Antibiotico-resistenza, gli Usa bloccano gli obiettivi Onu per ridurre l’uso di farmaci in allevamento

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Gli Stati Uniti assieme a pochi altri paesi e alla lobby degli allevamenti e dei farmaci veterinari sono riusciti a eliminare dalle decisioni dell’Onu ogni obiettivo concreto alla riduzione degli antibiotici in stalla. Poco conta che l’antibiotico-resistenza faccia più morti ogni anno di Hiv e malaria assieme.

Un’indagine condotta dall’organizzazione non profit US Right to Know (USRTK) ha rivelato che, in vista di un’importante riunione delle Nazioni Unite (ONU) prevista per il 26 settembre, le pressioni di alcuni settori industriali e di governi di paesi chiave come Stati Uniti, Canada, Australia e Nuova Zelanda, hanno portato all’eliminazione di obiettivi concreti per la riduzione dell’uso di antibiotici nell’agricoltura animale. Questo cambiamento compromette seriamente gli sforzi per affrontare uno dei problemi di salute pubblica più urgenti del nostro tempo: la resistenza antimicrobica (AMR), un fenomeno che uccide ogni anno 1,3 milioni di persone in tutto il mondo, superando le vittime combinate di HIV e malaria.

Le rivelazioni sollevano preoccupazioni riguardo all’influenza esercitata dall’industria della carne e dei farmaci veterinari e da paesi con importanti settori di produzione animale. La questione centrale riguarda la rinuncia, nella bozza finale della dichiarazione politica, a target vincolanti per ridurre l’uso di antibiotici negli allevamenti, nonostante la chiara evidenza scientifica che dimostra come la loro eccessiva somministrazione negli animali stia accelerando la resistenza a farmaci essenziali per la salute umana.

La portata del problema dell’antibiotico-resistenza

L’uso di antimicrobici, tra cui gli antibiotici, ha trasformato la medicina moderna, permettendo di trattare infezioni potenzialmente letali. Tuttavia, l’uso eccessivo di questi farmaci, specialmente negli allevamenti intensivi, ha portato allo sviluppo di batteri resistenti, rendendo molte infezioni comuni difficili, se non impossibili, da curare. Ogni anno vengono venduti più antimicrobici per uso negli animali da allevamento che per uso umano, come rivela una ricerca. In molti allevamenti intensivi, gli antimicrobici non vengono somministrati solo agli animali malati, ma spesso utilizzati preventivamente o per accelerare la crescita.

Secondo US Right to Know, gli allevamenti intensivi creano l’ambiente ideale per la diffusione rapida di malattie, dovuta al sovraffollamento, alla scarsa igiene e al basso livello di benessere animale. In tali condizioni, l’uso di antibiotici diventa quasi una routine, aumentando la probabilità che i batteri diventino resistenti. Ciò costituisce una minaccia diretta anche per l’uomo, poiché i batteri resistenti possono trasferirsi dagli animali agli esseri umani tramite il cibo, l’acqua o il contatto diretto.

L’ostruzionismo dei big della carne

Nei mesi che hanno preceduto l’imminente incontro dell’Onu, le Nazioni Unite hanno negoziato una dichiarazione politica con l’intento di impegnare i paesi membri a ridurre l’uso di antimicrobici negli allevamenti. Le prime bozze del documento includevano obiettivi chiari: ridurre del 30% l’uso di questi farmaci in agricoltura nei prossimi sei anni ed eliminare entro il 2030 la pratica di somministrare antimicrobici importanti per la medicina umana per promuovere la crescita degli animali.

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Tuttavia, documenti riservati ottenuti da US Right to Know mostrano che Stati Uniti, Canada, Australia e Nuova Zelanda hanno esercitato pressioni per rimuovere tali obiettivi vincolanti. Il 6 giugno, un documento dell’ONU ha raccolto le obiezioni sollevate da questi paesi, evidenziando come i governi delle principali potenze della carne abbiano richiesto la rimozione dei target numerici. Gli Stati Uniti, in particolare, hanno giustificato la loro opposizione affermando che gli obiettivi erano “arbitrari” e non tenevano conto delle specifiche necessità sanitarie e del benessere degli animali. Nonostante le dichiarazioni ufficiali del Dipartimento della Salute degli Stati Uniti, che affermano il loro impegno a eliminare l’uso inappropriato di antimicrobici, le azioni dietro le quinte indicano una chiara resistenza ad adottare misure concrete.

La posizione dell’industria

Oltre alle pressioni governative, l’industria del farmaco veterinario ha avuto un ruolo di primo piano nel ridurre la portata degli impegni globali. Un’email interna dell’Animal Health Institute (AHI), che rappresenta le aziende di medicinali per animali negli Stati Uniti, ha rivelato preoccupazioni riguardo alle riduzioni quantitative e al divieto di uso di antimicrobici per promuovere la crescita. L’Istituto ha anche contattato alcuni senatori democratici per discutere le proprie obiezioni, cercando di influenzare ulteriormente la posizione degli Stati Uniti nella negoziazione della dichiarazione ONU.

Le industrie farmaceutiche veterinarie e i gruppi di produttori di carne hanno da tempo un’influenza significativa sulla politica pubblica. Fonti vicine ai negoziati dell’Onu riferiscono che Health for Animals, un gruppo internazionale di aziende di farmaci veterinari con sede a Bruxelles, e il Consiglio Internazionale del Pollame, un’associazione di categoria con sede negli Stati Uniti, hanno anch’essi contribuito a far sì che gli obiettivi numerici venissero eliminati.

La delusione della comunità scientifica

Il cambiamento nel testo della dichiarazione ha suscitato una forte reazione da parte di gruppi scientifici e di advocacy. Helle Aagaard, vicedirettore di ReAct Europe, un’organizzazione che promuove la lotta alla resistenza antimicrobica, ha commentato: “È stato diluito. L’industria ha ottenuto ciò che voleva.” Anche Cóilín Nunan, consulente scientifico dell’Alleanza per Salvare i Nostri Antibiotici, ha sottolineato che “non vogliono vedere obiettivi fissati per ridurre l’uso di antibiotici perché questo compromette i loro profitti.”

Gli esperti ritengono che senza obiettivi chiari e vincolanti, i governi non agiranno abbastanza velocemente per affrontare il problema. Javier Yugueros-Marcos, responsabile della AMR (il gruppo di discussione sull’antibiotico-resistenza) presso l’Organizzazione Mondiale per la Salute Animale, ha dichiarato che gli obiettivi originari erano supportati da dati tecnici e che potevano essere raggiunti su scala globale. Jean Pierre Nyemazi, che guida un’iniziativa congiunta di quattro organizzazioni internazionali, tra cui l’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha ribadito l’importanza di fissare obiettivi specifici, affermando che “è facile impegnarsi in dichiarazioni generiche, ma abbiamo visto che queste non vengono attuate.”

Il futuro della lotta alla resistenza antimicrobica

La dichiarazione politica che sarà adottata all’Onu rappresenta comunque un passo avanti, ma molti temono che senza obiettivi concreti sarà difficile ottenere risultati significativi. La resistenza antimicrobica rappresenta una minaccia esistenziale per la salute globale, e l’uso eccessivo di antimicrobici negli allevamenti intensivi è uno dei principali fattori scatenanti di questa crisi.

Gli attivisti sperano che l’opinione pubblica e la pressione delle organizzazioni non governative continuino a fare luce su questi temi e a richiedere azioni più incisive da parte dei governi. Solo un impegno globale, supportato da regolamentazioni chiare e dall’applicazione di obiettivi vincolanti, potrà invertire la tendenza attuale e prevenire un futuro in cui le infezioni batteriche comuni torneranno a essere letali a causa della resistenza ai farmaci.