Eravamo stati facili profeti. Il test di copertina dello scorso numero del Salvagente, che ha trovato la presenza di 7 confezioni di pasta italiana con tracce di glifosato, non poteva non suscitare molte reazioni.
A reagire, innanzitutto, siete stati voi, cari lettori, con tante dimostrazioni di attenzione quante forse non ne avevamo mai contate in questi ultimi sei anni di storia del giornale. Nel silenzio pressoché totale della grande stampa e delle tv nazionali, la copertina del numero che titolava “Butta la pasta” ha fatto il giro del web e il numero del Salvagente ha segnato l’esaurito in molte edicole.
Tanta attenzione, come era immaginabile, non è sfuggita ai pastai, anche se li ha divisi profondamente. Da una parte chi, come i Pastai italiani di Unione Italiana Food ci ha accusati di “denigrazione di un prodotto che rappresenta il vanto per eccellenza del Made in Italy nel mondo e il fulcro della dieta mediterranea. Ciò, senza contare il danno d’immagine a una categoria e agli oltre 10.000 lavoratori del settore che, durante questi momenti così difficili per il paese, stanno profondendo enormi sforzi per assicurare pasta di qualità eccelsa sulle tavole degli italiani”. Parole del presidente dei Pastai Riccardo Felicetti che in una lunga lettera ci ha voluto far sapere che non gli sono piaciuti né il titolo né l’accento sul glifosato, come un potenziale pericolo anche in dosi molto inferiori alle soglie di legge. Ce ne facciamo una ragione.
Così come, forse, il presidente dei Pastai italiani dovrebbe farsi una ragione del fatto che per i suoi associati queste presenze in tracce sono un problema concreto. Lo dimostra la reazione di Agnesi che ha voluto dare a Enrico Cinotti una lunga intervista già a poche ore dall’uscita del numero. Un intervento, pubblicato su ilSalvagente.it che non si nasconde dietro a un dito: “Le quantità che sono state rinvenute dal Salvagente su un nostro lotto di pasta sono più di 100 volte inferiori ai limiti di legge. Ma questo non è quanto vogliamo per il nostro prodotto: la nostra azienda si distingue non solo per il gusto e la tenuta di cottura delle sue paste peraltro giudicate eccellenti, ma anche per la sua volontà di qualità ambientale”, ci ha detto l’azienda, annunciando che da gennaio sarà sugli scaffali una pasta glifosato-zero e con micotossine Don sempre sotto il livello consigliato per la prima infanzia.
Agnesi non è l’unica azienda ad aver reagito così. Altre ci risulta che siano decise a fare lo stesso e ve ne daremo conto appena saremo certi della loro effettiva volontà.
A noi che l’abbiamo seguita da vicino, questa vicenda ricorda tanto quella dell’olio di palma, con associazioni che difendevano a spada tratta il grasso tropicale, mentre le singole aziende ne capivano più o meno immediatamente le ripercussioni e preparavano le alternative.
La risposta migliore, in questo caso, a chi ci ha accusato di aver alzato un polverone per livelli di glifosato anche centinaia di volte sotto il limite di legge, ci sembra l’abbia data in una nostra diretta Fiorella Belpoggi, direttrice scientifica dell’Istituto Ramazzini e autrice di uno dei pochi studi proprio sugli effetti in basse dosi. “A chi vi domanda perché dovrebbe interessare trovare livelli così bassi di glifosato nella pasta bisognerebbe chiedere: chi ha stabilito i livelli consentiti nella pasta? Perché in effetti le dosi bassissime dei pesticidi non sono mai state studiate in passato. Solo di recente sono state effettuate ricerche del genere, da quando si è scoperto che queste basse dosi, lavorando ai livelli dei nostri ormoni, possono interferire con l’attività ormonale”.
Evitare che prima o poi si scopra che stavamo mangiando un interferente endocrino si chiama principio di precauzione, non cattivo giornalismo.
Di questo siamo convinti e questo continueremo a fare anche a costo di non piacere a tutti e di non finire in titolate trasmissioni televisive che, quando si tratta di fare i nomi, preferiscono evitare del tutto di trattare un argomento. L’augurio, per noi e per voi tutti che ci seguite, è quello di un anno migliore. Un po’ più libero anche quando si tratta di informare i cittadini.