C’era una volta la legge 40 del 2004 sulla procreazione medicalmente assistita: 5 divieti che per anni hanno sbarrato la strada ai sogni di genitorialità di tante coppie sterili costrette ad emigrare all’estero per avere un figlio. Olanda, Belgio, Tunisia sono state a lungo le mete di quelle coppie che per 4 mila euro “acquistavano” il diritto di una vita a tre o quattro.
Dopo 11 anni, compiuti solo da qualche mese, la legge riceve un altro duro colpo al suo impianto: la Corte Costituzionale, infatti, ha dichiarato illegittimo l’accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita per le coppie fertili portatrici di patologie genetiche. In sostanza, dopo quest’ultima pronuncia della Consulta, le coppie fertili che hanno bisogno di eseguire indagini diagnostiche pre-impianto potranno farlo.
“Esprimo un giudizio molto positivo” ha detto Gianni Badini, avvocato dell’Associazione Luca Coscioni spiegando che “la soluzione fornita dalla Consulta fornisce coerenza al sistema ed evita complicazioni”. L’avvocato spiega così le sue ragioni: “E’ coerente perché fa un parallelo tra il feto e l’embrione malato: il primo può essere abortito se può comportare rischi per la salute della mamma e l’embrione può non essere impiantato. Inoltre, evita complicazioni perché, rinviando all’articolo 6 della legge 194, non prevede l’intervento normativo del legislatore per la definizione delle malattie genetiche che danno la possibilità di procedere alla diagnosi pre-impianto”.
In attesa delle motivazioni della sentenza, una riflessione su quel che è rimasto della legge è d’obbligo. Ad oggi rimane in piedi solo il divieto che non consente alle coppie single e a quelle dello stesso sesso di accedere alla procreazione medicalmente assistita. Nel tempo, infatti, la Corte Costituzionale e il Tar del Lazio – chiamati in causa su decine di ricorsi dei tribunali ordinari, i primi solo 60 giorni dopo l’entrata in vigore della legge – hanno, di fatto, svuotato la legge 40 abolendo 4 parti sostanziali del provvedimento. Il primo ad intervenire è stato il Tar del Lazio che nel 2008 ha annullato per eccesso di potere la parte delle linee guida, adottate dal ministero della Salute solo qualche mese prima, in cui si vietava alle coppie infertili la diagnosi pre-impianto.
L’anno dopo la Corte Costituzionale, con la sentenza n.151, ha abolito il limite massimo di tre embrioni per impianto e l’obbligo di impiantarli tutti insieme ammettendo, così, la crioconservazione degli embrioni non utilizzati. Infine, solo ad aprile dello scorso anno la Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale il divieto di ricorrere a un donatore esterno di ovociti o spermatozoi nei casi di infertilità assoluta.
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