Il fluoro fa bene ai denti e alle ossa. Ma sempre più spesso i claim pubblicitari – dai dentifrici ai colluttori passando per gli integratori – spingono per un’addizione di questo oligoelemento essenziale. Vediamo dove si trova e come una dieta equilibrata e l’assunzione di acqua possono bastare per una giusta assunzione
Denti fino a cinque volte più bianchi e più resistenti, grazie al fluoro e al dentifricio sbiancante. Un miracolo, insomma. Quante volte abbiamo letto e ascoltato claim pubblicitari come questi? La réclame è l’anima del commercio, ma la realtà è che il fluoro è un oligoelemento già presente nel nostro organismo, che possiamo rafforzare e rendere più efficace, per la salute orale e delle ossa, adottando anche una sana ed equilibrata alimentazione, senza rinunciare all’igiene orale e al giusto apporto di questa sostanza tramite la pasta dentifricia e un buon collutorio.
Dove si trova il fluoro?
Gli esperti dell’Irccs Humanitas confermano che si tratta di un elemento presente in piccole quantità in quasi tutti i tessuti dell’organismo. I livelli più elevati si trovano nello scheletro e nei denti. Terminologia di radice latina “fluere”, che significa “flusso”, “fluire”, dal quale trae origine l’elemento chimico acido fluoridrico. Questa sostanza chimica l’abbiamo conosciuta tra i banchi di scuola perché è catalogata nella famosa tavola periodica, indicata con numero atomico 9 e simbolo F. È il primo elemento del gruppo 17 del sistema periodico, facente parte del blocco p. Inoltre, appartiene al gruppo degli alogeni ed è l’elemento più elettronegativo della tavola periodica. Dunque è in grado di ossidare l’ossigeno.
La parola, come arrivata ai giorni nostri, è stata coniata nel 1812 da due fisici, André-Marie Ampère e Sir Humphry Davy, rispettivamente francese e britannico. È a quell’epoca che, prima di rendere “miracolosi” i dentifrici, la fluorite si cominciava a utilizzare come agente fondente in campo industriale. Mentre i sali di fluoro si chiamano fluoruri.
Gli alimenti che contengono fluoro
Le principali fonti alimentari di fluoro sono:
- Pesce;
- Frutti di mare;
- Latte;
- Formaggio;
- Carne;
- Tè;
- Acqua potabile;
- Acqua fluorizzata;
- Verdure (Il livello di questo elemento negli alimenti di origine vegetale varia molto a seconda delle caratteristiche del terreno su cui sono stati coltivati e dell’eventuale uso di fertilizzanti).
Come assumere il fluoro
Per trarre i massimi benefici da questo oligoelemento possiamo puntare sulla dieta equilibrata.
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- Bere acqua fluorata per prevenire la carie
Il consumo di acqua fluorata aiuta nella prevenzione della carie dentaria. Le acque minerali definite per legge come “acque fluorate” hanno un valore di 1 mg per litro di ioni fluoro e rappresentano una categoria ben precisa.
- Il fluoro nel dentifricio
In questo caso può essere assunto per applicato sui denti con dentifricio e collutorio fluorizzati. Una corretta igiene orale è fondamentale non solo per la prevenzione della carie ma anche per i processi di rimineralizzazione che avvengono in modo naturale nella bocca. La pasta dentifricia ci dona fino a circa 5 milligrammi al giorno durante il suo uso. È quindi importante, ma non sufficiente. Per questo occorre bere acqua e integrarlo attraverso la dieta. Ricordiamo inoltre che i dentifrici per bambini fino all’età di 6 anni quindi, non devono contenere una concentrazione di fluoro superiore ai 500-600 ppm.
- Il fluoro nella dieta
Il professor Alberto Ritieni, docente di Chimica degli alimenti alla Federico II di Napoli, osserva che questo ione è fra i più “timidi e riservati” degli oligoelementi, per cui ne è presente poco nelle acque, nei vegetali o nelle fonti animali. Nel caso delle uova ne troviamo circa 30 ug per etto mentre i frutti di mare ne forniscono circa 150 ug per etto e nel pesce in media ne ritroviamo 300 ug per etto. Gli alimenti più ricchi di fluoro sono però l’uva secca con 230 ug per etto oppure il semplice tè con circa 370 ug per etto.
Le acque restano una delle fonti principali di fluoro e in Italia mediamente troviamo circa 200 ug per litro anche se aree come Palermo, Cagliari o Roma ne contengono addirittura fino a 4.000 ug per litro. Basta un quarto di questi 4.000 ug per ricevere i benefici del fluoro mentre usare acque con valori ancora maggiori può provocare dei danni.
A cosa serve il fluoro
Gli effetti sulla salute umana sono importanti. Questo oligoelemento, presente nell’organismo e assunto anche attraverso acqua e cibi, è in grado di fortificare le ossa favorendo il deposito del calcio al loro interno e promuove il buono sviluppo dei denti. Inoltre riduce il rischio di danni allo smalto dei denti contrastando l’acidità nel cavo orale. Infatti, una sua carenza può aumentare l’incidenza di problemi ai denti, ad esempio la carie.
Il fluoro è raccomandato ai bambini
Gli esperti nutrizionisti ne sottolineano l’importanza per lo sviluppo dei denti, tuttavia per trarre benefici dalla sua azione deve essere assunto a partire dalla nascita. Per questo il ministero della Salute ne raccomanda la somministrazione ai bambini almeno fino a 6 anni che vivono in aree in cui l’acqua contiene quantitativi di fluoro inferiori a 0,6 ppm (parti per milione). È però importante non esagerare per evitare intossicazioni e fluorosi dentale. Il rischio di tossicità aumenta con un’assunzione giornaliera di 5 milligrammi per ogni chilogrammo di peso corporeo.
L’applicazione di fluoro ai denti (vernice al fluoro) può essere utile per ridurre la carie nella prima infanzia in aree del mondo in cui dentifricio al fluoro o fluorizzazione non sono immediatamente disponibili.
Quanto fluoro serve al nostro organismo?
Il fabbisogno giornaliero varia a seconda dell’età:
- Nei bambini fino a 6 mesi di vita è di 0,1-0,5 mg al giorno;
- Da 6 mesi a 1 anno di 0,2-1 mg al giorno;
- Tra 1 e 3 anni da 0,5 a 1,5 mg al giorno;
- Tra 4 e 6 anni da 1,0 a 2,5 mg al giorno;
- A partire dai 7 anni da 1,5 a 2,5 mg al giorno;
- Agli adulti si consigliano da 1,5 a 4,0 milligrammi di fluoro al giorno.
Troppo fluoro fa male?
Un eccesso può interferire con l’attività di diversi enzimi, alterare il metabolismo delle vitamine e compromettere il buon funzionamento del sistema nervoso centrale, di reni e surreni, del fegato, del cuore e degli organi riproduttivi.
Inoltre, può causare un ritardo nella crescita e portare a osteosclerosi o a calcificazione delle articolazioni e dei tendini. Può portare a fluorosi dentale, una situazione in cui i denti appaiono opachi e macchiati.
Dosi molto elevate possono causare la marmorizzazione dei denti, con scolorimento dello smalto, pirosi e dolori ai piedi e alle caviglie. L’assunzione di dosi eccessive può portare anche a fluorosi scheletrica, un indurimento anomalo delle ossa associato a dolori e rigidità delle articolazioni, debolezza, danni al sistema nervoso e paralisi.
La fluorosi è molto improbabile
Il professor Ritieni, nella rubrica Miti Alimentari de il Salvagente, cita alcuni studi rassicuranti circa l’integrazione di fluoro anche in maniera elevata: questa pratica non si associa a forme tumorali. Le patologie collegate al troppo fluoro sono visibili nei bambini con delle chiazze scure sui denti, ma il paradosso del fluoro è proprio che il troppo “stroppia”, per cui se si ingeriscono in modo continuo anche solo 20 mg al giorno di fluoro con cibi e acque nel corso degli anni, si alterano i processi di calcificazione delle ossa, il metabolismo renale etc. perché il troppo fluoro interferisce con le fosfatasi andandole in parte a disattivare. La pericolosità è comunque relativa e ne occorrono almeno 5 grammi per provocare danni anche mortali di un adulto di 70 kg, la qualcosa è ragionevolmente improbabile.
I rischi di una carenza di fluoro
La carenza di fluoro può determinare carie dentale e, in alcuni casi anche osteoporosi. L’assunzione di adeguate quantità di fluoro contribuisce a proteggere i denti e a rinforzare le ossa. L’aggiunta di fluoro (detta fluorazione) all’acqua potabile, che mediamente ne è povera, o l’utilizzo di dentifricio e integratori al fluoro, possono ridurre significativamente il rischio di carie dentale.
La fluorizzazione dell’acqua
Abbiamo visto come l’acqua minerale fluorata (così come definita dalla legge) possa aiutare nella prevenzione delle carie. Il processo di aggiunta di fluoro nell’acqua si chiama “fluorizzazione”. Si tratta di una pratica che consiste nell’aggiungere o sottrarre dall’acqua ioni fluoro al fine di mantenere una concentrazione di oligoelementi tale da diminuire l’incidenza di malattie dentarie nella popolazione. Questo processo è stato avviato in diversi paesi del mondo, ed è molto diffuso nel Nord America e in Australia. Secondo le ultime stime il 66% dei rifornimenti idrici statunitensi contiene acqua fluorurata.
L’Istituto superiore di sanità (Iss) monitora questa possibilità artificiale che, tuttavia, in Italia non è mai stata messa in atto. Nel nostro paese non ci sono leggi nazionali in materia ma solo un decreto legislativo del 2 febbraio 2001, numero 31, che recepisce la direttiva dell’Unione Europea 98/83/CE. Il decreto stabilisce in 1,5 mg per litro la concentrazione massima di fluoro nelle acque potabili, conformemente a quanto indicato nella direttiva.
In Italia non si è mai fatto ricorso alla fluorizzazione perché, precisano gli esperti dell’epicentro Iss “le acque italiane sono in genere sufficientemente ricche in fluoro, tanto da non rendere consigliabile un’addizione farmacologica o nelle acque potabili”.
Le acque potabili con più fluoro in Italia
Stando ai dati Iss, si stima che la media nazionale di fluoro nelle acque sia di circa 1 mg/l. Ciò forse spiega la carenza di provvedimenti e normative riguardanti l’addizione artificiale di fluoro nelle acque potabili. Vi sono però differenze locali, talvolta sensibili. Alcuni scostamenti rispetto alla media tendono verso l’eccesso. Per esempio nella zona dei Castelli Romani le acque sono particolarmente ricche di fluoro, tanto da determinare casi di fluorosi.
Inoltre, in Italia vi è un largo consumo di acque minerali imbottigliate. Secondo l’Istituto nazionale di statistica (Istat) il 46,5% degli italiani non beve acqua di rubinetto. Il ricorso ad acque minerali imbottigliate è particolarmente comune da parte dei genitori che la usano per i loro bambini. Considerando la buona qualità delle acque erogate dagli acquedotti locali, la pratica è, per la maggior parte del territorio italiano, almeno parzialmente ingiustificata. Il consumo di acque minerali imbottigliate medio di 155 l/persona/anno rende il consumo italiano superiore a qualunque altra nazione europea.
Non solo alimenti e dentifrici: il fluoro si trova anche negli oggetti
In chimica organica il fluoro viene spesso legato al carbonio. Una combinazione che a partire dagli anni 60 ha generato molti prodotti dell’uso quotidiano commercializzati e presenti ancora oggi sul mercato.
Lo ritroviamo nei seguenti materiali:
- Plastiche a basso attrito come il PTFE (Sostanza altamente cancerogena se utilizzata nel lungo periodo e che ritroviamo nelle padelle in teflon);
- Manufatti polimerici non infiammabili ad alta resistività (ad esempio per le guaine dei cavi elettrici);
- Quindi nei materiali prodotti dall’industria dei semiconduttori;
- Come additivo in paraffine e scioline nello sci in condizioni di alta umidità;
- Plastiche trasparenti ad alto indice di rifrazione per le fibre ottiche polimeriche;
- Lubrificanti per condizioni estreme (Sono stati utilizzati usati per lubrificare la sonda Mars Pathfinder);
- Liquidi refrigeranti come il freon (Questi idrofluoroclorocarburi sono usati massicciamente negli impianti di aria condizionata e nella refrigerazione. I clorofluorocarburi sono stati vietati per queste applicazioni perché sospettati di contribuire alla formazione del buco dell’ozono. Entrambe queste classi di composti sono potenti gas a effetto serra. Il fluoro viene usato per produrre nuovi refrigeranti a basso impatto ambientale quali gli idrofluoroeteri);
- Il fluoro è spesso un sostituto dell’idrogeno nei composti organici. Nei medicinali moltiplica l’efficacia terapeutica e contemporaneamente ritarda la metabolizzazione del principio attivo. Si stima che circa il 20% dei prodotti farmaceutici attualmente in commercio contenga uno o più atomi di fluoro;
- Sostanze anestetiche insieme agli altri alogeni;
- L’acido fluoridrico (HF) è usato per incidere il vetro delle lampadine e di altri prodotti;
- Nelle membrane delle fuel cell e nelle celle a membrana per la produzione di cloro;
- Nelle batterie Li-Ion (Chiamate anche accumulatori agli ioni di litio, che sono un tipo di batteria ricaricabile, comunemente utilizzata per l’elettronica portatile, per i veicoli elettrici, in applicazioni industriali, militari e aerospaziali);
- Nelle batterie Li-Poly di palmari, computer e console portatili.