Shrinkflation e cheapflation, come le aziende ci fanno pagare di più a nostra insaputa

shrinkflation

Il mensile francese Quechoisir ha analizzato le nuove tendenze delle grandi aziende (alimentari e non) per risentire meno dell’aumento dei costi di produzione. Dalla shrinkflation (meno prodotto ma stessa confezione) alla cheapflation (sostituzione degli ingredienti con altri di qualità inferiore), tutti i rimedi anti-crisi (per le aziende)

Le grandi aziende, alimentari e non, sono ogni giorno alle prese con gli aumenti dei costi di produzione. Allo stesso tempo, la preoccupazione principale è come far pagare ai consumatori questi costi senza che questi ultimi orientino le loro scelte di consumo verso altri marchi. Un dilemma non da poco. La soluzione è in una serie di pratiche dai nomi inglesi che nascondono la stessa realtà: come far pagare di più ai consumatori a loro insaputa. QueChoisir non è certamente il primo mensile a denunciare shrinkflation o di cheapflation: è da anni che le associazioni dei consumatori anche nel nostro paese segnalano la tendenza delle aziende a ridimensionare la quantità delle confezioni mantenendo intatto il prezzo (shrinkflation). Oppure di sostituire gli ingredienti delle ricette con altri di minore qualità (cheapflation): escamotage di cui può accorgersi solo un consumatore attento (e dotato di grande memoria). Tra i marchi noti che sono caduti in questa tentazione ci sono Bistefani, Yakult e Findus

Pratiche che restano marginali

“Sebbene queste pratiche discutibili esistano da molto tempo, rimangono marginali, anche in questo periodo di inflazione” ci tengono a sottolineare i nostri colleghi francesi che a sostegno della loro tesi portano i dati di un loro report secondo cui su 110 mila prodotti nazionali il ridimensionamento riguarderebbe in realtà solo poche decine di referenze. Tra questi pochi prodotti c’è la confezione di Fanta il cui volume è sceso da 1,5 a 1,25 l (un calo del 17%) anno su anno, mentre il prezzo al litro è aumentato del 19%. Oppure i Doritos Sweet Chili Pepper che sono “dimagriti” di 20 g (ovvero – 8%) per scendere a 230 g, mentre il loro prezzo si arrotonda del 33%.

Se nella maggior parte dei casi, dei costi a litro o a kg non sono giustificati da nessuna modifica qualitativa o etica, in altri  casi c’è stato un miglioramento nel packaging a giustificare la discreta riduzione della quantità di prodotto: come il gel doccia Sanex che ha optato per un imballaggio 100% riciclato.