A tre anni dall’entrata in vigore della normativa sulla plastica monouso, l’assocazione denuncia: “Su 317 prodotti esaminati, il 38% non specifica il numero di lavaggi massimi o consigliati per il riutilizzo”
A tre anni dall’entrata in vigore della direttiva Sup (Single use plastic) sulla plastica monouso, Legambiente presenta l’indagine “Usa & getta o riutilizzabile? Facciamo chiarezza!” : su 317 prodotti esaminati, il 38% non specifica il numero di lavaggi massimi o consigliati per il riutilizzo; solo l’8% dei prodotti riporta informazioni coerenti circa la possibilità d’uso in lavastoviglie e nel microonde. Certificazioni presenti solo nel 35% dei prodotti e nel 70% dei casi non riguardano la riutilizzabilità.
L’indagine svela il paradossa delle stoviglie monouso riutilizzabili perché, secondo Legambiente, “le informazioni sul riutilizzo riportate sono scarse e fuorvianti“: “La vendita dei prodotti presentati come riutilizzabili, ma considerati usa e getta, è un gran pasticcio che alimenta la produzione di plastica tradizionale, contraddicendo l’obiettivo della direttiva europea, e mette a rischio la filiera industriale delle bioplastiche in Italia”. Su questo paradosso, spiega in una nota l’associazione “pesa anche la mancata definizione del concetto di ‘riutilizzabile’ nella direttiva Sup e nel decreto legislativo di recepimento 196/2021”.
“Con questa nostra indagine – dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale Legambiente – abbiamo voluto accendere un faro su un paradosso tutto italiano rispetto alla direttiva Sup, che mette a rischio l’obiettivo di ridurre l’uso della plastica usa e getta e minaccia seriamente la leadership della filiera nazionale della chimica verde e delle bioplastiche. Chiediamo al Governo Meloni di colmare il vuoto normativo creato dalla direttiva europea e dal decreto legislativo 196/2021 per evitare che i vecchi prodotti monouso in plastica, messi alla porta dalla normativa comunitaria, rientrino dalla finestra, cambiando solo il nome, da ‘usa e getta’ a ‘usa e getta riutilizzabile‘.
Nello specifico, su 317 i prodotti attenzionati dall’indagine, il 38% non specifica infatti il numero di lavaggi massimi o consigliati; paradossale dato visto che la peculiarità di questi oggetti sta proprio nella loro riutilizzabilità e le informazioni chiare e coerenti circa il loro lavaggio sono un primo tassello fondamentale per poterlo fare. Altre lacune sono state riscontrate anche nelle informazioni sulla modalità di utilizzo: solo l’8% dei prodotti riporta la possibilità del loro uso sia in lavastoviglie sia al microonde. Più specificatamente, nel caso del lavaggio, nel 25% dei casi non è specificato se i prodotti possono andare in lavastoviglie e, laddove specificato, nel 60% dei casi non viene indicata la temperatura e la modalità di lavaggio.
Rispetto all’utilizzo del prodotto nel microonde, è riportato solo nel 30%dei casi (circa un prodotto su tre) ma nel 43% dei casi in cui è esplicitato – anche in questo caso – è assente l’informazione sulla temperatura. Per l’utilizzo del prodotto nel forno tradizionale solo in un campione su due viene esplicitata l’impossibilità di farne uso.
Altro “buco nero” segnalato dall’indagine riguarda le certificazioni riportate sulle confezioni: almeno una è presente solo nel 35% dei prodotti (110 su 317) e nel 70% dei casi non riguardano la riutilizzabilità ma altri aspetti (certificazione di qualità dell’azienda, gestione ambientale, sicurezza sul lavoro, l’HACCP); solo il 30% dei certificati (55 su 183) riguarda la “resistenza meccanica al lavaggio in lavastoviglie degli utensili per uso domestico” che rappresenta, però, una condizione necessaria ma non sufficiente per definire il riutilizzo.
Disinformazione anche sull’origine dei prodotti: sebbene l’83% sia di origine europea (di cui il 77% prodotto in Italia), viene spesso riportato ambiguamente solo il fatto che il prodotto è importato e distribuito in Italia e nel 5% dei casi l’informazione sull’origine del prodotto è assente. Rispetto alla tipologia del materiale, i prodotti – composti per il 56% da Polistirene o Polistirolo (PS06) e 32% da Polipropilene (PP05) – riportano informazioni generiche che si riferiscono sia al materiale del prodotto che del packaging (o solo di uno o dell’altro), mentre nel 5,7% non viene specificata. Inoltre, ben il 19% dei prodotti non offre indicazioni sulle modalità di conferimento del materiale a fine vita per la raccolta differenziata.