Bisfenolo A e microplastiche nel tonno e nel pesce spada del Mediterraneo

TONNO PESCE SPADA BISFENOLO A

Uno studio dell’Izs di Teramo e dell’Università delle Marche ha quantificato i nanocontaminanti nelle carni del tonno dello Ionio e del pesce spada dell’Adriatico: preoccupa la presenza dell’interferente endocrino bisfenolo A

Una ricerca condotta dall’Istituto zooprofilattico sperimentale di Teramo in collaborazione con il Croatian veterinary institute di Spalato e l’Università politecnica delle Marche, pubblicata sulla rivista scientifica Journal of Sea Research, ha permesso per la prima volta di rivelare il livello di contaminazione da microplastiche in due specie di pesce comuni nel Mediterraneo: il pesce spada (Xiphias gladius), pescato nel mare Ionio, e il tonno rosso (Thunnus thynnus), proveniente dall’Adriatico. La particolarità dello studio è che i contaminanti sono stati rilevati anche mediante metodologie mai applicate prima nei muscoli dei pesci, quindi nella parte che effettivamente finisce nei nostri piatti.

A preoccupare in particolar modo è la caratterizzazione dei contaminanti rinvenuti, come la presenza di bisfenolo A, un plastificante usato in molti oggetti e ritenuto interferente endocrino capace cioè di alterare l’equilibrio ormonale.

“Molti studi precedenti – spiega Federica Di Giacinto, ricercatrice del Centro per la Biologia delle acque dell’Izs Teramo – erano incentrati sul contenuto delle sole microplastiche esclusivamente nell’apparato digerente dei pesci. La nostra ricerca, invece, ha potuto evidenziare la contaminazione a livello muscolare non solo da microplastiche, ma anche da polimeri e additivi (come il bisfenolo A, ndr) usati per la loro produzione. Le microplastiche che abbiamo rilevato nei muscoli molto probabilmente sono state ingerite dai pesci e poi sono traslocate dall’apparato gastro-intestinale ai tessuti circostanti”.

Mediante l’utilizzo della stereomicroscopia, della microspettroscopia Raman e della cromatografia liquida con spettrometria di massa, lo studio, condotto con il supporto finanziario dell’Unione nazionale cooperative italiane (Unci), ha riguardato microplastiche di dimensioni inferiori ai 10 micron e polimeri, come polietilentereftalato (PET) e policarbonato (PC), oltre a pigmenti e additivi come il bisfenolo A (BpA) e l’acido p-ftalico (PTA). Alcune di queste sostanze, ampiamente utilizzate per la produzione di beni di plastica di largo consumo, sono sotto osservazione per valutare se abbiano effetti sulla salute, come il bisfenolo A, ad oggi bandito solo nelle tettarelle e biberon per i neonati.

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“Questo lavoro – ha concluso la Di Giacinto – punta a contribuire a una conoscenza più approfondita di queste particolari categorie di inquinanti, sia dal punto di vista dell’estensione del fenomeno, sia applicando nuove metodologie per la loro quantificazione. I prossimi passi del nostro laboratorio, ora, saranno di valutare quale sia il livello di contaminazione in ulteriori animali acquatici, arrivando ad una valutazione dell’effettiva esposizione alla quale sono esposti i consumatori”.