Flebite: dai sintomi ai rimedi terapeutici

FLEBITE

La flebite è una trombosi superficiale che può essere curata e prevenuta. Vita sedentaria, obesità e da ultimo anche smartworking sono i fattori principali di esposizione al rischio

L’Istat ha individuato nei più giovani tra gli effetti del Covid-19 un aumento di alcune condizioni anomale per l’età, quali la flebite e tromboflebite, oltre a malattie delle vene e problemi cerebrovascolari acuti.

Si tratta di una problematica diffusa tra la popolazione, che raramente porta a gravi complicanze, ma che deve essere curata e anche prevenuta. La flebite viene denominata trombosi venosa superficiale. In parole semplici è l’infiammazione di una vena superficiale causata da un trombo che può ostruirne la cavità interna ed impedire al sangue di circolare correttamente. In caso rari i trombi venosi superficiali diventano emboli.

Quali sono i sintomi della flebite?

Prima di intervenire è fondamentale conoscere le cause di questa condizione, non sempre identificabili con certezza. L’Istituto superiore di sanità (Iss) a tal proposito chiarisce che le cause della formazione dei trombi possono essere diverse e, nella maggior parte dei casi non è possibile identificarle con certezza. I motivi più comuni sono:

  • Obesità;
  • Traumi;
  • Eccessiva sedentarietà;
  • Gravidanza;
  • Immobilità dovuta al riposo dopo un intervento chirurgico;
  • Assunzione di alcuni medicinali.

La flebite colpisce prevalentemente le gambe (arti inferiori), soprattutto nelle persone che soffrono di vene varicose. Ma può colpire anche le vene del collo, delle braccia o di qualsiasi altra parte del corpo.

  • Situazione meno grave
    La vena interessata dal trombo può essere in superficie, e in tal caso si parla di tromboflebite superficiale. Colpisce prevalentemente le vene superficiali delle gambe e più raramente interessa le vene di altre parti del corpo.
  • Situazione più grave
    Oppure può essere profonda e situata all’interno di un muscolo e, in questo caso, si parla di trombosi venosa profonda, situazione molto più grave che pone la persona a rischio di gravi complicazioni.

Per riconoscere i sintomi bisogna esplorare, osservare e eventualmente palpare le parti del corpo interessate. Infatti, la flebite si può riconoscere con i seguenti sintomi:

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  • Gonfiore di una vena;
  • Arrossamento e dolore nella parte colpita;
  • Segni di tumefazione;
  • Alla palpazione, la zona interessata può risultare rilevata, dolente e dura al tatto;
  • Sensazione di calore.

Quando si presenta il dolore, questo tende ad aumentare e irradiarsi lungo il decorso della vena.

  • I sintomi più preoccupanti della flebite
    A volte si possono manifestare febbre elevata, dolore al petto e difficoltà a respirare. In questi casi bisogna rivolgersi urgentemente al pronto soccorso ospedaliero perché la flebite potrebbe essere accompagnata da trombosi venosa profonda, malattia grave che espone al rischio di embolia polmonare.

Come si cura la flebite

Per diagnosticare una flebite è necessario rivolgersi al medico che, in base ai sintomi e all’osservazione della zona interessata, effettuerà una prima valutazione per impostare la terapia adatta.

Nella maggior parte dei casi per accertare la flebite è sufficiente la visita.

In caso di dubbi, il medico potrebbe prescrivere degli esami del sangue e delle indagini strumentali, come ecodoppler, soprattutto se i disturbi presenti possono far pensare ad una trombosi venosa profonda.

Gli esami del sangue si focalizzano su alcuni aspetti:

  • Concentrazione del D-dimero, un frammento proteico che deriva dalla degradazione di una proteina coinvolta nel processo di coagulazione, la fibrina. È costituito dall’unione tramite legame chimico di due frammenti D della fibrina.

Lo specialista potrebbe prescrivere esami più specifici per rilevare eventuali cause genetiche.

Le indagini prescritte per accertarla in genere includono:

  • Ecografia;
  • Ecocolordoppler, ecografia di tipo bidimensionale in grado di evidenziare il flusso del sangue.

Se i risultati dell’ecografia non sono chiari si possono effettuare degli esami più sofisticati come la Tac, la risonanza magnetica e la venografia, cioè una radiografia con mezzo di contrasto che consente di accertare la presenza di una trombosi venosa profonda.

Una volta accertata questa condizione, bisogna rivolgersi al medico di famiglia che deciderà le cure più adatte. Generalmente il problema si risolve nell’arco di 2 o 6 settimane.

Cosa fare mentre si cura la flebite?

Oltre alla terapia prescritta dal medico per in casi meno gravi e superficiali, i medici raccomandano alcuni accorgimenti e comportamenti da mettere in pratica durante la cura.

È molto importante:

  • Mantenere la gamba in posizione sollevata per favorire il ritorno venoso, evitare il ristagno di sangue e diminuire i disturbi, anche dolorosi;
  • Adottare anche rimedi di automedicazione, come ad esempio: utilizzo di calze elastiche a compressione graduata, per aiutare la circolazione degli arti inferiori;
  • Svolgere attività fisica adatta per migliorare e stimolare la circolazione sanguigna (meglio se indicata da un esperto per il caso specifico);
  • Praticare impacchi freddi e caldi per ridurre il gonfiore e il dolore;
  • Applicare creme antinfiammatorie e antidolorifiche.

Se con l’aiuto di queste tecniche non si hanno miglioramenti, il medico potrebbe prescrivere farmaci antinfiammatori ed antidolorifici aventi lo scopo di ridurre l’infiammazione e favorire la guarigione. I farmaci comunemente più usati sono farmaci antinfiammatori non steroidei come il paracetamolo e l’ibuprofene.

Il medico potrebbe prescrivere altri farmaci, quali:

  • Anticoagulanti per favorire la fluidificazione del sangue;
  • Fibrinolitici per sciogliere i coaguli di fibrina e aiutare a dissolvere il trombo.

La flebite si può prevenire?

Stando alle cause certe e prevedibili (obesità, stili di vita non sani, sedentarietà) è possibile prevenire i trombi, poiché essi sono favoriti anche da alcuni comportamenti non ritenuti sani, come ad esempio:

  • Immobilità prolungata (durante lunghi viaggi in macchina o in aereo);
  • Vita sedentaria e scarsa attività fisica;
  • Permanenza a letto per malattie croniche o in seguito ad interventi chirurgici;
  • Trauma della vena per schiacciamento esterno o per inserimento di un ago cannula o di un catetere intravenoso.

Ma anche il sangue può essere un fattore scatenante. La flebite si verifica più facilmente in persone con alterazioni della coagulazione del sangue, ossia:

  • Persone con casi di trombofilia in famiglia;
  • Donne che prendono la pillola contraccettiva o farmaci ormonali sostitutivi;
  • Donne in gravidanza;
  • Malati di alcuni tumori.

Importanti fattori di rischio sono:

  • Presenza di vene varicose;
  • Obesità;
  • Fumo di sigaretta;
  • Abuso di droghe per via endovenosa.

Dunque, per prevenire la flebite bisogna modificare alcune abitudini negli stili di vita. Ad esempio:

  • Smettere di fumare;
  • Impegnarsi per mantenere un peso corporeo equilibrato;
  • Mettere in pratica semplici accorgimenti che aiutano a mantenere in buona salute l’apparato cardiocircolatorio (curando l’alimentazione);
  • Svolgendo attività fisica (Camminare almeno un’ora al giorno a passo lungo e svelto, o praticare sport come il nuoto).

Sgranchirsi le gambe al lavoro o durante i viaggi

Il primo suggerimento della specialista in Chirurgia Vascolare di Humanitas Medical Care di Monza, professoressa Mariagrazia Bordoni, è quello di evitare la sedentarietà, ma anche quando si è costretti a restare alla scrivania a lungo bisogna alzarsi dalla sedia ogni tanto, facendo qualche movimento di flessione del piede e della gamba e camminare un po’.

Una buona e costante attività fisica aiuta a migliorare anche la circolazione venosa del sangue, riducendo le probabilità che insorga una infiammazione dei vasi.

L’inattività prolungata, come stare seduti per lungo tempo in aereo o in macchina per viaggi lunghi, può provocare gonfiore delle caviglie e dei polpacci con conseguente tromboflebite alle gambe. Per prevenire tutto ciò è necessario alzarsi ad intervalli di circa un’ora per sgranchirsi le gambe. Se, invece, bisogna stare seduti per forza bisogna muovere le gambe oppure flettere le caviglie abbastanza frequentemente.

Attenzione agli indumenti stretti

Bisogna ricordarsi sempre di evitare di indossare indumenti troppo stretti o elastici che possono creare un ostacolo al deflusso venoso.

Come prevenire la flebite in smartworking

Sedentarietà e immobilità sono tra i fattori di rischio. Gli specialisti raccomandano di non rimanere seduti troppo a lungo nella stessa posizione. Specialmente oggi, dove con lo smart working, tendiamo a ridurre il movimento giornaliero, passando molto più tempo davanti al computer.

Il telelavoro o lavoro agile è una grande opportunità per risparmiare sui consumi energetici, evitando rischi nel tragitto da casa al lavoro. Ma non vanno sottovalutati anche i pericoli connessi all’uso di strumenti informatici. Nel caso specifico, una postura scorretta per troppe ore e l’affaticamento fisico possono aumentare i rischi.

A tal proposito il Cni (Consiglio nazionale ingegneri) ha elaborato delle Linee di indirizzo per la gestione dei rischi in modalità smart, dopo aver analizzato molte tipologie di rischi connessi a questa forma di lavoro a distanza. (Qui la guida per le posture corrette)

È necessario mantenere una corretta postura e concedersi brevi passeggiate, anche all’interno della stanza dove è stato allestito l’ufficio e l’area lavoro. Muoversi è utile per mantenere attiva la circolazione.

Inoltre, bisogna concedersi delle pause per lasciar riposare le gambe tenendole leggermente sollevate.

Per un sano riposo bisognerebbe alzare il materasso di 10 o 15 centimetri per tenere i piedi più in alto rispetto al cuore.

Durante il lavoro da casa, ma anche in ufficio, bisogna bere acqua per un corretto drenaggio dei liquidi.

Consumare molta frutta fa bene, poiché il potassio permette la naturale eliminazione dei liquidi.

I nuovi strumenti per prevenire la flebite in chemioterapia

I farmaci per la chemioterapia possono essere somministrati tramite siringa, quando la sostanza può essere somministrata in tempi brevi (non più di alcuni minuti). Oppure con flebo, quando la sostanza deve essere somministrata in un tempo variabile tra 30 minuti e alcune ore.

La Fondazione Airc illustra alcuni svantaggi di questa modalità, tra i quali il rischio che le sostanze possano uscire dalla vena danneggiando i tessuti circostanti. Inoltre, queste modalità di somministrazione per via endovenosa richiedono un accesso venoso, cioè una via d’ingresso al circolo sanguigno che sia mantenuta aperta per tutto il tempo necessario alle cure. L’esigenza di iniettare ripetutamente in vena sostanze irritanti possono provocare più facilmente le flebiti.

Per questo sono stati messi a punto vari dispositivi per raggiungere il circolo sanguigno senza dover cercare ogni volta una vena del braccio, come si fa per iniezioni intravenose occasionali. Oggi l’accesso può avvenire tramite CVP (catetere venoso periferico) o ago cannula in una vena della mano o del braccio. È un tubicino molto sottile, inserito tramite un ago, che mantiene aperta la vena, se necessario per alcuni giorni, per poter iniettare farmaci e prelevare sangue. Oppure CVC (cateteri venosi centrali), dispositivi che, tramite tubicini di materiale biocompatibile (silicone o poliuretano) detti cateteri, raggiungono le grosse vene più vicine al cuore. In questo modo permettono l’infusione intermittente o continua di farmaci e terapie nutrizionali, garantendo nel contempo l’accesso permanente al sistema venoso per molto tempo, anche per mesi.

I cibi che aiutano a prevenire la flebite

Flebiti, vene varicose, problemi alla circolazione: basterebbe una dieta equilibrata e bilanciata ad allontanare i rischi contro queste patologie.

Gli alimenti che però non possono mancare sono:

  • Cereali integrali;
  • Frutta secca (mandorle, noci macadamia, nocciole);
  • Frutta e verdura a foglia larga (vitamina E);
  • Frutta e verdura con betacarotene e carotenoidi;
  • Cavolo, indivia, sedano, broccoli;
  • Legumi come fagioli;
  • Soia;
  • Germi di grano;
  • Tuorlo d’uovo;
  • Carni bianche, latticini non stagionati, uova e fegato (vitamina A);
  • Arance, limoni, mandarini, kiwi, ribes, ananas, more (vitamina C);
  • Pomodoro cotto (contiene più licopene);
  • Cibi flavonoidi come spinaci, cioccolato fondente, cipolla, lattuga (fanno bene al circolo venoso).
  • Tra i frutti sono preferibili mele e pere;
  • Tè (che va limitato in gravidanza poiché diminuisce l’assorbimento del ferro);
  • Mirtillo nero (contiene antocianosidi che agiscono come vasoprotettivi e contrastano la fragilità capillare);
  • Cibi con omega3 e omega9 che agiscono sulla circolazione arteriosa (Pesci grassi come salmone, tonno, sgombri, sardine);
  • Condimenti a base di oli vegetali (extravergine di oliva, di noci, di colza, di soia e di semi di girasole).

Meglio se i cibi sono cotti in modo semplice, alla piastra, in padella, al forno limitando invece le fritture.

I cibi sconsigliati sono invece:

  • Spezie (soprattutto quelle dal sapore intenso che stimolano l’infiammazione delle pareti venose, come peperoncino rosso, paprica, pepe nero, senape);
  • Condimenti grassi come burro;
  • Zucchero bianco;
  • Alcol;
  • Sale e cibi troppo salati;
  • Pesci “salati” o affumicati (acciughe, aringhe) poiché favoriscono la ritenzione idrica, gonfiore e dilatazione delle vene;
  • Insaccati, carni rosse, latte intero, frutti di mare (poiché ricchi di colesterolo LDL);
  • Dolci industriali;
  • Fritture.