Fosfolipidi: i grassi buoni di soia, uova e burro

FOSFOLIPIDI

Tra i grassi “buoni” ci sono i fosfolipidi che ritroviamo in alimenti come la soia e nelle germe di grano. Ecco cosa sono, dove si trovano e quali benefici possono apportare al nostro organismo.

 

Sono grassi, ma buoni. I fosfolipidi sono stati raggruppati tra i preziosi alleati del metabolismo. All’occhio di un microscopio si presentano come parte di una membrana cellulare con una testa polare idrofila, a base di fosfato, e una coda apolare idrofobica. Sono quindi molecole anfifiliche e fanno parte del gruppo fosfato. Per la formazione delle membrane cellulari, le code idrofobiche si accostano una accanto all’altra, lontano dall’acqua. Mentre le teste idrofile tendono ad avere contatti con l’acqua.

Sono importanti a livello biologico perché partecipano alla struttura delle membrane cellulari ed in particolare alla modificazione della permeabilità selettiva di queste ultime.

Nella dieta alimentare questi elementi rappresentano particolari tipologie di lipidi contenenti acido fosforico. Come spiegano i nutrizionisti dell’Irccs Humanitas sono molto diffusi in natura, ma non sono solo componenti delle membrane cellulari. In particolare i fosfolipidi di soia si trovano nella pianta della soia dalla quale vengono estratti nutrienti e integratori.

 

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Dove si trovano i fosfolipidi

L’elemento più conosciuto e reperibile tra i cibi che consumiamo è la lecitina. Insieme con gli acidi grassi polinsaturi, è l’antagonista più importante del colesterolo. Circa il 60% degli acidi grassi della lecitina è costituito dall’acido linoleico. È di aiuto nel trattamento di malattie del fegato grazie ai suoi componenti lipotropi colina e inositolo.

Possiamo attingere fosfolipidi da alimenti come:

  • Tuorlo d’uovo;
  • Soia;
  • Germe di grano;
  • Arachidi;
  • Fegato di vitello;
  • Burro.

 

Gli altri grassi “buoni”: l’acido oleico

L’acido oleico è un altro grasso “buono” poiché contiene glicerofosfolipidi incorporato nei fosfolipidi della membrana cellulare. Questo grasso monoinsaturo si trova nell’olio d’oliva, ma anche in quello di colza, nell’olio di avocado, in frutti secchi come le nocciole.

Anch’esso è noto per i suoi effetti benefici a carico del sistema cardiovascolare. In particolare, sembrerebbe sortire effetti antiossidanti e sembrerebbe essere in grado di mantenere nella norma di livelli di colesterolo nel sangue (in particolare i livelli di colesterolo cosiddetto “cattivo”) e di ridurre i valori della pressione arteriosa.

Naturalmente un equilibrio nella dieta è fondamentale. Difatti, sappiamo che l’olio extravergine di oliva andrebbe consumato in dosi moderate, circa 40 grammi al giorno, l’equivalente di 3 o 4 cucchiai, da abbinare a uno stile di vita sano (attività sportiva) e dieta equilibrata. Invece, 30 grammi di frutta secca al giorno sarebbe il quantitativo ideale.

 

L’impiego nell’industria alimentare instant food

La lecitina viene impiegata anche in una gamma molto ampia di prodotti alimentari, soprattutto nella produzione della margarina (come anti-spatter ed emulsionante), ma anche del cioccolato, delle caramelle e nel rivestimento delle gomme da masticare e dell’instant food.

È inoltre utilizzata nella realizzazione di prodotti da forno, formaggi, alimenti lavorati a base di carne, e ancora altri prodotti.

L’industria alimentare ne aumenta le performance tramite il processo di idrolisi enzimatica. L’enzima lipolitico più utilizzato è la fosfolipasi A2, che rimuove l’acido grasso in posizione C2 dal glicerolo, originando un monogliceride. Questa tecnologia produttiva consente di tenere insieme grassi e acqua generalmente non mescolabili, conferendo proprietà emulsionanti nei cibi industriali come creme, salse, gelati e tanti altri.

 

L’importanza dei fosfolipidi di soia

Il ministero della Salute li ha inseriti nell’elenco ufficiale “Altri nutrienti e altre sostanze ad effetto nutritivo o fisiologico” e in particolare nel capitolo “Altre sostanze senza apporto massimo giornaliero definito”.

Diverse sono le proprietà che vengono attribuite a queste sostanze, non a caso inserite come ingrediente in diversi integratori alimentari. Tra i possibili benefici:

  • Sembrano in grado di agire contro le infiammazioni, regolando le reazioni infiammatorie;
  • Potrebbero inibire la crescita tumorale e metastatica (secondo alcuni studi);
  • Giocherebbero un ruolo importante nella regolazione del profilo lipidico del sangue e, in particolare, nell’abbassamento del rischio cardiovascolare, prevenendo quindi i depositi di grasso nelle arterie;
  • Sarebbero in grado di ridurre i livelli di colesterolo totale e di colesterolo cattivo o Ldl (Low density lipoprotein), mentre al contempo sarebbero in grado di accrescere i livelli di colesterolo buono o HDL (High density lipoprotein);
  • Sembrerebbero giocare un ruolo di una certa importanza nel mantenimento delle funzionalità cognitive a tutte le età e nel buon funzionamento del sistema immunitario.

 

E negli integratori alimentari?

Per quanto riguarda gli integratori a base di fosfolipidi di soia il condizionale sui benefici è d’obbligo, poiché attualmente non risultano messaggi pubblicitari approvati dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa).

L’assunzione risulta generalmente ben tollerata e non presenta particolari effetti avversi. A scopo precauzionale è preferibile evitare questi prodotti in gravidanza e in fase di allattamento. La somministrazione deve essere concordata col proprio medico curante, soprattutto in presenza di particolari condizioni di salute.

Il dottor Antonello Arrighi, specialista in Pediatria Usl 8 Arezzo ne raccomanda l’utilizzo in caso di necessità. Questo perché, “pur avendo un’alimentazione sana ed equilibrata, talvolta diventa necessario ricorrere all’uso di supplementi specifici di fosfolipidi per riattivare alcuni processi fisiologici”.

Questi integratori, infatti, sono in grado di contrastare i processi infiammatori, lo stress ossidativo delle cellule e i deficit delle cellule nervose.

Di solito sono indicati per:

  • Stimolare la memoria, la concentrazione e le funzioni cerebrali;
  • Regolare l’accumulo di colesterolo e promuovere la salute dell’apparato cardio-circolatorio;
  • Sostenere il benessere del fegato, delle vie biliari e del tratto digestivo;
  • Proteggere l’apparato gastro-intestinale dagli effetti collaterali di alcuni farmaci aggressivi, quali i Fans (farmaci antinfiammatori non steroidei) comunemente utilizzati;
  • Rafforzare il sistema immunitario.

 

L’importanza anche nella medicina

Non solo alimentazione. Queste sostanze sono importanti nella diagnosi e per constrastare la cosiddetta sindrome antifosfolipidica (Aps), nota anche come sindrome di Hughes. La scienza la individua come una forma di disordine del sistema immunitario caratterizzata da episodi di trombosi (formazione di coaguli all’interno dei vasi sanguigni), aborti ripetuti (perdita del feto) e quantità ridotta di piastrine nel sangue (piastrinopenia).

 

Le persone colpite da Aps possono sviluppare:

  • Trombosi venosa profonda, coaguli di sangue alle estremità inferiori;
  • Trombosi arteriosa, che può causare ictus o attacco cardiaco;
  • Coaguli cerebrali, con conseguenti problemi di equilibrio, di mobilità, di visione, di parola e di memoria.

È una malattia autoimmune, ciò significa che il sistema immunitario, deputato a proteggere l’organismo da infezioni e malattie, attacca i propri tessuti sani producendo degli anticorpi anomali, denominati anticorpi antifosfolipidi. Si ritiene che interferiscano con la coagulazione causando trombosi in ogni parte dell’organismo.

Non è noto cosa induca il sistema immunitario a produrre autoanticorpi ma, come per le altre malattie autoimmuni, si pensa che svolgano un ruolo fattori genetici, ormonali ed ambientali.

Le cause esterne sono predominanti e riguardano:

  • Infezioni virali, come il citomegalovirus (Cmv), il parvovirus B19, l’Hiv o l’epatite C;
  • Infezioni batteriche, come quella causata dall’escherichia coli (patogeno spesso associato a intossicazione alimentare) o la leptospirosi (un’infezione trasmessa da alcuni animali);
  • Alcuni farmaci, come gli antiepilettici, la pillola anticoncezionale o la terapia ormonale sostitutiva (Tos).

Altri fattori di rischio sembrano essere ricollegabili a stili di vita errati, come:

  • Elevati livelli di colesterolo nel sangue dovuti a una dieta alimentare non sana;
  • Mancanza di esercizio fisico;
  • Fumo;
  • Obesità.

 

Come diagnosticare la sindrome antifosfolipidica

Il Manuale medico Msd ricorda che la diagnosi della sindrome da anticorpi antifosfolipidi prevede esami di laboratorio, iniziando con il tempo parziale di tromboplastina. Questo test viene eseguito nei pazienti che si prevede verranno sottoposti a una procedura invasiva o in quelli con sanguinamento o coagulazione inspiegabile. Bisogna sospettare la presenza di un’anticoagulante lupico se il tempo di tromboplastina parziale è allungato e non viene corretto da miscelazione (rapporto 1 a 1) con plasma normale ma soltanto dopo l’aggiunta di una quantità importante di fosfolipidi.

Gli anticorpi antifosfolipidi plasmatici sono in seguito direttamente misurati mediante test immunologici con anticorpi IgG e IgM che si legano ai complessi fosfolipidi-beta-2-glicoproteina 1.

L’Istituto Superiore di Sanità (Iss) elenca due forme di patologia:

  • Aps primaria, che si verifica in individui senza altri apparenti disordini autoimmuni;
  • Aps secondaria, che compare in associazione ad un’altra malattia autoimmune, per lo più al lupus eritematoso sistemico (Les).

Può colpire persone di ogni età, compresi bambini e neonati, tuttavia la maggior parte dei malati ha un’età compresa tra i 20 e i 50 anni.

Sebbene non ci sia alcuna cura definitiva, il rischio di formare coaguli di sangue può essere notevolmente ridotto attraverso una diagnosi accertata e la cura con farmaci anticoagulanti o antiaggreganti. Si tratta di medicinali che riducono la formazione di coaguli inutili mantenendo la capacità del sangue di coagulare in caso di ferite.

Inoltre, l’impiego di questi farmaci può aumentare fino all’80% la possibilità di portare avanti una gravidanza.

La maggior parte dei malati risponde bene alle cure e può condurre una vita normale e sana. Tuttavia, un piccolo numero di persone, nonostante le terapie, continua a formare i coaguli.

In casi molto rari, si possono improvvisamente formare in tutto il corpo, con conseguente insufficienza di più organi. Questi casi sono noti come sindrome catastrofica da anticorpi antifosfolipidi (Caps) e richiedono un trattamento immediato, di emergenza, in ospedale con alte dosi di anticoagulanti.