Lo studio: una tazza di caffè al giorno tiene lontana la fibrillazione atriale

CAFFÈ

Uno studio pubblicato su Jama ribalta un luogo comune: nei pazienti con fibrillazione atriale il consumo quotidiano di caffè riduce le recidive rispetto a chi lo evita del tutto

Per anni i cardiologi hanno ripetuto lo stesso consiglio: “Meglio evitare il caffè, può far venire le aritmie”. Ora una ricerca internazionale mette in discussione questa convinzione radicata.

Secondo lo studio DECAF (Does Eliminating Coffee Avoid Fibrillation?), pubblicato il 9 novembre 2025 su JAMA, bere caffè non solo non aumenta il rischio di fibrillazione atriale, ma anzi potrebbe ridurlo. Sempre che si tratti di un consumo in dosi moderate (1/2 caffè al giorno)

Il trial che smentisce la “cattiva fama” del caffè

I ricercatori delle università di San Francisco, Adelaide e Toronto hanno coinvolto 200 pazienti con fibrillazione atriale (FA) persistente sottoposti a cardioversione, cioè la procedura che serve a ripristinare il ritmo normale del cuore.

Dopo il trattamento, i pazienti sono stati divisi in due gruppi:

  • il primo doveva continuare a bere caffè caffeinato, almeno una tazza al giorno;

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  • il secondo doveva evitare del tutto caffè, decaffeinato e qualsiasi altra fonte di caffeina per sei mesi.

Il risultato? Dopo mezzo anno, la fibrillazione atriale si è ripresentata nel 47% dei “caffeinomani” contro il 64% degli astinenti. In pratica, chi beveva caffè aveva un rischio ridotto del 39% di ricadere nell’aritmia.

Il caffè non fa male al cuore (anzi)

Gli autori dello studio sottolineano che non si tratta di un effetto placebo o casuale. La caffeina, infatti, blocca alcuni recettori dell’adenosina, una sostanza che può favorire l’insorgenza della fibrillazione. Inoltre il caffè contiene antiossidanti e composti antinfiammatori che potrebbero contribuire alla protezione del tessuto cardiaco.

“Per decenni abbiamo pensato che il caffè fosse un nemico del cuore – ha spiegato il coordinatore dello studio, il cardiologo Gregory Marcus (University of California, San Francisco) – ma la scienza mostra che la realtà è più complessa: in dosi moderate, il caffè può essere un alleato”.

Nessun aumento di eventi avversi è stato osservato: né più ricoveri, né più episodi gravi nei bevitori rispetto agli astinenti.

da demonizzato a “promosso con lode”

Non è la prima volta che il caffè si riscatta. Diversi studi avevano già segnalato effetti benefici su metabolismo, longevità e perfino umore. Ma il lavoro DECAF è il primo trial clinico randomizzato che guarda specificamente alla fibrillazione atriale, e quindi offre un’evidenza più solida.

Vale la pena ripetere che non è un invito a esagerare. Lo studio riguarda un consumo “normale” – circa una tazza al giorno – e i ricercatori precisano che il discorso non vale per le bevande energetiche, che contengono caffeina sintetica e altri stimolanti ma sono prive di quei preziosi microelementi che potrebbero aver contribuito agli effetti benefici del chicco.