Eni e Bonifiche ferraresi puntano su un nuovo biocarburante: ma il dibattito sulla sostenibilità è aperto

biocarburante

Eni e Bonifiche ferraresi, realtà nell’orbita di Coldiretti, annunciano la riuscita del test sperimentale per produrre biocarburante dalla pianta brassica carinata. Partirà una produzione imponente e globale. Ma il biofuel è davvero una soluzione green? I dubbi e le criticità da ambientalisti e studi

Eni e Bonifiche ferraresi, realtà nell’orbita di Coldiretti, annunciano la riuscita del test sperimentale per produrre biocarburante dalla pianta brassica carinata. Detta anche senape abissina, la brassica carinata è una variante della colza (brassica napus) e ed è al centro di un piano di produzione di biocarburanti Hvo (olio vegetale idrotrattato) per il trasporto, realizzato in collaborazione da Bonifiche Ferraresi (Bf spa), Eni e Sdf. La sperimentazione è stata svolta su terreni con una superficie di 90 ettari di Bonifiche Ferraresi a Jolanda di Savoia, nel periodo ottobre-novembre del 2023.

Un piano di produzione globale

Come spiega il Sole 24 ore che riporta la notizia, Eni ha un programma denominato Agri Feedstock con cui si è posta l’obiettivo di produrre oltre 700mila tonnellate di oli vegetali nel 2027, coinvolgendo circa 700mila agricoltori in tutto il mondo e “contribuendo alla rigenerazione di un milione di ettari, grazie alla coltivazione di terre marginali e rotazioni agricole”.  In Italia, secondo i dati dei Consorzi Agrari d’Italia (controllati da Coldiretti) si può parlare di un potenziale di coltivazione in doppio raccolto di piante a cicli brevi di circa tra i 2 e i 3 milioni di ettari. “Il percorso avviato alcuni anni fa segna un’importante tappa per le pratiche in grado di coniugare aspetti di sostenibilità ambientale, di adeguamento al cambiamento climatico e di transizione energetica”, spiega Federico Vecchioni, amministratore delegato di Bf spa.

I vantaggi della brassica

I vantaggi secondo i promotori della sperimentazione consistono anche nel fatto che la brassica si può coltivare su terreni marginali o su terreni agricoli come sovescio invernale, senza interferire con le colture cerealicole ad uso alimentare. In realtà, quando parliamo di biocarburanti il dibattito è molto aperto e la questione controversa.

Il dibattito sui pro e contro dei biocarburanti

Nel giugno del 2022, il Salvagente aveva dedicato un approfondimento all’argomento, riportando le posizioni di favorevoli e contrari, a partire dall’appello dell’organizzazione ambientalista Transport & Environment, che con uno studio ha chiesto di fermare la combustione di grano e altre colture alimentari nei biocarburanti e ha etichettato la spinta della lobby dei biocarburanti per aumentare la produzione come “immorale” in un periodo di grave carenza alimentare globale.

La crisi alimentare mondiale

Secondo Maik Marahrens, responsabile dei biocarburanti di T&E, “ogni anno bruciamo milioni di tonnellate di grano e altri cereali vitali per alimentare le nostre auto. Ciò è inaccettabile di fronte a una crisi alimentare globale. I governi devono urgentemente fermare la combustione di colture alimentari nelle automobili per ridurre la pressione sulle forniture critiche”. “Garantire forniture energetiche stabili alle persone e all’economia non deve andare a scapito della sicurezza alimentare o portare l’inflazione dei prezzi dei generi alimentari a perdere il controllo”, afferma il gruppo. A far da contraltare a questa denuncia le richieste crescenti, in particolare della lobby europea dei biocarburanti (ePure e European biodiesel board), per la sostituzione del petrolio russo con biocarburanti ottenuti da colture come grano, mais, orzo, girasole, colza e altri oli vegetali. Ma secondo Maik Marahrens: “In tal modo si approfitta cinicamente delle preoccupazioni della gente sui prezzi del carburante, mettendo il profitto sopra la sicurezza alimentare. Questo è immorale mentre milioni di persone in tutto il mondo non possono permettersi nemmeno una pagnotta”. 

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La produzione Ue di biocarburante non può coprire alte percentuali

Secondo le Ong “anche se l’Europa raddoppiasse la quantità di terreni agricoli che dedica ai biocarburanti, equivalenti ad almeno il 10% dei terreni della Ue per le colture, ciò sostituirebbe solo il 7% delle importazioni di petrolio dell’Ue dalla Russia”.“Il tema dei biocarburanti è estremamente complesso – spiega al Salvagente Vito Pignatelli, esperto di biofuel, ex Enea, e presidente di Itabia, associazione italiana biomasse – l’elemento fondamentale e il punto di forza dei biocarburanti è la questione della sostenibilità. Hanno senso solo se sono sostenibili, e chiaramente quelli derivati da materie prime agricole, come i cereali, si pongono in conflitto d’interesse con la questione alimentare”.

Biofuel e deforestazione

Nel 2021, l’Ong ha lanciato un appello alla Commissione europea affinché venga rivista la Direttiva Ue sulle Energie rinnovabili mettendo al bando anche l’olio di soia nel biodiesel, così come è successo con l’olio di pama. La coltivazione della soia, spiegano da Transport & Environment, è una delle principali cause di deforestazione in Amazzonia e in altri ecosistemi critici in America Latina, e il biocarburante prodotto dalla soia è due volte più dannoso per il clima rispetto al diesel fossile. Solo nel 2019, come riporta il portale Valori, la Ue ha consumato circa 1,8 milioni di tonnellate di olio di soia in biodiesel, su un totale complessivo di 15 milioni di tonnellate di biocarburanti. Quantità che potrebbe raddoppiare quest’anno, secondo le stime della Ong. “Le importazioni di soia causeranno una deforestazione su scala epica se non cambiamo la legge europea sui carburanti verdi”, ha dichiarato Cristina Mestre, responsabile per l’area biofuels di Transport & Environment.  “La soluzione – prosegue  c’è ed è molto semplice. La Commissione europea ha già deciso che il diesel di palma non sarà più considerato verde, ora dovrebbe fare lo stesso per il diesel derivato dalla soia”.

Un’auto ibrida alimentata a biofuel riduce le emissioni solo del 5%

Sempre nel 2022, uno studio di Transport & Environment arrivava alla conclusione che n’auto ibrida alimentata da Biocarburanti (e-fuels) produce solo il 5% in meno di emissioni di CO2 nel suo intero ciclo di vita rispetto ad un’auto a benzina. l’Onge ha calcolato le emissioni di CO2 sull’intero ciclo di vita di un’auto alimentata a combustibili sintetici con tecnologie innovative come batterie allo stato solido e combustibili sintetici (“e-combustibili”) che potrebbero essere disponibili in quantità limitate a partire dal 2030.