Secondo il Consiglio di Stato francese, i venditori di cannabis con thc basso sono autorizzati a offrire foglie e fiori grezzi nei loro negozi. Intanto, in Italia, Luca Marola, che ha inventato il mercato della cannabis light italiano, finisce sotto processo, accusato di essere alla stregua di uno “spacciatore di strada”
Secondo il Consiglio di Stato francese i fiori e le foglie di cannabis possono essere venduti come altri prodotti a base di Cbd, il principio attivo della pianta che, al contrario del Thc, non è considerato stupefacente. Oltralpe viene risolto così un problema che rischiava di bloccare il fiorente settore della vendita della cannabis light. Il governo francese, il 31 dicembre 2021, aveva vietato la vendita di fiori e foglie di cannabis a basso contenuto di thc in forma grezza. Solo i prodotti trasformati sono rimasti legali. Un mese dopo, l’organo amministrativo ha sospeso l’applicazione di tale testo in attesa del parere definitivo.
“Divieto sproporzionato”
Come riporta Que Choisir, quasi un anno dopo la pubblicazione del decreto in questione, il Consiglio di Stato concorda con i sindacati di settore, giudicando il divieto “sproporzionato”. La concentrazione dei prodotti Thc e Cbd è ritenuta facile da controllare, e a un costo inferiore, rendendo dunque la vendita di foglie e fiori grezzi non un ostacolo alla politica di lotta agli stupefacenti. Il Consiglio di Stato ricorda però che se vengono fumate, queste foglie e fiori comportano un rischio cancerogeno allo stesso modo di altre piante, compreso il tabacco.
In Italia, è iniziato il processo a Luca Marola
Nel frattempo, in Italia, Luca Marola, fondatore di EasyJoint, che ha inventato il mercato della cannabis light italiano, finisce sotto processo, accusato di essere alla stregua di uno “spacciatore di strada”. Il processo, iniziato a Parma lo scorso novembre, è il primo che arriva in dibattimento in Italia, e ha una portata storica. “Nel 2017 siamo stati i primi a utilizzare i limiti dello 0,2% di Thc per la coltivazione di canapa industriale anche per la vendita dei nostri prodotti – spiega al Salvagente Luca Marola – oltretutto, una direttiva europea di due anni fa ha innalzato quel limiti a 0,3% per quanto riguarda le piantagioni di cannabis che hanno diritto a finanziamenti in campo agricolo”.
Equiparato a uno spacciatore
E nonostante le infiorescenze vendute da EasyJoint rientrassero pienamente in quei limiti, Marola ha incontrato sulla sua strada Alfonso D’Avino. “Il procuratore capo di Parma – spiega Marola – durante l’udienza preliminare ha detto sostanzialmente che non c’è differenza tra la mia attività e quella di uno spacciatore di strada. Questo nasce dall’impostazione dell’accusa, secondo cui la cannabis che vendevamo sarebbe droga a prescindere dalla quantità di Thc percentuale contenuta in essa. Dunque, mi è stato contestato una presenza cumulativa del principio attivo presente in tutti i 650 chili che sono stati sequestrati all’attività”. Un po’ come se per giudicare la tossicità di una mela non si controllasse se i residui di prodotti a rischio per singolo frutto rientrano nei limiti di legge, ma si sommassero tutti i residui dell’intero raccolto.
L’attivismo visto come “macchina del consenso”
Come se non bastasse, secondo la procura, “Marola è la macchina del consenso sulla cannabis light, capace di propagare l’equivoco sulla liceità di un prodotto che lecito certamente non è; capace di influenzare l’opinione pubblica, i media, la politica, le istituzioni e la magistratura associata“. Ma, secondo lo stesso Marola, “abbiamo, insieme ai rappresentanti del settore e alle associazioni agricole della canapa, chiesto sempre apertamente al parlamento italiano di legiferare. Non c’è nulla di strano. E pensare che negli Stati Uniti, dove la legalizzazione della cannabis è molto avanti, si discute già di come rendere le piantagioni meno pesanti dal punto di vista dell’impatto ambientale. Un dibattito che da noi, fermi a questi processi, sembra fantascienza”.
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Tutti in attesa
Così, in attesa dell’esito del processo di Parma, le procure di tutta Italia temporeggiano, gli altri cannabis light shop hanno ripreso a lavorare. Solo Luca Marola, che si sente il capro espiatorio designato per colpire un intero settore, si è dovuto fermare.