Quali malattie sono trasmesse dalle zecche e come proteggersi

zecche

Con le loro circa 900 specie, le zecche sono artropodi di cui è nota la pericolosità, tanto per l’animale quanto per l’uomo. Ma quali malattie possono trasmettere e cosa è possibile fare per proteggersi?

Le zecche, appartenenti alla classe degli aracnidi (la stessa di ragni, acari e scorpioni) non sono altro che parassiti esterni, di dimensioni variabili da qualche millimetro a 1 cm. Il loro apparato boccale (rostro) è in grado di penetrare la cute e succhiare il sangue degli ospiti eletti: solitamente, non si tratta di organismi particolarmente selettivi. Le zecche, di fatto, possono parassitare molte specie: dai cani ai cervi, dagli scoiattoli all’uomo. Tra le specie note, in Europa sono presenti la famiglia degli ixodidi, o “zecche dure” per la presenza di uno scudo dorsale coriaceo e quella degli argasidi o “zecche molli”, senza scudo. In Italia sono note 36 specie di zecche raggruppate in 7 generi. Le specie più diffuse e rilevanti da un punto di vista sanitario, sia in Italia che in Europa, sono ixodes ricinus (la zecca dei boschi), rhipicephalus sanguineus (la zecca del cane), hyalomma marginatum e dermacentor reticulatus.

Ciclo, habitat e scelta dell’ospite

Il ciclo biologico delle zecche – che può compiersi su uno o più ospiti differenti – comprende i quattro stadi di uovo, larva, ninfa e adulto. Nel periodo successivo alla schiusa delle uova, il passaggio da uno stadio al successivo prevede un pasto di sangue senza il quale, tra l’altro, per le femmine non è possibile completare la maturazione delle uova. L’attività delle zecche è intimamente connessa ai valori di temperatura e umidità e, sebbene ci siano alcune eccezioni, in generale si concentra nei mesi caldi.

L’habitat preferito delle zecche è rappresentato da luoghi ricchi di vegetazione erbosa e arbustiva; a seconda delle regioni in cui proliferano maggiormente, si suole distinguere tra “zecche dei boschi”, che operano con clima fresco e umido e “zecche del cane”, maggiormente operative nelle zone a clima caldo e asciutto o dove la vegetazione è più rada. La presenza delle zecche, in ogni caso, dipende essenzialmente dalla presenza di ospiti da parassitare sul territorio. Per questo, luoghi come stalle, ricoveri di animali e pascoli sono tra i loro ambienti preferiti.

Una volta individuato l’ospite, le zecche vi si insediano conficcando il rostro nella pelle e cominciando a succhiarne il sangue. Generalmente rimangono attaccate all’ospite per un periodo che varia tra i 2 e i 7 giorni, per poi lasciarsi cadere spontaneamente.

Le malattie più rilevanti dal punto di vista epidemiologico

Le patologie infettive veicolate da zecche che presentano rilevanza epidemiologica nel nostro paese sono principalmente:

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  • l’encefalite da zecca o Tbe: l’agente patogeno è un virus della famiglia flaviviridae che infetta un gran numero di animali, uomo compreso, e può provocare una malattia a interessamento neurologico molto grave (soprattutto nel cane), in genere a presentazione acuta, carattere progressivo ed esito mortale. I sintomi più comuni nel cane sono febbre alta, convulsioni, deficit neurologici multipli e paresi. Non tutti i soggetti infettati sviluppano l’encefalite e molti possono restare del tutto asintomatici, ma quando la malattia si manifesta è particolarmente grave e non esiste un trattamento eziologico in grado di combatterla efficacemente.
  • la malattia di Lyme (questa forma, insieme alla precedente, è trasmessa principalmente dalla zecca dei boschi): nota anche come borreliosi, è indotta da un gruppo di batteri denominati borrelia burgdorferi, in grado di colpire diversi organi, tra cui la pelle, le articolazioni, il sistema nervoso e, molto raramente, il cuore. Se non riconosciuta e trattata tempestivamente, può causare danni permanenti.
  • la piroplasmosi: causata un protozoo del genere babesia, colpisce principalmente il cane. Il passaggio delle babesie dalla zecca al cane avviene dopo circa 36-48 ore ed il periodo di incubazione è variabile, da qualche giorno a 3 settimane. Una volta penetrata, la babesia si moltiplica nei globuli rossi determinandone la rottura e provocando così una sindrome caratterizzata da febbre e abbattimento, anemia, ittero e possibili complicazioni a carico di apparato renale, digerente e sistema nervoso.
  • la febbre ricorrente da zecche: nota anche come “borreliosi ricorrente”, poiché trasmessa da specie diverse di Borrelie, è caratterizzata da periodi di febbre, con sintomi di tipo influenzale, della durata di 2-9 giorni, che si alternano a periodi di apiressia di 2-4 giorni. Il periodo delle ricadute varia generalmente da 1 a 10 giorni, ma può anche essere più lungo.
  • la tularemia: conosciuta anche come febbre dei conigli, è una zoonosi batterica trasmessa all’uomo da roditori e lagomorfi (conigli e lepri) attraverso la puntura di parassiti quali zecche e zanzare.
  • la meningoencefalite da zecche: nota anche come meningoencefalite primaverile-estiva, consiste in un’infiammazione del sistema nervoso centrale. Il suo decorso tipico è caratterizzato da due fasi distinte:
  1. una prima fase con sintomi simili a quelli dell’influenza
  2. una seconda fase, contraddistinta da disturbi neurologici (quali cefalee, fotofobia, vertigini e disturbi della concentrazione e della deambulazione, che possono persistere per settimane o mesi).

Nell’1% circa dei casi con sintomi neurologici la malattia causa il decesso.

  • l’ehrlichiosi: si tratta di una malattia batterica causata da diverse specie di batteri intracellulari che può colpire sia il cane che il gatto, oltre che l’uomo. La trasmissione avviene dopo 24-48 ore ed il periodo di incubazione è di 1-2 settimane. Si presenta con una prima fase acuta con sintomi eterogenei, più o meno appariscenti; segue una fase subclinica in cui non si hanno più sintomi clinici evidenti ma la malattia sta progredendo verso la fase cronica,in cui è possibile sviluppare quadri clinici molto seri e potenzialmente mortali.
  • l’epatozoonosi: si tratta di una malattia trasmessa dalle zecche che può colpire sia il cane che il gatto. L’agente patogeno è hepatozoon, un protozoo che viene “assunto” dall’animale per ingestione della zecca oppure, soprattutto il gatto, per ingestione di piccole prede che avevano a loro volta mangiato una zecca portatrice di Hepatozoon. L’infezione può essere asintomatica (passando quindi del tutto inosservata) oppure essere caratterizzata da sintomi più o meno importanti, a seconda del numero di parassiti che entrano nell’animale. Tali sintomi comprendono febbre, dimagrimento, stanchezza, anoressia, anemia e dolori muscolari.

Come prevenire una puntura di zecca?

Esistono alcune precauzioni per ridurre significativamente la probabilità per l’uomo di venire a contatto con le zecche, o almeno per individuarle rapidamente, prima che possano trasmettere una malattia. In generale, è consigliato, durante un’escursione:

  • indossare abiti chiari, coprire le estremità (specie le inferiori) con calze chiare, utilizzare pantaloni lunghi;
  • non addentrarsi in zone in cui l’erba è alta;
  • effettuare un esame visivo e tattile della propria pelle, dei propri indumenti e rimuovere le zecche eventualmente presenti. Le zecche tendono a localizzarsi preferibilmente sulla testa, sul collo, dietro le ginocchia e sui fianchi;
  • trattare sempre gli animali domestici (specialmente i cani) con appositi prodotti contro le zecche, soprattutto a ridosso di una escursione. Di fatto, in commercio, esistono diversi repellenti che scoraggiano gli attacchi di zecche (ad esempio, quelli a base di N-dietiltoluamide).

Ai soggetti esposti al rischio di morso di zecche in aree endemiche è ovviamente consigliata la vaccinazione, che consiste in tre dosi da somministrare ad un intervallo di 1-3 mesi tra le prime due e 9-12 mesi tra la seconda e la terza dose. La protezione conferita dal ciclo vaccinale è di circa tre anni. È disponibile la formulazione pediatrica, indicata nei bambini di età compresa tra 1 e 15 anni. Per ottenere la protezione immunitaria prima dell’inizio dell’attività stagionale delle zecche, che avviene in primavera, la prima e la seconda dose devono essere somministrate nei mesi invernali.

Come rimuovere una zecca

Se individuate sulla pelle, le zecche vanno prontamente rimosse perché la probabilità di contrarre un’infezione è direttamente proporzionale alla durata della permanenza del parassita sull’ospite. In genere, dopo alcune ore dal pasto, la zecca sarà pronta per inoculare nel sangue dell’ospite eventuali patogeni. Al fine di rimuovere il parassita è vietato utilizzare alcol, benzina, acetone, ammoniaca, fiammiferi o oggetti roventi, o tentare un’estrazione a mani nude. Dovrebbe, invece, essere afferrata con una pinzetta a punte sottili, il più possibile vicino alla superficie della pelle, e rimossa con un leggero movimento rotatorio. Durante l’estrazione si deve prestare la massima attenzione a non schiacciare il corpo del parassita, poiché questo potrebbe causarne il rigurgito (e la successiva inoculazione di agenti patogeni). Nonostante le accortezze,  è possibile che il rostro rimanga all’interno della cute: in questo caso deve essere estratto con un ago sterile o con pinzette a punte sottili adeguatamente sterilizzate. Dopo la rimozione della zecca, è necessario disinfettare la zona, evitando l’utilizzo di disinfettanti che colorano la cute, come la tintura di iodio. Questo potrà essere utile nel caso in cui si manifestino eventuali sintomi, come arrossamento della zona interessata, febbre, ingrossamento dei linfonodi o dolore alle articolazioni, in presenza dei quali si dovrebbe subito consultare un medico.