo che provoca infiammazioni a stomaco e intestino oltre a delle reazioni allergiche anche gravi. Il sushi richiede di utilizzare pesce crudo ma rigorosamente abbattuto ovvero rapidamente raffreddato alla temperatura di -18°C oppure congelato a casa in un congelatore contrassegnato con tre o più stelle per almeno quattro giorni.
Non vedo l’ora che arrivi la barca sulla battigia per comprare pesce fresco appena pescato
FALSO L’attesa della barca a riva nel passato portava gli adulti a dare un’occhiata per comprare del pesce appena pescato e prepararsi ad una serata ittica. Tutti i prodotti del mare vanno venduti con la propria etichetta dove in italiano si fornisce il nome scientifico e la zona di cattura o di produzione se si tratta di pesce di allevamento. Va detto anche lo lo stato fisico, se decongelato o altro e tutta una serie di altre informazioni. Ricordiamo di diffidare chi mette il pescato fresco insieme ai molluschi, a chi economizza il ghiaccio e non mantiene la temperatura vicino agli 0°. Ma come possiamo provare a capire se si tratta di pesce fresco? Guardiamo gli occhi, del pesce e non del pescatore o del pescivendolo in questo caso, e cerchiamo di individuare l’occhio trasparente, brillante e convesso, senza alterazioni, non deve essere affossato, o mostrare del sangue oppure sembrare opaco. L’occhio è lo specchio dell’anima, ma soprattutto del pesce fresco possiamo dire. La pelle deve mostrare dei colori vivi ed essere tesa, le branchie rosse o rosa, ben disegnate e turgide, evitiamo branchie gialle, bluastre o con del muco. Le squame devono essere lucenti e ancora ben aderenti, infine la carne deve apparire soda e turgida per cui il gesto di sbattere il pesce serve a valutare la sua eccessiva flaccidità che lo classificherebbe come poco fresco. Nella pulizia del pesce, fatta da mani esperte per evitare di perdere dei pezzi brutti ma buoni, la lisca deve essere ben attaccata alla carne e le viscere consistenti e non molliccie. Infine, un pesce se decongelato non va mai ricongelato perché perderebbe ulteriormente le sue caratteristiche sensoriali e perché potrebbe diventare una fonte di criticità per la salute di chi poi lo consuma.
Non conosci il Salvagente? Scarica GRATIS il numero con l'inchiesta sull'olio extravergine cliccando sul pulsante qui in basso e scopri cosa significa avere accesso a un’informazione davvero libera e indipendente