Federbio in difficoltà sul decreto ammazza bio: “Va cambiato”

DECRETO AMMAZZA BIO FEDERBIO

Maria Grazia Mammuccini presidente di Federbio: “Le norme sulle tracce vanno modificate: sotto lo 0,01 il prodotto è sempre conforme. Ma contro le contaminazioni accidentali si concede un minimo di tolleranza. Il ministero però si impegni a far rispettare le distanze minime”

Maria Grazia Mammuccini presidente di Federbio, la principale organizzazione del settore biologico in Italia, interviene nel dibattito aperto dal nostro giornale sul decreto ministeriale “contaminazioni” che il ministero dell’Agricoltura si appresta a varare. Un provvedimento molto controverso e tale, per alcuni, in grado di pregiudicare il cibo biologico in Italia: tolleranza zero per i pesticidi nei cibi biologici anche quando la concentrazione è al di sotto della quantificazione analitica (0,01 mg/kg), ovvero sotto lo “zero tecnico”, cioè anche quando è chiara la contaminazione accidentale. Dall’altro però sembra essere più generoso quando la concentrazione di sostanze vietate è sopra quella soglia. Dopo aver registrato la posizione molto critica di Aiab e del Wwf, ospitiamo il punto di vista più sfumato di Federbio.

Presidente Mammuccini, cosa ne pensa della bozza del decreto ministeriale “Contaminazioni” che il ministero dell’Agricoltura si appresta a varare?

Siamo convinti che rispetto ai prodotti a residuo zero (dove sono ammessi i pesticidi durante la coltivazioni salvo risultare al di sotto dello 0,01 mg/kg al momento del confezionamento, ndr) e ai cibi con “meno 70% di pesticidi” rispetto al consentito, l’alimento biologico deve distinguersi per l’assenza di residui: dobbiamo rispettare le norme e la fiducia dei consumatori. Chiedere lo stesso trattamento del residuo zero per noi è un errore.

Il pericolo contenuto nel decreto secondo molti esponenti del vostro mondo è che per la prima volta si introduca il concetto di traccia di sostanza attiva non ammessa: in parole povere sotto lo 0,01 mg/kg, ovvero sotto lo zero tecnico, cioè in presenza di una contaminazione involontaria, scatta l’accertamento; in presenza di due tracce il prodotto non è più conforme. Una norma che varrebbe solo per le produzioni italiane e che rischia di creare un danno economico enorme per una colpa che non ricade sul coltivatore biologico. Voi che posizioni avete?

Siamo contrari e abbiamo già presentato delle proposte di modifica: sotto 0,01 mg/kg si deve riconoscere la contaminazione accidentale – proprio come oggi – e quindi il prodotto è sempre conforme. Proponiamo anche di eliminare la norma che prevede la non conformità immediata in presenza di due tracce. In parole povere: se sono tracce per noi il prodotto è sempre conforme.

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Una posizione che condividiamo anche noi e che abbiamo sempre sostenuto. Tuttavia il decreto apre anche a un doppio standard: sotto 0,01% scatta il bastone mentre per presenze di pesticidi non autorizzati nel bio le maglie addirittura si ampliano: non è una contraddizione?

Oggi in presenza di una contaminazione superiore a 0,01 mg/kg scatta subito la decertificazione e quindi quell’alimento non può essere venduto come biologico. Con il decreto invece sopra il limite di rilevabilità tecnica viene istituito un minimo di tolleranza e scatta l’indagine da parte dell’ente di certificazione.

L’articolo 5 del decreto consente però di tollerare la presenza di un pesticida rispetto all’1% del limite massimo di residuo di una sostanza non ammessa: così in alcuni casi si supera abbondantemente la soglia dello 0,01 mg/kg. Ancora una volta: il bastone con la traccia e la tolleranza con concentrazioni più evidenti. Il decreto rischia di mandare in cortocircuito i controlli…

È una minima tutela rispetto alle contaminazioni accidentali. Se pensiamo che c’era chi voleva la tolleranza fino al Lmr, quello che fissa la bozza è un piccolo tentativo di tutelare i coltivatori biologici che purtroppo lavorano in condizioni svantaggiate e con il rischio di incappare in multe salatissime. La contraddizione semmai la vedo altrove.

Ovvero?

Il problema non è questo decreto. Il Pan, Piano di azione nazionale per l’uso sostenibile dei pesticidi, è scaduto dal 2019: abbiamo chiesto e continuiamo a chiedere che venga rifinanziato. Secondo: le distanze minime tra una coltivazione convenzionale e una biologica non vengono rispettate con il risultato che le contaminazioni accidentali continueranno e l’agricoltore biologico ne pagherà sempre le conseguenze. Terzo: c’è un appesantimento burocratico che grava sul biologico che scoraggia gli operatori. Per finire le multe salate che sono state istituite con il decreto 148 del 2023 e che stanno mettendo tanti piccoli agricoltori bio. Scriveremo al sottosegretario all’Agricoltura Luigi D’Eramo, che ha delega al biologico, per ribadire queste urgenze.

Non si poteva partire da qui? Ovvero: prima facciamo rispettare le distanze minime e incentiviamo la riduzione dei pesticidi? Invece si procede con un decreto molto contraddittorio che sta ricevendo critiche da vostro mondo…

Non c’è dubbio che la priorità è il nuovo Pan e il rispetto delle distanze minime per evitare le contaminazioni accidentali.