Per l’American Contact Dermatitis Society i solfiti sono gli additivi del 2024 e causano allergie da contatto sempre più frequenti. Ma oltre che in cosmetici e prodotti per la pelle vengono utilizzati anche nei cibi. Ecco dove e come evitarli
I solfiti, presenti in alimenti, bevande, prodotti farmaceutici e per la cura personale, sono stati nominati “Allergene dell’Anno” per il 2024 dalla American Contact Dermatitis Society (ACDS). Un premio davvero poco invidiabile che vuole mettere in guardia non solo da una presenza così invasiva, ma anche dal fatto che nella maggior parte delle serie di test di patch screening queste sostanze vengono escluse e quindi possono essere trascurate come allergeni da contatto rilevanti.
È quanto ha affermato Donald V. Belsito, MD, professore emerito presso il Dipartimento di Dermatologia della Columbia University di New York City, nella sua presentazione sull’Allergene dell’Anno alla riunione annuale dell’ACDS a San Diego.
L’allergia ai solfiti e cosmetici
Il tipo di allergia ai solfiti diagnosticata tramite il patch test è l’ipersensibilità di tipo IV o ipersensibilità ritardata, dove i pazienti presentano macchie pruriginose, rosse e squamose, papule-vescicole e chiazze, ha detto Belsito a Medscape Medical News. “Non è il tipo I, ipersensibilità immediata che causa orticaria e, in alcuni casi, anafilassi” ha detto.
“Come altri allergeni da contatto, la presentazione clinica è correlata all’esposizione” ha aggiunto il professor Belsito. Uno studio del North American Contact Dermatitis Group (NACDG) ha rilevato che il 28,8% dei pazienti positivi all’allergia ai solfiti tramite patch test presentava dermatite facciale, non solo legata a cosmetici e farmaci usati sul viso, ma anche a prodotti come shampoo usati sul cuoio capelluto che colavano sul viso.
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I solfiti e l’impiego nell’alimentazione
I solfiti possono trovarsi nei cibi e nelle bevande che consumiamo quotidianamente. Sono sempre presenti in modo naturale nel vino, anche in quello prodotto da agricoltura biologica, come processo naturale della fermentazione alcolica. La maggior parte delle birre è invece priva di solfiti. Alcuni gamberi possono essere stati trattati con solfiti e i venditori sono tenuti a dichiararne la presenza al consumatore.
Meno solfiti aggiunti: una scelta etica
I solfiti possono essere aggiunti artificialmente, soprattutto sotto forma di SO2 (anidride solforosa), per preservare il vino in varie fasi della vinificazione, quindi per contrastare l’ossidazione e i processi degenerativi del cibo o del vino. Ma, le normative comunitarie europee stabiliscono dei limiti più restrittivi circa l’impiego artificiale di solfiti per il settore alimentare biologico.
Si possono trovare anche nei succhi di frutta, salamoie, sottaceti e condimenti, marmellate e conserve, negli insaccati, nei cereali conservati, negli alimenti per gli animali, persino nei profumi, cosmetici e farmaci.
Quindi i solfiti presenti in natura, in modeste quantità, hanno la funzione di inibire la flora microbica e prolungare la conservabilità dei cibi e del vino. Invece, il minor utilizzo di “solfiti aggiunti” sta diventando un’importante scelta imprenditoriale oltre che etica, legata al minor impatto ambientale e alla produzione di cibi e vino più sani.
Una dieta senza solfiti è possibile?
Il vino, come dicevamo, li contiene in modo naturale. Quando però la concentrazione di solfiti è al di sotto dei 10mg per litro (o 10mg per chilogrammo nel caso di alimenti), allora sull’etichetta si può apporre la scritta “senza solfiti“. Possiamo quindi scegliere prodotti senza solfiti o prediligere prodotti freschi, di stagione, biologici. Alimenti certamente di qualità più elevata e, generalmente, più costosi. Una dieta senza solfiti deve escludere naturalmente molti prodotti industriali.
Quali limiti e reazioni?
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (FAO) sostiene che la dose massima giornaliera accettabile è di 0/0,7 mg per chilogrammo di peso corporeo. La direttiva dell’Unione Europea n.1169 del 2011 ha reso obbligatoria l’indicazione della presenza di solfiti sulle etichette dei prodotti.
Essendo una molecola tossica, non può essere presente in alte concentrazioni. In soggetti sensibili può scatenare crisi allergiche, o causare edemi, problemi di digestione, pressione bassa e affaticamento, mal di testa, nausea, arrossamenti ed eruzioni cutanee accompagnate da orticaria.