Come richiedere la cassa integrazione in deroga

CASSA INTEGRAZIONE IN DEROGA

Cos’è e come funziona la cassa integrazione in deroga: il meccanismo di richiesta e la posizione del lavoratore che vi è sottoposto

Tra le misure assistenziali previste per i lavoratori di aziende in crisi c’è sicuramente la cassa integrazione, strumento che sostiene il reddito di chi è impiegato in un’impresa in difficoltà. Si tratta, come evidente, di un meccanismo molto importante per i dipendenti che, altrimenti, si troverebbero fortemente esposti al rischio di rimanere senza un reddito. A richiedere la cassa integrazione per i propri dipendenti è il datore di lavoro, basandosi su quanto previsto dalla legge e deciso dagli accordi con i sindacati di categoria. Una specifica classe di cassa integrazione è quella in deroga, la Cigd, rivolta nello specifico alle imprese che non rientrano nelle misure ordinarie di sostegno.

La cassa integrazione guadagni in deroga

La cassa integrazione guadagni in deroga rappresenta uno strumento di politica passiva che è da considerarsi come aggiuntivo a quelli della cassa integrazione guadagni ordinaria e straordinaria. Istituito nel 2005, con il decreto del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali e del ministro dell’Economia e delle Finanze n. 83473 del 1° agosto 2014, questo strumento mira a garantire un sostegno economico a tutti i lavoratori di imprese in crisi che, con la cassa ordinaria o straordinaria, non avevano copertura in quanto erano esclusi all’origine o avevano già usufruito del periodo di fruizione delle tutele ordinarie. La cassa integrazione guadagni in deroga è stata molto utilizzata in Italia nel corso della pandemia da Covid-19, quando anche aziende in salute si sono trovate improvvisamente ad un brusco calo delle proprie entrate e, di conseguenza, ad una difficile gestione del personale.

Chi può godere della CIgd e quanto dura

Come detto, la cassa integrazione guadagni in deroga ha dei beneficiari ben precisi. Si tratta, più nello specifico, dei lavoratori subordinati che hanno la qualifica di operai, impiegati e quadri, ma anche di apprendisti e i lavoratori somministrati, che possono vantare:

  • un’anzianità lavorativa presso l’impresa di almeno dodici mesi alla data di inizio del periodo di intervento;
  • che siano sospesi dal lavoro o effettuino prestazioni di lavoro ad orario ridotto per le causali previste dallo strumento, ovvero situazioni aziendali difficoltose dovute ad eventi transitori e non imputabili all’imprenditore o ai lavoratori, o determinate da situazioni temporanee di mercato così come da ristrutturazione o riorganizzazione dell’attività. Tra le causali, naturalmente, rientra il caso più generico delle crisi aziendali.

Inoltre, a poter richiedere questo specifico trattamento sono le tipologie di imprese indicate dall’art.2082 del codice civile. È necessario sottolineare che, così come avviene per tutti gli strumenti assistenziali di questo tipo, anche la cassa integrazione guadagni in deroga non ha durata illimitata. Questa varia a seconda degli accordi che vengono raggiunti di anno in anno tra parti sociali e organi di governo e molto, in questa scelta, lo fa lo speciale contesto economico nel quale si prendono delle decisioni.

Come richiedere la Cig in deroga

La domanda per richiedere l’attivazione della cassa integrazione in deroga spetta all’impresa, al datore di lavoro dunque, che potrà fruirne per i propri dipendenti solo nel momento in cui siano stati attivati tutti i trattamenti di integrazione salariale in deroga. Questo vuol dire che, prima di poter richiedere la Cigd, l’impresa deve dimostrare di aver già utilizzato gli strumenti ordinari di flessibilità come, ad esempio, le ferie residue e maturate, i permessi e la banca ore. A tal proposito si sottolinea ulteriormente che la cassa integrazione in deroga non potrà mai essere concessa per cessazione dell’attività dell’impresa o di parte della stessa, motivo per cui dovranno essere rispettate le suddette causali di rallentamento e disequilibrio della regolare attività lavorativa. E ancora, tutte le aziende che fanno ricorso a questo strumento di politica passiva hanno l’obbligo di provvedere al versamento del contributo addizionale che, stante all’art. 5 del decreto legislativo n. 148 del 23 settembre 2015, prevede una misura progressiva per il pagamento dei periodi di cassa integrazione salariale fruiti. Nel rispetto di questi fondamentali requisiti, il datore di lavoro può fare richiesta della Cigd entro 20 giorni dalla sospensione dell’attività o dalla riduzione dell’orario di lavoro, avendo cura di fornire anche il verbale dell’accordo con le rappresentanze sindacali e l’elenco dei lavoratori che saranno interessati dalla misura. Il destinatario della richiesta, in alcune regioni, è la Direzione regionale del lavoro, mentre se la ditta ha stabilimenti in più territori è previsto che il datore di lavoro, dopo aver raggiunto l’accordo con le parti sociali in sede governativa, presenti la domanda direttamente al ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, Direzione generale ammortizzatori sociali e incentivi all’occupazione, Divisione III. Seguirà un’istruttoria, con il ministero che emanerà un decreto interministeriale di concessione della prestazione. Solo dopo l’azienda potrà trasmettere online all’Inps – attraverso il servizio dedicato – la domanda, indicando il numero di decreto. Se, invece, la crisi aziendale riguarda unità produttive situate in un’unica regione o provincia autonoma, la domanda per la Cigd potrà essere presentata dall’azienda direttamente all’Inps utilizzando il servizio dedicato. In alternativa si potrà fare richiesta alla Regione con il modello IG.15 deroga (cod. SR100) e l’ente provvederà a trasmettere nel Sistema informativo percettori, Sip, sia la concessione che la domanda SR100. Una volta inviata la richiesta di Cigd è previsto un termine ordinario per l’emanazione dei provvedimenti che si fa corrispondere (legge n. 241/1990) a 30 giorni, anche se non è da escludere che in sede di concessione dello strumento si possa decidere di adottare dei tempi diversi. Nel momento in cui, invece, i datori di lavoro effettuano una presentazione tardiva della domanda (oltre i 20 giorni dalla sospensione dell’attività) è previsto che il trattamento di Cigd decorra dall’inizio della settimana precedente alla data di presentazione della domanda.

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Il pagamento della cassa

Nel momento in cui un lavoratore riceve la comunicazione dell’attivazione della cassa integrazione, la prima domanda lecita che si deve porre è di quanto verrà decurtato il suo stipendio normale. Non si tratta, tuttavia, di una questione dalla facile risoluzione visto che ogni caso può e deve essere considerato a sé stante. Entrando più nello specifico, il dipendente in queste condizioni ha diritto a ricevere:

  • la normale retribuzione oraria prevista dal contratto, che è a carico del datore di lavoro, per le ore di lavoro effettivamente prestate;
  • un trattamento di integrazione salariale, a carico dell’Inps, pari all’80% della retribuzione persa durante le ore di servizio non lavorate a causa della sospensione/riduzione dell’orario lavorativo.

La perdita, dunque, può variare in base a quanto viene effettivamente ridotto l’orario di lavoro: se si tratta di poche ore si avranno, più o meno, gli stessi soldi in busta paga, se le ore aumentano, invece, si potranno riscontrare maggiori differenze al ribasso rispetto alla retribuzione normale. E ancora, la legge prevede un massimale mensile per la cassa integrazione che varia a seconda del reddito lordo del lavoratore e viene modificato anno per anno. Volendo fare qualche esempio, nel 2021 i valori del massimale erano di 939,89 euro se il lavoratore aveva una retribuzione mensile lorda fino a euro 2.159,48 e di 1.129,66 euro se il lavoratore aveva una retribuzione mensile lorda oltre i 2.159,48 euro. Nel 2023, così come indicato dalla circolare n. 14 del 3 febbraio 2023 dell’Inps, per il trattamento di integrazione salariale ordinaria (Cigo), degli operai agricoli (Cisoa), straordinaria (Cigs) e assegno di integrazione salariale (Aiis) del Fis, l’importo lordo massimo mensile corrisponde a 1.321,53 euro, 1.244,36 euro di importo netto. Rispetto all’assegno di integrazione salariale, poi, i massimali sono stati aggiornati in base alla retribuzione mensile lorda: se questa è inferiore a 2.406,02 euro, il massimale è pari a 1.306,75 euro; se è compresa tra 2.406,02 e 3.803,33 euro, il massimale è 1.506,19 euro; se è superiore a 3.803,33 euro, il massimale è 1.902,81 euro.

Come detto anche in precedenza, la legge prevede che la cassa integrazione venga anticipata dal datore di lavoro al lavoratore direttamente in busta paga nel rispetto delle normali scadenze dello stipendio (il giorno 27 del mese oppure i primi cinque giorni del mese) e che, successivamente, tali somme anticipate possano essere recuperate dall’impresa nei confronti dell’Inps. Per farlo si utilizza lo strumento del conguaglio con i contributi previdenziali dovuti all’Istituto.

Vantaggi e svantaggi per il lavoratore

Appare evidente che per un lavoratore sottoposto a cassa integrazione, qualunque essa sia, gli svantaggi possano essere superiori ai vantaggi. Alla ridotta somma dello stipendio normale, infatti, si aggiunge una condizione precaria e di incertezza per il futuro, che incide molto sulla sfera psicologica oltre che su quella economica. In tale situazione, tuttavia, il lavoratore non ha la certezza di perdere il lavoro o di rimanere senza stipendio, proprio grazie alla presenza di strumenti come la cassa integrazione. L’introduzione della cassa integrazione in deroga, inoltre, ha permesso a molti più lavoratori di poter contare su un sostegno, pur nei limiti del massimale e delle tempistiche non sempre rispettate. Infine, si sottolinea che proprio la presenza dei massimali rappresenta un forte svantaggio per i lavoratori in cassa integrazione con redditi più alti, mentre l’impatto è minore su chi ha degli stipendi di partenza più bassi.