Aifa: “Il consumo di antibiotici resta elevato. Allerta per antibioticoresistenza”

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Il consumo di antibiotici in Italia (21,4 dosi ogni mille abitanti) resta alto rispetto alla media europea (19,80 dosi ogni mille abitanti) anche a causa di un uso inappropriato (25% dei casi) di questi farmaci. Parallelamente crescono i casi dei batteri resistenti agli antibiotici, il cosiddetto fenomeno dell’antibioticoresistenza, ma l’Italia non riesce a centrare l’obiettivo di riduzione del 10% del consumo di questi farmaci e si ferma a un magro -5,8%. Infine, si conferma una notevole variabilità d’uso regionale con valori più elevati al Sud rispetto al Centro e al Nord Italia.

Il quadro emerge dal RapportoL’uso degli antibiotici in Italia – 2019” pubblicato dall’Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco, e punta il dito contro l’antibioticoresistenza, quella che il direttore generale Nicola Magrini chiama “una delle grandi emergenze sanitarie globali, un’acqua alta che in alcuni paesi ha raggiunto livelli preoccupanti. L’Italia è ancora tra i maggiori utilizzatori di antibiotici in Europa e uno tra i paesi con i dati peggiori per le resistenze a livello ospedaliero. I deboli segnali di contrazione d’uso degli ultimi anni non sono sufficienti. Per avere un impatto positivo sulle resistenze occorrono riduzioni drastiche dell’ordine del 50%. Per questo – conclude Magrini – è necessario adottare un approccio più efficace rispetto al passato. L’Aifa ne è consapevole e costituirà un gruppo di lavoro ad hoc all’interno dell’unità di crisi per le emergenze”.

Gli obiettivi di riduzione del resto restano lontani. Nel periodo 2016-2019, si legge nel rapporto, è stata registrata una riduzione dei consumi in assistenza convenzionata del 5,8%, valore che si discosta ancora dall’obiettivo auspicato dal Piano nazionale di contrasto dell’Antimicrobico-resistenza ovvero una riduzione maggiore del 10% del consumo di antibiotici nel 2020 rispetto al 2016.

L’uso e l’abuso: nel 25% dei casi l’assunzione è inopportuna

L’impiego inappropriato di antibiotici, secondo Aifa, supera il 25% in tutte le condizioni cliniche studiate (influenza, raffreddore comune, laringotracheite, faringite e tonsillite, cistite non complicata e bronchite acuta) ad eccezione della bronchite acuta.

Il Rapporto ricostruisce i principali casi di quando è inappropriato assumere antibiotici:

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    • amoxicillina e acido clavulanico nei bambini (al posto della sola amoxicillina);
    • qualunque antibiotico a seguito di una diagnosi di influenza, raffreddore comune o laringotracheite acuta;
    • l’impiego di fluorochinoloni e cefalosporine in presenza di una diagnosi di faringite e tonsillite acuta;
    • l’impiego di macrolidi come prima linea di trattamento della faringite e tonsillite acuta (a causa dell’elevato rischio di sviluppare resistenze);
    • nella cistite non complicata l’uso in prima linea di qualsiasi antibiotico appartenente alla classe di fluorochinoloni.

Naturalmente “l’uso inappropriato degli antibiotici concorre ad aggravare il problema della resistenza batterica agli antibiotici, rendendo sempre meno efficaci farmaci che in molte situazioni rappresentano dei veri e propri salvavita”.

Troppi antibiotici ai bambini

Gli antibiotici si confermano pure i farmaci più prescritti nella popolazione pediatrica (0-13 anni, anche se il maggior livello di esposizione si evidenzia nella fascia compresa tra 2 e 6 anni) e 4 volte su 10 non vengono scelti antibiotici di prima linea, ovvero quelli da utilizzare in prima istanza per una specifica condizione clinica, anche perché consentono di ridurre il rischio di reazioni avverse e lo sviluppo di resistenze batteriche.

“Diversi – spiegano dall’Aifa – possono essere i fattori che contribuiscono a un uso eccessivo e spesso inappropriato degli antibiotici nella popolazione pediatrica, tra questi la difficoltà a effettuare una diagnosi microbiologica dell’infezione, la preoccupazione da parte dei pediatri di una scarsa compliance per antibiotici che richiedono 2 o 3 somministrazioni giornaliere e infine le pressioni da parte dei genitori, che inducono spesso il pediatra a una scarsa aderenza alle raccomandazioni delle linee guida esistenti”.