Minaccia acrilammide: le analisi esclusive su 29 patatine, tortillas e snack vegetali

PATATINE

L’acrilammide è un contaminante “probabile cancerogeno” che si sprigiona in cottura ad alte temperature. Il nostro test di copertina di gennaio svela quanto ne contengono tortillas, patatine e snack vegetali

 

È un contaminante di processo, non esterno al cibo ma legato alla sua cottura. È considerato dall’Oms probabile cancerogeno anche se, nuove evidenze scientifiche, potrebbero portare a una classificazione più severa. L’Efsa, l’Autorità per la sicurezza alimentare, non ha mai stabilito una dose giornaliera sicura, proprio perché non è possibile fissarla per una sostanza cancerogena e genotossica come questa.

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L’acrilammide si forma “naturalmente” negli alimenti durante la cottura – frittura, tostatura, grigliatura, forno – a temperature superiori ai 120 gradi, per tempi prolungati e con bassa umidità. Questo processo avviene attraverso la cosiddetta reazione di Maillard, ovvero l’interazione tra gli zuccheri riducenti (come il glucosio) e un amminoacido chiamato asparagina. Di fronte a queste premesse dovremmo arrenderci: l’acrilammide si forma naturalmente e quindi non si può ridurre. E invece no: la selezione della materia prima, le modalità di conservazione e il tipo di cottura consentono di contrastarne la concentrazione.

Chi ci salva dall’acrilammide

I risultati del nostro test condotto su 29 chips a base di patate, mais e altri vegetali mostrano proprio la possibilità di limitare la quantità di questo “ospite sgradito” che accompagna spesso patatine fritte o altri snack salati tostati. Accanto a prodotti che sfiorano il “tetto” di 750 mgc/kg, seppur non vincolante (e generoso), posto dalla Ue per indirizzare le aziende nella preparazione delle loro chips, ci sono molti marchi che riescono a tenere a bada il demone della frittura. E non solo perché sono a base di mais o di altri vegetali, meno ricchi dei precursori dell’acrilammide.
Per esorcizzare il demone, la Ue da anni ha messo in campo una sorta di moral suasion che, visti i risultati spesso molto imprevedibili, non sta dando i risultati sperati. Invece di fissare un limite di legge vero e proprio, con multe per chi sfora e obblighi di richiamo dei prodotti dal mercato, la Commissione europea ha adottato un più blando valore guida al quale le aziende devono tendere. Rivista al ribasso periodicamente, oggi questa soglia, ripetiamo non vincolante, prevede che nelle patatine in busta si stia al di sotto dei 750 mcg/kg, mentre per quelle a bastoncino surgelate, il contenuto “tollerato” deve essere inferiore a 500.

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Limiti di legge? Ancora no

E se un prodotto supera queste soglie? Nessuna conseguenza, nessun ritiro dal commercio.
Per questo motivo molte Ong, tra le quali Safe, organizzazione che si batte in Europa per tutelare e potenziare la sicurezza alimentare, da anni chiede alla Ue di fissare una volta per tutte un limite ferreo alla presenza del contaminante di processo nei cibi. A cominciare, come ci spiega nell’ampio servizio di copertina di gennaio la segretaria di Safe Floriana Cimmarusti, dai cibi per l’infanzia.

Da probabile a certo cancerogeno

Che l’acrilammide sia una delle minacce alimentari più diffuse lo conferma il fatto che la Iarc, l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro dell’Oms, dovrà con massima priorità rivalutarne il profilo di rischio e molto probabilmente, alla luce delle nuove evidenze scientifiche, potrebbe riclassificarla da “probabile” a “cancerogeno certo” per l’uomo.
La principale fonte di esposizione per i consumatori è sicuramente l’alimentazione e a preoccupare non ci sono solo le chips. I principali cibi “veicolo” negli adulti sono le patatine fritte e il caffè mentre nei bambini sono patatine fritte, corn flakes e biscotti. Noi consumatori possiamo fare la nostra parte rivedendo le nostre abitudini (o vizi) alimentari ma serve una stretta da parte della Ue, a partire dalla fissazione di un vero limite di legge, che obblighi le aziende a impegnarsi in modo più stringente a ridurre la presenza dell’acrilammide nei cibi. Tanto più perché, come potrete vedere dalle nostre analisi, c’è chi ci è riuscito egregiamente.

I risultati del test su patatine, tortilla e chips

29 campioni di chips analizzati sono a base di patate, di mais e di altri vegetali (dalle lenticchie alla banana passando per la pastinaca). I livelli di acrilammide riscontrati sono molto variabili: si va da campioni dove è praticamente assente (al di sotto del loq, il limite di quantificazione – 3 mgc/kg – nelle Cipster chips di lenticchie rosse e 9 mcg/kg nei Fonzies) fino a picchi che sfiorano il valore guida indicato dalla Ue – 750 mcg/kg -, come le patatine classiche Carrefour che si aggiudicano la maglia nera del test con 730 microgrammi per chilo.
Oltre al contenuto di acrilammide – che ha influito ampiamente sul giudizio finale – nelle valutazioni hanno inciso anche il tipo di olio (penalizzato quello di palma e di cocco), aromi, coloranti sintetici e altri ingredienti sgraditi. Tra quest’ultimi ci sono sicuramente gli esaltatori di sapidità di cui fanno il pieno i Fonzies Gli originali e che ne hanno pregiudicato il voto finale. Stiamo parlando di additivi come l’E621, il glutammato monosodico, che nei soggetti sensibili può causare la cosiddetta “sindrome da ristorante cinese”, associando i malesseri (cerfalea, aumento della pressione e dell’insulina) al largo uso che di glutammato si fa in questa cucina; l’E627, il guanilito disodico, il cui accumulo nell’organismo è correlato a patologie come l’artrite gottosa; l’E631, l’inosinato disodico che può avere effetti sulla salute umana simili al guanalito. Disco rosso anche per l’E471, i mono e digliceridi degli acidi grassi, e per l’E450i, il difosfato disodico.