La denuncia arriva da un’indagine di Essere Animali condotta su 142 confezioni di carne di pollo vendute nei supermercati Lidl di cinque Paesi europei, tra cui l’Italia. Il nostro Paese è messo peggio degli altri
Salmonella e altri batteri sulla carne di pollo a marchio Lidl. È quanto risulta da un’indagine condotta su 142 confezioni di carne di pollo vendute nei supermercati Lidl di cinque Paesi europei, tra cui l’Italia, che ha rivelato una diffusa contaminazione da agenti potenzialmente patogeni e da batteri resistenti agli antibiotici. E l’Italia è messa peggio degli altri paesi: da noi quasi un campione su due contiene un enzima prodotto dai batteri e in grado di conferire loro resistenza a uno o più antibiotici. Inoltre nei prodotti italiani è largamente presente la salmonella, che risulta invece assente negli altri Paesi.
I prodotti, provenienti da 22 negozi Lidl in Germania, Italia, Spagna, Gran Bretagna e Polonia, sono stati microbiologicamente testati da un laboratorio indipendente in Germania. Lo studio è stato commissionato in Italia da Essere Animali in collaborazione con le associazioni partner che hanno condotto i lavori per gli altri paesi: Fondazione Albert Schweitzer, Observatorio de Bienestar Animal, Open Cages e Otwarte Klatki. L’attenzione si è concentrata sui batteri più importanti associati alle infezioni di origine alimentare, che possono comportare gravi problemi di salute.
“Un risultato vergognoso per il più grande discount d’Europa che è anche sponsor degli Europei di calcio 2024 – commenta Brenda Ferretti, campaigns manager per Essere Animali – Adesso la palla passa proprio a Lidl: sarebbe irresponsabile da parte loro continuare come se nulla fosse. Lidl deve affrontare la causa dell’elevato numero di batteri resistenti agli antibiotici e degli altri agenti potenzialmente patogeni presenti sulla carne, garantendo migliori condizioni di allevamento in tutte le sue filiere”.
“Non consiglierei ai miei pazienti di acquistare questi prodotti a base di pollo a marchio Lidl – afferma la dottoressa Imke Lührs, specialista in medicina interna, membro del consiglio direttivo di Ärzte gegen Massentierhaltung (Medici contro l’allevamento intensivo) – Lo studio dimostra che la carne è contaminata da numerosi agenti potenzialmente patogeni. Anche se di solito questi non provocano malattie immediate, esiste comunque il rischio che i batteri possano essere trasmessi all’uomo se la carne non viene preparata correttamente. In caso di circostanze sfortunate – malattie preesistenti, somministrazione di antibiotici per altri motivi, un infortunio o un’operazione – possono diventare un serio pericolo per la salute”.
I risultati delle analisi
Di seguito i principali risultati delle analisi:
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- Resistenza agli antibiotici: il laboratorio ha analizzato i campioni di carne per l’enzima ESBL, prodotto da alcuni batteri e in grado di conferire loro multiresistenza, e per l’MRSA (Staphylococcus aureus resistente alla meticillina) e ha riscontrato la presenza di ESBL nella metà dei campioni europei. Rispetto alle confezioni acquistate presso Lidl Italia, il 46% dei campioni (11) è risultato contaminato da ESBL e il 33% (8) contaminato da batteri multiresistenti a 3 delle 4 classi di antibiotici testate. In tutti e otto questi campioni si evidenzia una resistenza del 100% a due classi di antibiotici classificati come critici per la salute umana (cefalosporine di terza generazione e fluorochinoloni).
- Listeria: il laboratorio ha rilevato presenza di listeria in un terzo di tutti i campioni europei e in un quarto dei campioni tedeschi. In Italia più di un prodotto su due, il 54% dei campioni, è risultato contaminato. Nonostante il batterio venga disattivato dalla cottura può permanere sulle superfici della cucina che vengono a contatto con la carne cruda che possono diventare potenziali vettori di trasmissione. Un’infezione da listeria può avere anche conseguenze fatali, come successo nel focolaio del 2022 legato al consumo di wurstel a base di pollo e tacchino.
- Salmonella spp.: il laboratorio ha riscontrato presenza di salmonelle nel 46% (11) delle confezioni italiane, mentre non è stata rilevata alcuna contaminazione nei campioni di carne provenienti da Germania, Spagna e Regno Unito e si è registrata un’incidenza del 7% in quelli dalla Polonia. Secondo i dati pubblicati dal Ministero della Salute, la presenza di salmonelle è in crescita nei polli d’allevamento e l’87% delle salmonelle isolate sono multiresistenti agli antibiotici, per cui non è possibile escludere completamente che anche quelle trovate nelle confezioni di Lidl siano resistenti a questi farmaci.
Per quanto riguarda l’Italia, lo studio è stato realizzato su 24 confezioni di carne fresca di pollo acquistate a gennaio in 4 punti vendita situati a Roma, Firenze e Milano. I tagli acquistati sono stati differenziati in modo da rappresentare le tipologie di prodotti più comunemente consumate: 6 confezioni di ali, 6 di cosce, 6 di petto, 4 di sovracosce e 2 di fusi. Appena acquistata, la carne è stata immediatamente confezionata in borse frigo e trasportata con un mezzo di trasporto refrigerato direttamente nel laboratorio, rispettando rigorosamente la catena del freddo. Si segnala che tutti i campioni testati sono prodotti dalla stessa azienda italiana (la Società agricola cooperativa Tre Valli di Verona) che a inizio giugno ha divulgato una nota di ritiro precauzionale dal mercato di alcuni lotti di petto e fusi di pollo per possibili rischi microbiologici.
Intervenire sugli allevamenti di polli
Ad attestare l’elevata presenza di batteri multiresistenti nelle filiere italiane di polli allevati per la produzione di carne sono anche i dati pubblicati nell’ultimo piano di monitoraggio del Ministero da cui si evidenzia sin dal 2014 una proporzione più elevata di E. coli produttore di ESBL/AmpC rispetto alla media europea. Dalle analisi del monitoraggio ministeriale su campioni di carne al dettaglio nel 2020 quasi la metà degli isolati batterici di E. coli (46,8%) ha mostrato una resistenza fino a 7 molecole antibiotiche diverse contemporaneamente.
Secondo gli esperti, gli allevamenti intensivi sono largamente responsabili dell’insorgenza di antibiotico-resistenza e creano le condizioni perfette perché agenti potenzialmente patogeni si diffondano rapidamente. Di recente i Paesi Bassi, semplicemente passando alle razze a crescita più lenta, sono riusciti a ridurre del 40% l’uso di antibiotici nell’allevamento dei polli.
“Gli impegni presi — o non presi — da Lidl influenzano direttamente gli standard di allevamento di decine di milioni di polli nelle filiere da cui provengono i prodotti che vendono a loro marchio – conclude Brenda Ferretti – Per questo da ottobre 2022 chiediamo a Lidl di impegnarsi a sottoscrivere lo European Chicken Commitment (ECC), una serie di requisiti con l’obiettivo di ridurre la sofferenza dei polli negli allevamenti intensivi. Aderendo all’ECC, Lidl si impegnerebbe a ridurre le densità di allevamento, abbandonare le razze a rapido accrescimento e garantire agli animali un ambiente migliore in cui esprimere i propri comportamenti naturali. Garantire migliori condizioni di vita agli animali vuol dire avere animali meno stressati che, ammalandosi meno, richiedono un uso minore di farmaci e, di conseguenza, contribuiscono anche alla tutela della salute pubblica”.
La risposta di Lidl
Nel report di Essere Animali si legge: “Lidl Italia afferma di essere impegnata da anni nello sviluppo continuo degli standard di benessere animale sostenendo, inoltre, di collaborare attivamente con fornitori e dialogando con Ong per promuovere pratiche sostenibili e garantire che la carne fresca di pollo provenga da allevamenti con standard migliori”. Con “obiettivi ambiziosi per il futuro”, Lidl dichiara anche di seguire da vicino il dibattito sull’European Chicken Commitment, supportando l’obiettivo di migliorare il benessere degli animali negli allevamenti di polli”.
“Nonostante queste affermazioni, Lidl non ha ancora aderito all’ECC in Italia, sostenendo che i criteri globali dell’iniziativa non sono attualmente compatibili con le condizioni strutturali del nostro Paese. Tuttavia, contrariamente a quanto dichiarato da Lidl, diverse aziende italiane, tra cui Carrefour, Cortilia ed Eataly, hanno già sottoscritto l’ECC, dimostrandone così la fattibilità”.
Il Salvagente ha chiesto un ulteriore commento a Lidl Italia, ma al momento non abbiamo ancora ricevuto risposta.