Nella certificazione “Qualità sostenibile”, promossa dalle Politiche agricole per i cibi da lotta integrata, è ammesso l’acetamiprid, uno dei neonicotinoidi accusati della moria delle api. Quelle che pure compaiono nell’accattivante simbolo grafico…
Chissà se l’ape stilizzata nel logo riuscirebbe a sopravvivere all’acetamiprid, un principio attivo della famiglia dei neonicotinoidi, i pesticidi killer delle api stesse. Questa sostanza è ammessa infatti dalla certificazione volontaria “Sqnpi – Qualità sostenibile” voluta e gestita dal ministero delle Politiche agricole per valorizzare chi sceglie l’agricoltura a lotta integrata.
Il marchio con l’apetta ronzante dentro è ancora poco diffuso sulle confezioni anche se il numero delle aziende aderenti è decisamente in aumento: oltre 17mila a fine 2020, principalmente attive nel settore dei seminativi (cereali e ortaggi), della vite e dell’olivo.
Qualità sostenibile: per chi?
Concepito nel 2014 e diventato ufficialmente operativo nel gennaio 2016, il logo “Qualità sostenibile” può essere usato dopo l’accreditamento sul portale della Rete Rurale Nazionale del ministero delle Politiche agricole e dopo aver aderito ai disciplinari per la lotta integrata della regione di appartenenza, diretta emanazione delle Linee guida nazionali. È proprio qui che scopriamo che tra le sostanze ammesse, oltre al glifosato, c’è l’acetamiprid. Lo stesso ministero ci ha confermato che questo neonicotinoide è consentito all’interno della certificazione Sqpni.
Appartengono alla famiglia dei neonicotinoidi potenti insetticidi di cui è stata provata la nocività per le api da parte dell’Efsa, l’Autorità per la sicurezza alimentare europea. Nel febbraio 2018 l’Authority disponeva: “La maggior parte dei modi in cui i pesticidi neonicotinoidi vengono usati rappresenta un rischio per le api selvatiche e quelle mellifere. L’Autorità ha aggiornato le proprie valutazioni del rischio relative a tre neonicotinoidi – clothianidin, imidacloprid e thiamethoxam – che sono attualmente soggetti a restrizioni nella Ue a causa della minaccia che rappresentano per le api”. Qualche mese dopo, a settembre, la Francia decise di estendere il divieto all’utilizzo anche all’acetamiprid. Anche alcuni comuni italiani – il primo è stato nel 2019 Maruggio in provincia di Taranto – hanno emesso ordinanze per mettere al bando sul proprio territorio l’utilizzo dell’acetamiprid proprio per salvaguardare i laboriosi insetti.
Da anni batte il tasto anche Greenpeace che chiede il divieto assoluto per tutta la famiglia dei neonicotinoidi. Federica Ferrario, responsabile campagna Agricoltura dell’associazione eco-pacifista: “Le prove sono schiaccianti. I neonicotinoidi mettono gravemente a rischio le api, le coltivazioni e le piante che da esse vengono impollinate. L’Italia e gli altri paesi europei devono smetterla di tergiversare e sostenere pienamente il bando permanente dei neonicotinoidi proposto dall’Ue. Sarebbe un primo passo concreto per prevenire il catastrofico collasso delle popolazioni di api”.
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Fondi pubblici per chi sparge veleni
Una posizione molto netta contro l’utilizzo dell’acetamiprid l’ha espressa anche Isde-Medici per l’ambiente: “Parliamo di una sostanza rinvenuta più frequentemente in Italia in concomitanza con fenomeni di morie o spopolamenti di alveari ed è altamente tossica per altri insetti utili quali lepidotteri e odonati. Inoltre, l’acetamiprid è tossico per i lombrichi e riduce le attività respiratorie dei microrganismi del suolo, contribuendo ad alterare ulteriormente le già degradate condizioni pedologiche del territorio, probabili concause dell’indebolimento immunitario degli olivi salentini”. La Puglia ammette nel proprio disciplinare per la lotta integrata nell’olivo l’acetamiprid e tra l’altro prevede per Piani di sviluppo rurale, un incentivo all’olivocoltura a lotta integrata molto più generoso 426,8 euro/ettaro, rispetto a quello per il biologico (377 euro).
Le evidenze sulla nocività dell’insetticida non mancano. Nel gennaio 2022 l’Efsa è tornata sulla questione dell’acetamiprid non escludendo gli effetti tossici sulle api ma soprattutto l’azione interferente endocrina sull’uomo e chiedendo ulteriori valutazioni: “A causa della mancanza di un’adeguata valutazione dell’attuale set di dati, il gruppo di esperti scientifici (dell’Authority, ndr) raccomanda di condurre una valutazione delle proprietà di interferente endocrino per l’acetamiprid”.
“Per quanto riguarda l’ambiente – prosegue il documento – non sono state trovate prove conclusive e solide di rischi maggiori rispetto alla valutazione precedente per uccelli, organismi acquatici, api e organismi del suolo. Tuttavia, il potenziale dell’elevata sensibilità interspecie di uccelli e api nei confronti dell’acetamiprid richiede ulteriori considerazioni”.
Di fronte a queste preoccupazioni scientifiche, forse il nuovo ministro dell’Agricoltura e della sovranità alimentare e forestale, Francesco Lollobrigida dovrebbe considerare, in virtù del principio di precauzione, di vietare l’uso di questo insetticida nella “Qualità sostenibile” certificata proprio dal suo dicastero. E magari nel logo potrebbe vivere sonni relativamente più tranquilli la simpatica apetta.
Un bollino che si squalifica da solo
“Non capisco come si possa concepire un marchio di sostenibilità scegliendo un’ape come testimonial per poi concederlo a prodotti ottenuti con pesticidi classificati come ‘molto tossici per gli organismi acquatici con effetti di lunga durata’ e che sono individuati regolarmente nelle acque superficiali e delle falde profonde, spesso superando i limiti stabiliti a livello europeo e nazionale, per non dire di quelli più frequentemente rilevati in Italia in concomitanza a fenomeni di morie o spopolamenti di alveari”.
Roberto Pinton, esperto in normativa agroalimentare, non risparmia critiche alla certificazione volontaria Sqnpi, il Sistema di qualità di produzione integrata. “Non va meglio per il vino: nell’attesa che entro il 2023 si definisca lo standard nazionale, l’ex ministro Patuanelli ha accettato che i diversi disciplinari sin qui adottati dalle aziende consentano di fregiarsi del bollino ‘Vino sostenibile’: in altre parole, in attesa di stabilire le sue regole, lo Stato ha deciso di prendere per buone le schede colturali regionali, regalando alle cantine un bel gancio di marketing. Non ha senso: Veneto ed Emilia-Romagna ammettono il glifosato, che invece Calabria e Toscana vietano, non c’è uniformità”.