Mentre continua ad aumentare il prezzo della pasta, l’import dal Nord America è aumentato di oltre sei volte, con annesso rischio-glifosato e le quotazioni del grano italiano segnalano un problema
Il prezzo della pasta continua a crescere (+14% nell’ultimo periodo), si registra un boom delle importazioni di grano canadese. Secondo gli ultimi dati Istati elaborati dal centro studi Divulga, nei primi due mesi del 2023 rispetto all’analogo bimestre dello scorso anno, le importazioni di frumento duro dal Canada sono cresciute del 747%. In termini assoluti, si è passati da 33mila tonnellate a più di 286mila tonnellate. L’import dal Canada nei soli primi due mesi di quest’anno hanno raggiunto il 47% del complessivo importato durante tutto il 2022.
Con il boom degli arrivi dal Nord America cresce anche il rischio glifosato, l’erbicida che alle temperatura umide di quelle latitudini viene usato come “essiccante” in pre-raccolta, pratica vietata in Italia.
Un’altra tendenza che si registra nel settore è l’anomala quotazione del duro nazionale. Come ha scritto Enzo di Rosa, fondatore e coordinatore nazionale dell’associazione “Chi è il padrone?” che ha lanciato in Italia la Marca del Consumatore, “a poche settimane dalla trebbiatura del grano il prezzo del grano duro nazionale resta basso a 335-340 euro a tonnellata mentre il prezzo del grano duro biologico la quotazione scende a 350-355 euro/tonnellata“. La domanda sorge spontanea: produrre grano duro biologico costa quasi lo stesso prezzo del grano duro convenzionale?
“E se così fosse – riprende di Rosa – ma sappiamo bene che così non è (minore resa, maggiori costi di produzione, semi, concimi, certificazione) anche la pasta bio dovrebbe costare lo stesso prezzo del convenzionale? Ma sappiamo benissimo che non è così”.
E allora questa anomala equivalenza a cosa è dovuta? L’ombra della speculazione, aggiungiamo noi, è sempre in agguato.