Come adottare i cani sequestrati dalla guardia di finanza

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Adottare un cane sequestrato, ad esempio in caso di maltrattamento, è possibile se si conoscono le corrette procedure. Ma quali sono i passaggi da seguire?

Può essere forte il desiderio di regalare una nuova vita a cani sequestrati, ma spesso non si sa bene a quali enti sia possibile rivolgersi per dare il via alle corrette procedure. Il sequestro di un cane può rendersi necessario in diversi casi, molti dei quali implicano il maltrattamento. L’articolo 544 ter del codice penale, rispetto a questa situazione, sancisce che si macchia di maltrattamento “chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche”. In ragione di ciò, appare evidente come il sequestro di animali sia una misura cautelare, una situazione provvisoria dopo la quale si verifica la vera e propria confisca. Chi decide di adottare un cane sottoposto a sequestro ne diventa, quindi, il custode giudiziale in via temporanea. La custodia può poi tramutarsi in definitiva solo in seguito alla condanna del precedente proprietario.

Cosa accade ad un cane sequestrato?

Una volta che sia stata avviata la procedura di sequestro da parte delle Forze dell’ordine, l’animale viene preso in carico dalla Procura titolare del caso di maltrattamento. A questo punto entrerà in gioco il magistrato competente, che dovrà nominare un custode temporaneo. La scelta, in alcuni casi, ricadrà sull’Asl o sul Comune. Molto più spesso, però, la custodia viene affidata alle associazioni di tutela animale che seguono il caso di maltrattamento. Non è raro, infatti, che siano proprio tali associazioni a sporgere denuncia, presentando contestualmente richiesta per avere la custodia degli animali. A seconda dell’ente cui sono affidati gli animali, i cani possono quindi entrare nel canile dell’Azienda sanitaria locale, nel canile comunale o nel rifugio dell’associazione. Nei primi due casi, la permanenza può essere estesa anche all’intera durata del processo; nell’ultimo caso, invece, l’associazione si premurerà di cercare una famiglia con le stesse modalità utilizzate per gli altri cani presenti nel rifugio.

La procedura per adottare un cane sequestrato

La prima cosa da fare quando si vuole adottare un cane sequestrato è rivolgersi alla Procura, per avere informazioni rispetto a chi sia stato affidato l’animale. Una volta ricevuta questa informazione, potrà essere inoltrata una domanda direttamente all’ente custode per esprimere la propria disponibilità nel prendere l’animale con sé.

La procedura, comunque, cambia notevolmente a seconda di quale sia l’ente nominato dalla Procura. È infatti più semplice interfacciarsi con un’associazione, avendo un rapporto diretto, soprattutto perché il potenziale adottante viene seguito passo dopo passo durante l’iter di adozione. Gli step da seguire sono:

  • sporgere la denuncia per maltrattamento;

  • assumere la custodia giudiziale del cane come associazione;

  • cercare un adottante;

  • affidare la custodia al nuovo adottante.

Oneri e requisiti per procedere con l’adozione

Non sono previsti dalla legge requisiti specifici per poter procedere con l’adozione di un cane sequestrato. Tuttavia, le associazioni potrebbero richiedere requisiti di idoneità che coincidano con quelli validi per tutti gli altri cani dati in adozione. Spesso, nel caso di un animale sequestrato, può essere utile la compilazione di questionari pensati come passaggi preliminari dell’adozione di un animale, sequestrato o meno che sia.

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Nonostante non siano previsti requisiti, è bene che però chi voglia prendersi cura dell’animale conosca il ruolo che si prepara ad assumere. La custodia giudiziaria di un cane, infatti, è un ufficio pubblico a tutti gli effetti: si tratta di un incarico per cui è prevista una retribuzione, dal momento che il custode svolge un compito per conto della Procura. Le mansioni del custode potrebbero anche essere onerose, comportando eventualmente spese relative alla cura e alla salute dell’animale, nonché chiaramente quelle pertinenti al suo sostentamento. La persona dovrà quindi far fronte a tutti i bisogni dell’animale, sapendo che quest’ultimo appartiene ancora alla Procura. Ciò significa che per procedere a decisioni importanti, ad esempio, ipotizzando che l’animale debba essere sottoposto ad un intervento chirurgico, sarà necessaria l’autorizzazione della Procura prima di poter procedere con l’intervento. La custodia è formalmente a carico dello Stato.

Proprio nel 2023, sono stati stanziati ben 2,65 milioni di euro per il Fondo animali sequestrati.

Talvolta, al custode risulta spesso difficile riuscire ad ottenere il rimborso delle spese sostenute; non è raro che la stessa Procura richieda ai custodi di farsi carico gratuitamente degli oneri di mantenimento del cane sequestrato. Si tratta di spese, comunque, che nella maggioranza dei casi i custodi sono felici di assumersi, se ciò implica una possibilità di adottare definitivamente l’animale.

Cosa può accadere al termine del processo

La possibilità che il cane sequestrato torni al padrone originario, purtroppo, è reale. Colui che sia stato sottoposto a processo penale per maltrattamento, dopo anni può rientrare in possesso dell’animale in caso di assoluzione o se il reato viene prescritto. Una situazione che, fortunatamente, può risolversi in maniera favorevole qualora il maltrattante non desideri rientrare in possesso dell’animale.

Esiste però un’altra possibilità, cioè quella di adottare definitivamente l’animale prima del finire del processo. Ciò è possibile qualora il giudice decidesse di applicare una norma prevista per i beni deperibili, via eccezionale e non sempre percorribile. Per farlo, infatti, è necessario procedere presentando un’istanza di alienazione alla Procura, prevista dall’articolo 260 comma 3 del codice di procedura penale. Accogliendo la richiesta, la Procura vende il cane per una somma simbolica. Anche se attraverso un atto di vendita, l’adottante in tal modo può diventare il legittimo proprietario dell’animale. Di solito, si decide di propendere per questo iter in caso di sequestri molto numerosi. Istanza di alienazione è stata accolta, per esempio, nel caso dei cani di Green Hill.

Il caso Green Hill

Il caso in questione è celebre e suscita disprezzo tra gli animalisti (e non solo) già dal 2012. A luglio del 2012, infatti, il Corpo forestale e gli agenti della Digos sequestrarono l’azienda di Montichiari, nella quale venivano allevati circa 2500 cani destinati alla sperimentazione. Nel decreto di sequestro, il pm ipotizzò l’uso dei cani non soltanto a fini scientifici ma anche per ricerche legate alla cosmesi, chiaramente non in linea con quanto previsto dalla legge. Nel caso di Green Hill, il procedimento penale principale si è concluso nel 2017, con la conferma da parte della Cassazione della condanna ad un anno e sei mesi per il veterinario e il co-gestore della struttura, e ad un anno per il direttore dell’allevamento.

La pecca delle norme attualmente vigenti in Italia relativamente al sequestro degli animali è, tuttavia, che presentano un forte limite: sono pensate per oggetti inanimati, non per creature senzienti e vive. I tempi dei processi sono spesso lunghi e possono anche trascorrere degli anni prima che si stabilisca se un reato di maltrattamento è avvenuto o meno. Nel frattempo, l’animale, può rimanere sottoposto a sequestro cautelare. Un ruolo importante in quest’ambito è svolto certamente dalla sensibilità del magistrato incaricato di seguire la custodia.

Legge di Bilancio 2023: Fondo per gli animali sequestrati

Sicuramente, tra le voci di spesa più significative della recente legge di Bilancio c’è quella relativa all’istituzione di un fondo per il Centro nazionale di accoglienza degli animali confiscati e sequestrati. Nello specifico, il fondo rientrerà nello stato di previsione del ministero della Difesa, e come detto avrà una dotazione pari a 2,65 milioni di euro annui.

Il Centro è stato istituito presso il Comando unità forestali, ambientali e agroalimentari dell’Arma dei Carabinieri, e dovrà essere dotato di:

  • apposite strutture di ricovero per gli animali;

  • personale specializzato.

Per far fronte alla mole di lavoro, l’Arma è stata autorizzata ad assumere personale a tempo determinato con contratti della durata massima di trentasei mesi, anche discontinui, prefissato un limite di spesa di 350.000 euro annui.

Sono state altre le proposte di spesa a favore degli animali; interessante, tra queste, il rifinanziamento del Fondo per il recupero della fauna selvatica, nella misura di 1 milione di euro per l’anno 2023. L’obiettivo è quello di assicurare la cura e il recupero della fauna selvatica oggetto di traffici illeciti o sequestri, come disposto dalla normativa Cites. Il Fondo era stato già istituito nel 2021 dall’ex ministero dell’Ambiente, Sergio Costa, con l’intenzione di sollevare i tanti operatori del Terzo settore impegnati nella salvaguardia degli animali selvatici da una responsabilità prettamente statale. Alcuni passi indietro, però, sono stati fatti. È stato per esempio escluso il Fondo per contrastare i combattimenti, che prevedeva lo stanziamento di 350mila euro per il recupero dei cani finiti nelle mani della criminalità e di 150mila euro per la promozione di percorsi di formazione specialistica del personale del Comando unità forestali, ambientali e agroalimentari dell’Arma dei Carabinieri. Eliminato anche il bonus animali domestici, che nelle prime versioni avrebbe dovuto essere corrisposto in base all’Isee dei richiedenti.