L’esposizione anche a basse dosi di bisfenolo A è un rischio per la salute cardiometabolica di bambini e adolescenti che possono sviluppare diabete, obesità, malattie cardiache e ictus. È quanto denuncia uno studio portoghese. Come ridurre il pericolo
Un recente studio pubblicato nel Journal of Hazardous Materials ha lanciato un forte avvertimento: l’esposizione precoce al bisfenolo A (BPA), anche a livelli minimi, può aumentare significativamente il rischio di sviluppare malattie croniche come diabete di tipo 2, obesità, malattie cardiache e ictus nel corso della vita. Lo studio, condotto da un team di ricercatori dell’Istituto di Sanità Pubblica dell’Università di Porto (ISPUP) in Portogallo, segna una svolta nella comprensione dei danni potenziali del BPA, un disgregatore endocrino ampiamente utilizzato in prodotti industriali e alimentari.
Cos’è il BPA e perché è pericoloso?
Il BPA è una sostanza chimica presente in molti prodotti di consumo e imballaggi alimentari, come lattine, bottiglie di plastica e contenitori per alimenti. Questa sostanza è classificata come un disgregatore endocrino, in grado di interferire con il sistema ormonale umano, contribuendo a problemi di salute che vanno dall’infertilità alle malattie cardiometaboliche.
La novità dello studio è la sua capacità di dimostrare l’effetto del BPA già dall’infanzia, collegandolo a problemi di salute che si manifestano durante l’adolescenza. I ricercatori sottolineano che l’esposizione precoce a questa sostanza chimica potrebbe compromettere il metabolismo e la capacità del corpo di regolare la glicemia e il peso, aumentando così i rischi di sviluppare malattie croniche in età adulta.
Uno studio su larga scala
Lo studio ha analizzato i dati di 3.138 bambini e adolescenti, di età compresa tra 4 e 13 anni, appartenenti a una coorte di nascita prospettica portoghese. I ricercatori hanno utilizzato metodi diretti e indiretti per misurare con precisione l’esposizione al BPA, combinando diari alimentari dettagliati, biomarcatori ematici, campioni di urina e informazioni sociodemografiche.
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Tra i fattori di rischio identificati dall’esposizione al BPA figurano:
- Livelli più alti di insulina nel sangue e resistenza all’insulina, che compromettono la regolazione della glicemia;
- Aumento dell’indice di massa corporea (IMC), indicatore di sovrappeso e obesità;
- Maggior massa grassa, con un incremento della quantità di grasso corporeo rispetto al peso totale;
- Circonferenza vita maggiore, indicativa di un accumulo di grasso addominale.
Questi risultati dimostrano come anche piccole quantità di BPA possano alterare i processi metabolici fondamentali.
La principale fonte di esposizione: la dieta
Secondo lo studio, la dieta è il principale canale di esposizione al BPA. In Portogallo, il 57% degli alimenti consumati tra il 2015 e il 2016 era associato a materiali di confezionamento, di cui il 69% plastici. Il BPA può migrare dagli imballaggi al cibo durante i processi di produzione, lavorazione e conservazione.
Gli alimenti ultra-processati, in particolare, rappresentano una fonte significativa di esposizione, poiché sono spesso confezionati in materiali plastici o lavorati con attrezzature che rilasciano BPA.
Come diminuire il rischio
I ricercatori hanno sottolineato l’urgenza di ridurre l’esposizione al BPA, non solo attraverso il cambiamento delle abitudini dei consumatori, ma anche con interventi da parte dell’industria alimentare. “Le strategie globali devono essere sviluppate e implementate per mitigare l’esposizione al bisfenolo A”, hanno affermato gli autori dello studio.
Tra le raccomandazioni principali vi sono:
- Consumare alimenti preparati in casa per ridurre l’esposizione a materiali di imballaggio;
- Evitare cibi e bevande in scatola;
- Ridurre l’uso di contenitori in plastica, soprattutto per alimenti caldi o grassi, che facilitano il rilascio di BPA.
Limiti e prospettive future
Lo studio non è esente da limiti. Ad esempio, i partecipanti avevano generalmente migliori caratteristiche di salute rispetto alla popolazione generale, e alcuni materiali di confezionamento potrebbero essere stati sottostimati nel tempo. Tuttavia, la combinazione di metodi diretti e indiretti per stimare l’esposizione al BPA, inclusi campioni di urina raccolti in 24 ore, conferisce allo studio una solidità metodologica senza precedenti.
Un altro punto critico sollevato dai ricercatori riguarda i sostituti del BPA, come BPS e BPF, il cui impatto sulla salute è ancora poco studiato e potrebbe rivelarsi altrettanto dannoso.