
Il nuovo decreto sui salumi apre all’uso della denominazione salame per prodotti di natura diversa, inclusi quelli vegetali, mettendo in contraddizione il ministero con la legge nazionale anti-denominazioni e con la recente giurisprudenza europea comunitaria
ll ministro delle Imprese e del made in Italy di concerto con quello dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste ha emanato il decreto 8 agosto 2025 (Disciplina dei salumi. Abrogazione e sostituzione del decreto interministeriale 21 settembre 2005 e il decreto interministeriale 26 maggio 2016).
All’articolo 17 comma 2 il decreto prevede che:
2. La definizione di “salame” non pregiudica l’uso di denominazioni che si riferiscono a prodotti di natura diversa, purché tali da non confondersi con i prodotti disciplinati dal presente decreto.
Con tutta probabilità i due ministeri non avevano a cuore il destino del “salame di cioccolata”, quanto quelli di prodotti di nicchia come il salame di capra o di pecora del centro Italia o quelli di cavallo o d’oca della Lombardia.
Per tali insaccati non si utilizzano carne e grasso di maiale (e quindi, senza la deroga, avrebbero dovuto accantonare la denominazione).
Ma, nei fatti, la formulazione del comma spalanca le porte non solo al salame d’oca o di cavallo, ma anche a qualsiasi “salame vegetariano” e “salame vegano”, pacificamente “prodotti di natura diversa” la cui evidente qualifica “veggie” è tale da escludere ogni confusione con i prodotti della salumeria.
È curioso che il decreto rechi anche la firma del ministro dell’Agricoltura della sovranità alimentare e delle foreste che aveva sostenuto con veemenza la legge n.172/2023 che introduceva il divieto di denominazioni usate per la carne ai prodotti trasformati a base di proteine vegetali: lo stesso ministero che due anni fa intendeva sanzionare pesantemente i produttori di würstel di soia e burger di ceci ora benedice il salame vegetale e vegano.
Vien da chiedersi: dopo aver sdoganato il salame, come può il ministero continuare a sostenere nell’ambito del Consiglio europeo la necessità del divieto di burger, würstel, cotolette, polpette e crocchette vegetali?
Nota:
La legge n.172/2023 va disapplicata dal giudice nazionale in primis perchè non notificata in conformità alla procedura europea sulle regolamentazioni tecniche (qualcosa davvero da dilettanti allo sbaraglio) e poi perché la Corte di Giustizia europea con sentenza del 4 ottobre 2024 (Causa C-438/23) ha ritenuto che uno Stato membro non possa vietare l’uso di denominazioni usuali tradizionalmente associate ai prodotti di origine animale per designare un prodotto contenente proteine vegetali.
Le norme vigenti a livello europeo, ha rilevato la Corte, già armonizzano espressamente la protezione dei consumatori dal rischio di essere indotti in errore da denominazioni che si rifanno a termini della macelleria e della salumeria per descrivere alimenti anche interamente realizzati con proteine vegetali: misure nazionali che intendano disciplinare o vietare l’uso di tali denominazioni sono pertanto incompatibili col diritto comunitario.
Fine della nota.









