Protesta degli agricoltori: qual è il vero nemico?

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Le proteste degli agricoltori cominciano a infiammare anche l’Italia. I coltivatori puntano il dito contro le politiche green dell’Ue, attaccano Coldiretti e chiedono di non essere lasciati soli contro un mercato che li stritola. Tra problemi reali e percezioni falsate, cerchiamo di capire qual è il vero nemico per la loro sopravvivenza

Le proteste degli agricoltori cominciano a infiammare anche l’Italia. I coltivatori puntano il dito contro le politiche green dell’Ue, attaccano Coldiretti e chiedono di non essere lasciati soli contro un mercato che li stritola. Tra problemi reali e percezioni falsate, cerchiamo di capire qual è il vero nemico per la loro sopravvivenza.

Una situazione complessa

I problemi sottolineati dagli agricoltori coordinati dai Comitati riuniti agricoltori traditi (Cra) protestano soprattutto contro alcune misure volute dall’Unione europea ma non solo: anche il ruolo della grande distribuzione organizzata e le eccezioni ammesse dalla legge italiana rispetto alla direttiva contro le pratiche commerciali scorrette sono sotto accusa come principali responsabili di un prezzo al produttore eccessivamente basso.

Le politiche Ue contestate

Ma andiamo con ordine. Sul tavolo delle richieste una deroga alle percentuali di terreni da tenere a riposo, così come dei limiti al grano importato dall’Ucraina, misura decisa dall’Ue per sostenere l’economica del paese in guerra con la Russia, ma che ha fatto crollare il prezzo e peggiorato le condizioni peri produttori comunitari.

La Pac

C’è poi la questione Politica agricola comunitaria, da sempre una delle voce più poderose del bilancio Ue: negli anni 80% rappresentava addirittura il 66% del bilancio europeo, mentre oggi supera di poco il 30%. Sono comunque 380 miliardi di euro stanziati per la Pac 2023-2027, ma la nuova ripartizione impone una corsia preferenziale e degli obblighi “green” che hanno fatto arrabbiare i piccoli coltivatori.

La percentuale di terreni riservati alla biodiversità

Nella precedente Pac, per esempio, erano previsti contributi aggiuntivi per chi dedicava il 5% del proprio terreno alla tutela della biodiversità, invece che alla coltivazione. Oggi invece la percentuale è scesa al 4% ma diventa vincolante per accedere ai contributi generali. “I coltivatori si lamentano che quell’area non coltivata è una perdita di reddito – spiega al Salvagente Franco Ferroni, responsabile Agricoltura di Wwf Italia – ma non è così. Innanzi tutto perché, se mettono piante nettarifere o per impollinatori, ottengono ulteriori fondi, e poi perché ci sono tonnellate di documenti scientifici che dimostrano come la presenza di queste aree nei terreni agricoli contribuisce a diminuire il bisogno di pesticidi grazie agli insetti antagonisti dei patogeni”.

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La protesta contro Coldiretti

C’è poi la lamentela contro Coldiretti e le altre grandi organizzazioni che rappresentano gli interessi degli agricoltori. Interessi tutelati solo per le grosse realtà, secondo il Cra, tanto che in alcuni presidi sono state bruciate persino le storiche bandiere gialloverdi della Confederazione dei coltivatori diretti. “Oggi chi protesta dice quello che segnalavamo due anni fa noi ambientalisti – spiega Ferroni – che l’80% dei fondi Pac finiscono al 20% delle aziende”. Infatti, oltre ai pagamenti per superficie, le aziende ricevono parte dei contributi per i titoli storici maturati nel passaggio al nuovo sistema di contribuzione partito nel 2000. “Il risultato è che i giovani agricoltori sono penalizzati sia perché generalmente hanno meno terreno che perché non possono godere dei titoli storici” aggiunge Ferroni “Il ruolo di Coldiretti e dalle altre confederazioni nella contrattazione col governo per la ricezione della direttive green e per il piano strategico nazionale è stato quello di mitigare l’impatto ambientale delle richieste e dirottare più soldi sulle realtà organizzate” ed è questa che fa molto arrabbiare i piccoli coltivatori senza bandiere, che si sentono traditi dai grandi gruppi. “Il mercato dei tereni oltretutto è bloccato, per cui i grossi gruppi accaparrano terre, mentre i piccoli devono vendere” continua Ferroni.

La questione del sottocosto e l’eccezione italiana

Chi protesta in questi giorni per le strade chiede anche di ricevere un giusto compenso per i prodotti della terra e non essere le prime vittime dei sottocosto venduti nei supermercati. Anche per questo è stata approvata la direttiva UE 2019/633 contro le pratiche commerciali scorrette, che limita fortemente il fenomeno. Peccato però che il decreto legislativo d.lgs. 198/21 (art. 2) introduce una deroga che esclude dal giro di vita i conferimenti dai soci nelle cooperative e le cessioni dei prodotti alle organizzazioni di produttori. Ancora una volta, se sei piccolo e non sei affiliato a nessuno, puoi essere schiacciato con i prezzi all’ingrosso. 

Torna l’Irpef

Se non bastasse, il governo Meloni ha deciso di eliminare la sospensione del pagamento dell’Irpef per gli agricoltori, stabilito da governo Renzi.

Il vero nemico

“In poche parole – riassume Franco Ferroni – i piccoli agricoltori hanno ragione a protestare per le loro condizioni, ma sbagliano bersaglio: sono il mercato e gli accordi di natura politica come quello per il grano in Ucraina, a metterli in difficoltà, così come chi tutela gli interessi solo dei grandi gruppi invece che dei piccoli, non certo le politiche green dell’Ue”.

Leggi nel numero di febbraio l’inchiesta “Le mani di Coldiretti sul bio

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