La mail non funziona: come chiedere il risarcimento

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Che cosa è necessario fare quando il proprio indirizzo mail non funziona: le pratiche da seguire per ottenere il risarcimento e l’accertamento delle colpe

Al giorno d’oggi l’utilizzo della posta elettronica è diventato trasversale, con quasi tutte le persone che quotidianamente inviano e ricevono delle mail che controllano attraverso i loro diversi device. I servizi in tal senso sono moltissimi, con le aziende che offrono generalmente in maniera gratuita ai loro clienti la possibilità di aprire un indirizzo email. Si tratta, dunque, di un circuito nel quale è molto semplice e facile entrare, anche se ci sono dei casi in cui per l’apertura di un indirizzo email potrebbero essere previsti dei costi. Più nel dettaglio, il pagamento è richiesto sempre nel caso di Pec, Posta elettronica certificata, o per servizi estremamente personalizzati. In queste situazioni, il cliente che intende avere un’indirizzo email sottoscrive un abbonamento al servizio (solitamente con scadenza ad un anno e costi moderatamente contenuti), fornendo i dati propri e per il pagamento, iniziando così a beneficiare del suo indirizzo. Ma cosa succede se questo servizio a pagamento non funziona nella maniera corretta? Iniziamo col dire che è possibile ottenere un risarcimento per un’email non funzionante, ma solo al verificarsi di determinate condizioni, ovvero la presenza di un illecito o per responsabilità contrattuale.

Mail non funzionante: come chiedere il risarcimento

I servizi mail potrebbero, come detto, avere dei problemi nel loro funzionamento. Al verificarsi di tali condizioni, il cliente potrà provare ad ottenere un risarcimento dal provider per il servizio pagato e non ricevuto nelle modalità previste dal contratto sottoscritto. Si tratta di una situazione non così rara purtroppo, con diversi consumatori che sono stati costretti ad agire per far valere le proprie ragioni. Di recente si è molto discusso, ad esempio, del caso del grave malfunzionamento dei portali Virgilio e Libero, le cui email hanno iniziato a funzionare in modo anomalo per poi essere praticamente disattivate per una settimana. Il disagio arrecato ai clienti è stato molto elevato – immaginate di dover stare una settimana senza poter leggere le email di lavoro o quelle che vi tengono in contatto con persone che abitano molto lontano – e molti di loro hanno deciso di muoversi legalmente per chiedere che gli venga risarcito dal provider il disservizio della casella di posta elettronica.

Mail non funzionante: quando è previsto il risarcimento

Come si diceva anche in apertura, il risarcimento di un’email non funzionante può essere richiesto solo al verificarsi di determinate condizioni. In base a quanto previsto dall’ordinamento italiano, sono principalmente due i casi nei quali i clienti possono rivalersi nei confronti del fornitore del servizio. Si tratta, nello specifico:

  • di quando si è in presenza di un illecito, ovvero di una ingiusta condotta da parte del provider che arreca un danno ai clienti. È la cosiddetta responsabilità extracontrattuale, anche detta in alcuni casi aquiliana;
  • di quando il fornitore viene meno agli accordi presi e sottoscritti nel contratto con il cliente. In questo caso c’è una vera e propria responsabilità contrattuale che viene violata dal provider.

Come evidente, si tratta di due casi molto diversi tra di loro, ma entrambi conducono alla possibilità di chiedere un risarcimento per l’email non funzionante. Più nel dettaglio è possibile affermare che, nel caso della responsabilità extracontrattuale, non c’è nessun precedente vincolo sottoscritto tra il danneggiante e danneggiato, mentre in presenza di una violazione della responsabilità contrattuale c’è un legame chiaro e sottoscritto tra le parti, con un patto che è ancora in vigore.

La responsabilità contrattuale nei casi di email non funzionante

Soffermiamo la nostra attenzione in particolare sulla responsabilità contrattuale che viene violata dal provider/fornitore di un indirizzo email. Il cliente, come detto, potrà rivalersi nei confronti di chi eroga il servizio e chiedere un risarcimento del danno a lui cagionato. Tale possibilità è resa possibile dal fatto che nel momento in cui l’utente/cliente si rivolge ad un provider/fornitore ed ottiene un indirizzo email si sostanzia un vero e proprio accordo che, per la legge italiana, è equiparabile a tutti gli effetti ad un contratto. Il venir meno al servizio promesso, dunque, permette all’utente di poter rivalersi sul fornitore, così come avviene in ogni altra situazione di questo tipo. Si sottolinea inoltre che, per ottenere un’email, viene sottoscritto un contratto in piena regola, con il cliente che ne accetta tutta le condizioni previste. Questo è vero tanto negli indirizzi di posta elettronica a pagamento – Pec o servizi personalizzati – che in quelli a cui si ha accesso in maniera gratuita. Su quest’ultimo aspetto si ricorda che la legge italiana ammette l’esistenza di contratti gratuiti in cui solo una parte esegue una prestazione: casi di esempi tipici sono il comodato, il mandato così come il deposito. Anche con email concesse gratuitamente, il provider ha dunque l’obbligo di rispettare gli impegni presi in quanto trae dei guadagni potenziali anche in questa situazione. Pensiamo, ad esempio, agli introiti derivanti dalle campagne pubblicitarie presenti nell’interfaccia di utilizzo degli indirizzi di posta elettronica e alla grande mole di dati che i fornitori hanno a loro disposizione sui propri utenti. Tutti gli aspetti elencati conducono al fatto che chi offre un servizio di email, anche gratuito, non lo fa certo per beneficenza, ma anzi agisce sempre per avere un proprio tornaconto e, dunque, è obbligato a garantire che il servizio sia perfettamente funzionante. Se così non fosse, si verifica una violazione delle responsabilità contrattuali che dà diritto al cliente ad un risarcimento.

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La mail non funziona: come dimostrare il danno e ricevere il risarcimento

Nei discorsi che fin qui abbiamo affrontato è emerso che il cliente/utente di un fornitore di indirizzi di posta elettronica ha il diritto di ricevere un servizio in linea con gli accordi presi in fase di sottoscrizione. Se così non fosse, sia per responsabilità contrattuale che extracontrattuale, l’utente avrà diritto ad un risarcimento, ma sarà necessario dimostrare di aver subito un effettivo danno. Quest’ultimo aspetto vale tanto per i servizi di posta elettronica a pagamento che per quelli gratuiti, motivo per cui il semplice malfunzionamento non conferisce un diritto automatico al risarcimento dei danni. Servono, dunque, delle prove e, in tal caso, è utile fare una netta distinzione tra i servizi email a pagamento e gratuiti:

  • laddove vi è una prestazione del servizio di corrispondenza privo di pagamento al momento della sottoscrizione, il risarcimento da parte del cliente potrà essere ottenuto solo fornendo un prova concreta del danno causato dal temporaneo disservizio. L’esempio classico in questo caso è quello dei lavoratori liberi professionisti che, proprio per colpa del cattivo funzionamento delle email, non sono riusciti a leggere per tempo delle comunicazioni importanti e, dunque, hanno perso degli introiti o subito delle perdite economiche;
  • se si è in presenza di un servizio di posta elettronica certificata, personalizzata o, più in generale, a pagamento, l’utente avrà maggiore facilità nell’ottenere il risarcimento del danno. A tornargli indietro sarà infatti sicuramente il prezzo pagato nel periodo di tempo in cui non ha potuto godere del servizio. Anche in questo caso, naturalmente, l’utente dovrà fornire delle prove a sostegno della propria tesi.

Si ricorda, inoltre, che in base a quanto previsto dall’ordinamento italiano, se il danno non può essere provato nel suo preciso ammontare, il giudice potrà comunque liquidare in via equitativa, ovvero basandosi su una propria valutazione discrezionale (a forfettario).

Mail non funzionante: la richiesta di risarcimento

Nel momento in cui un utente si rende conto del mancato o porzionato funzionamento del suo indirizzo di posta elettronica potrà, come detto, ottenere un risarcimento del danno. Ma qual è l’iter da seguire in questi casi? Per chiedere un rimborso al provider/fornitore del servizio è necessario che il cliente si rivolga al suo avvocato di fiducia. Trattandosi verosimilmente di somme non eccedenti i 50mila euro, è necessario che si proceda effettuando un invito a partecipare alla procedura di negoziazione assistita, ovvero alla forma di conciliazione prevista dalla legge per questo tipo di valori. Si ricorda, tuttavia, che tale procedura non è obbligatoria nei casi in cui l’intestatario dell’email non è un professionista, ma un privato cittadino. La legge prevede infatti che la negoziazione assistita non sia condizione di procedibilità nelle controversie tra consumatori e professionisti. È solo il primo step che potrebbe anche non condurre al risultato sperato e, se così fosse, al danneggiato non resta altra ipotesi che agire in giudizio contro il fornitore. A decidere della controversia è il giudice di pace che, dall’introduzione della riforma Cartabia, ha competenza per questa tipologia di questioni per tutte le cause che prevedono risarcimenti fino a 10mila euro. Parte così il processo, all’interno del quale all’utente è chiesto di dimostrare, sempre attraverso il proprio avvocato:

  • di essere stato il titolare di un account di posta elettronica – gratuito o a pagamento – fornito dal provider contro il quale si è deciso di agire;
  • la presenza di un disservizio nel funzionamento della posta elettronica imputabile direttamente all’attività del provider (come l’email che non funziona per giorni);
  • di aver subito un danno concreto proprio a causa del malfunzionamento del servizio di posta elettronica.

Sul tema è intervenuta anche la Corte di Cassazione che in un pacifico insegnamento ha stabilito che chi agisce per il risarcimento del danno ha soltanto la necessità di “provare la fonte del suo diritto, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte”. Il convenuto, invece, deve dimostrare di aver svolto i propri obblighi, cioè palesare che il disservizio è figlio di un fatto a lui non direttamente imputabile.

Mail che non funziona: la difesa del provider

Proviamo ora a spostare il focus dall’utente al provider, ovvero da colui che riceve il danno a chi lo ha, verosimilmente, provocato. Il fornitore di indirizzi di posta elettronica che intende non pagare il risarcimento richiesto dovrà riuscire a dimostrare di non essere responsabile del disservizio percepito dal titolare dell’indirizzo email. Più nello specifico dovrà dimostrare:

  • che non vi è la presenza di alcune malfunzionamento;
  • che le ragioni del malfunzionamento non sono a lui imputabili. Su questo punto si sottolinea però che, in presenza di eventuali attacchi hacker, bug, malware o malfunzionamenti vari, difficilmente il provider riuscirà a discolparsi in quanto, per legge, il suo ruolo gli impone anche di porre in essere tutte le procedure volte a prevenire e proteggere i propri clienti da possibili attacchi esterni. Per il provider, dunque, discolparsi non è una pratica così semplice.

L’arma processuale su cui molto spesso puntano i provider chiamati a risarcire un danno è quella del malfunzionamento reale che, però, non ha provocato alcun danno all’utente. È il caso, ad esempio, del down del sistema di posta elettronica durato solo pochi minuti che non ha procurato dei reali danni ai titolari degli indirizzi email.

Risarcimento del danno, le possibilità di ottenerlo

Arrivati a questo punto potrebbe nascere nella mente di chi legge una domanda lecita: vale la pena chiedere un risarcimento del danno per un’email non funzionante? La risposta è dipende, con quest’ultimo termine, che si rivolge sia all’entità del danno subito che alle reali possibilità di riuscire ad ottenere il risarcimento. In linea generica, possiamo dire che il rimborso è decisamente più facile per chi ha un casella di posta elettronica a pagamento, mentre per gli indirizzi gratuiti sarà necessario fornire una prova concreta del danno subito (manca alla base l’utilizzo a scopo lavorativo del servizio di messaggistica). Le possibilità di ottenere un risarcimento si abbassano fino allo zero, invece, nei cosiddetti account dormienti, ovvero nei casi di indirizzi che giacciono inutilizzati da lungo tempo.