L’escherichia coli è un batterio indice di contaminazione fecale. Lo stesso che ha prodotto questa estate il divieto di balneazione in Emilia Romagna e, questa volta per la presenza negli alimenti, almeno un decesso in Italia. Vediamo di conoscerla meglio e capire come evitare le infezioni
La recente morte del giovane Paolo Rizzoli, di soli 18 anni, deceduto dopo una vacanza in Salento e tre giorni di ricovero, ha riaperto il dibattito sulla pericolosità dell’escherichia coli. Gli inquirenti indagano ancora per capire cosa abbia scatenato l’infezione, pare di origine alimentare. In attesa dei riscontri, senza dubbio l’escherichia coli è stato il batterio protagonista dell’estate 2022 che ci siamo appena lasciati alle spalle.
Avevamo archiviato luglio con il caso più eclatante di questa estate, segnata da una siccità record. Ben 22 spiagge della riviera romagnola furono chiuse con divieto di balneazione dopo la presenza sospetta rilevata di una carica maggiore del batterio escherichia coli nelle acque. Dopo la rivolta dei sindaci, in particolare del primo cittadino di Rimini, in tempi record i valori sono poi rientrati a seguito delle analisi aggiuntive dei campioni effettuate da Arpae, e furono ritirate le ordinanze di chiusura.
Il problema si è poi ripresentato a settembre, questa volta sulla riva del fiume Marta che sfocia nel Tirreno. Le Autorità hanno rinvenuto escherichia coli e enterococchi intestinali superiori ai limiti, facendo scattare immediatamente il divieto di balneazione.
Questo fenomeno in parte sottovalutato sembra tornare protagonista delle cronache italiane. Proprio in Italia, stando ai numeri del Rapporto Istat Cre, nel 2020 sono stati segnalati 2.225 casi di batteriemie con un tasso di incidenza standardizzato per età (IRst): 3,3 pazienti con escherichia coli su 100.000 residenti.
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Che cos’è l’escherichia coli
Gli esperti del Centro IRCCS Humanitas spiegano che l’escherichia coli (E. coli) è la specie di batterio più nota del genere Escherichia. Costituisce parte integrante del normale microbiota intestinale dell’uomo e di altri animali a sangue caldo. Nonostante la maggior parte dei ceppi di E. coli siano innocui, alcuni ceppi di E. coli sono l’agente eziologico di malattie intestinali di diversa gravità (che possono manifestarsi con dolore addominale, vomito, diarrea con sangue) ed extra-intestinali, come ad esempio infezioni del tratto urinario, peritonite, setticemia, polmonite e meningite.
Quali sono le cause dell’infezione
L’infezione da escherichia coli può provenire da acqua o cibo contaminati, soprattutto da alimenti come frutta e verdura, che vengono spesso consumati crudi, ma anche da latte non pastorizzato e carne non cotta.
Questa infezione può risultare molto pericolosa soprattutto per i bambini piccoli e gli anziani, che possono sviluppare una forma di insufficienza renale pericolosa per la vita chiamata sindrome emolitico uremica. L’escherichia coli è sensibile al calore: la cottura dei cibi permette quindi di neutralizzarlo.
Si può trasmettere anche tramite il contatto da persona a persona, soprattutto quando i soggetti infetti non si lavano correttamente le mani.
I sintomi dell’infezione da escherichia coli
I principali sintomi dell’infezione sono:
- Diarrea, anche con sangue;
- Crampi addominali;
- Nausea e vomito.
Come prevenire l’infezione da escherichia coli?
Nessun farmaco è in grado di proteggere dall’infezione da escherichia coli. Si può però prevenire con i comportamenti sani e corretti da adottare per non incorrere nell’infezione. Per non rischiare una infezione bisogna:
- Evitare cibi “a rischio” come carne non cotta a sufficienza e latte non pastorizzato;
- Lavare accuratamente gli alimenti crudi;
- Lavare gli utensili da cucina con acqua calda e sapone prima e dopo il contatto con prodotti e carne cruda;
- Utilizzare contenitori separati per ogni alimento;
- Lavarsi bene le mani prima di cucinare, dopo essere stati in bagno, dopo aver cambiato pannolini, dopo aver toccato animali o cibi a rischio
I germogli letali
Il cibo crudo può essere pericoloso. Ad esempio, solo nel 2021 in Europa il consumo di germogli di semi mangiati crudi ma contaminati da escherichia coli O104: H4 ha causato 50 vittime, il ricovero di 4.174 persone, 864 delle quali sono state colpite da un’insufficienza renale acuta, una patologia che spesso si può curare solo con la dialisi.
Cosa c’entra il cambiamento climatico?
Le cariche sospette lungo la riviera romagnola hanno alimentato il dubbio su una possibile correlazione tra cambiamento climatico e presenza di escherichia coli. Su Il Salvagente abbiamo seguito con attenzione le vicende della riviera romagnola, rilevando un dato di fatto: l’assenza dei “cavalloni”, ossia quelle belle onde che si creavano nei nostri mari il giorno dopo una mareggiata. Oltre alla mareggiate, sono mancate le piogge. La siccità ha caratterizzato la bella stagione. Le piogge torrenziali successive e i fenomeni estremi hanno complicato la situazione in Italia.
L’Adriatico è arrivato a 31 grandi centigradi, temperatura che non è stata un picco di poche ore, ma una costante per diversi giorni. Le alte temperature favoriscono i patogeni. Il cambiamento climatico e il riscaldamento globale sono due fenomeni che appartengono ad entrambe le categorie, imprevisti e nefasti.
Francesco Apruzzese, responsabile struttura oceanografica Daphne-Arpae, ha spiegato ai nostri taccuini che “l’escherichia coli è un patogeno normalmente presente nell’intestino umano”. Gli esperti lo analizzano perché può essere utile nel segnale la presenza di altri patogeni nel mare. “L’escherichia coli non è di per sé pericoloso, ma se supera un certo livello, che in Italia è fissato a 500 mpn, ovvero numero più probabile di colonie, è bene fermarsi un istante e capire cosa succede”. Da qui si spiega l’azione preventiva messa in campo questa estate con la chiusura immediata delle spiagge attorno a Rimini.
In quei giorni si attendevano le mareggiate affinché ripulissero il mare. Fenomeni che non si sono verificati. “Escherichia coli, ma anche enterococchi (tipici nell’intestino degli animali) si trovano normalmente nell’acqua, ma con una soglia molto inferiore. Di norma aumenta il dato dopo piogge abbondanti, ovvero quando i fiumi apportano acqua e detriti in mare. Il primo patogeno è legato di norma a sversamenti umani, mentre il secondo a quelli animali, per intenderci i residui di concimazioni.
Ma i fiumi non stanno apportando niente al mare, perché sono a secco. Quindi occorre capire il perché di queste condizioni particolari”, spiegava Francesco Apruzzese. “L’ipotesi più verosimile è che le temperature alte del mare per tanti giorni, ideali perché Escherichia coli si propaghi, abbiamo portato a questo stato, che non è dannoso per le persone, ma che va comunque monitorato, segnalato e tenuto sotto controllo. Una pioggia, una corrente forte e una mareggiata fanno in modo il mare di rigeneri da solo”.
In quei giorni il Po a Torino in secca aveva restituito cimeli della guera mondiale.
Il problema depuratori
L’escherichia coli è un batterio GRAM negativo che procura infezioni del tratto urinario e intestinale. La sua presenza può indicarci il livello di cambiamento climatico in atto, ma anche lo stato di inquinamento delle acque. Infatti, una delle cause di presenze dei fecali in mare è dovuta al malfunzionamento dei depuratori pubblici. La principale causa dell’alta diffusione del batterio, che si trova nelle acque del mare, è sicuramente rappresentata da una cattiva gestione dei depuratori, spesso non a norma.
Le sanzioni all’Italia
Ricordiamo che la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha punito l’Italia con una sanzione di 25 milioni di euro proprio per la depurazione. Si tratta di inadempienze che si protraggono da molti anni. Bruxelles aveva stabilito un termine di scadenza affinché l’Italia si mettesse in regola con i depuratori. Questa scadenza corrispondeva al 31 dicembre 2000.
A oggi sono ben 74 le città sparse in varie regioni d’Italia a non rispettare le norme comunitarie sulle acque reflue: mancano le fogne oppure i depuratori non sono a norma. Una ulteriore sanzione è arrivata 10 anni fa, nel 2012, con altro termine entro cui rimettersi a norma, entro l’11 febbraio 2016. Alla sua scadenza l’Italia non si era ancora adeguata e proprio per questo la Commissione europea ha fatto ricorso alla Corte di Giustizia.
Recentemente il presidente di Legambiente Stefano Ciafani ha sollevato nuovamente il problema. “Inquinare, e non impedirlo, è veramente un pessimo affare. Ci rimettono l’ambiente e gli ecosistemi (terrestri, fluviali e marini), la salute umana e ora anche le nostre tasche”. La multa, ha aggiunto Ciafani “è il frutto di tanti anni di gravi inadempienze sulle normative europee, normative che peraltro la stessa Italia ha giustamente contribuito a fissare”.
A che punto siamo sui depuratori
In Sicilia il Tribunale di Siracusa ha disposto a metà giugno il sequestro dell’impianto della Ias (Industria acqua siracusana spa), oltre alle quote e all’intero patrimonio della società che gestisce l’impianto di depurazione dei reflui dell’area industriale siracusana e dei Comuni di Melilli e Priolo. La società è stata commissariata e a gestire l’impianto sarà un amministratore giudiziario. L’accusa è quella di “disastro ambientale aggravato riguardante l’inquinamento atmosferico e marino tutt’ora in corso di consumazione, nonché altri reati connessi alla illegittimità dei titoli autorizzatori ritenuti non conformi a legge, non più efficaci da oltre un decennio e solo parzialmente rispettati”.
Notevoli quantità di sostanze nocive sono state immesse in mare e in atmosfera, causando tossicità e nocività per la salute degli ambienti e degli uomini. Il depuratore potrà continuare a operare solo per i reflui domestici senza più poter consentire l’immissione dei reflui provenienti dalle grandi aziende del polo industriale.
Investimenti che mancano da 60 anni
Utilitalia si mostra molto preoccupata per la situazione in corso. Il direttore generale, Giordano Colarullo, ha affermato che: “la multa decisa dall’Ue all’Italia sulla depurazione ha radici lontane, nella mancanza di investimenti negli ultimi 60 anni”. “Salvo un breve periodo a inizio degli anni ’80 di finanziamenti speciali per il Mezzogiorno, solo oggi grazie all’esistenza di un’Autorità di regolazione, possiamo dire che si sta migliorando. È questa la causa del gap infrastrutturale che oggi ci porta ad essere nuovamente bacchettati dall’UE. Bisogna mettersi in regola, anche perché pagare per avere impianti adeguati è meglio che continuare a ‘regalare’ soldi in sanzioni comunitarie”.
Carullo ha sollevato un’altra questione delicata: “le sanzioni Ue si concentrano in quella parte del Paese, le regioni meridionali, nel quale prevalgono gestioni dirette di Enti Locali anziché di aziende strutturate. E poi bisognerà stare attenti a non passare dalle multe sulla depurazione a quelle sui fanghi”.
Insomma, l’ingeranza pubblica nella gestione dei depuratori cittadini non aiuta e aumenta le inefficienze.
Le richieste europee
Karl Falkenberg, direttore generale per l’ambiente della Commissione europea ricorda che “la direttiva è fondamentale per l’ambiente e il nostro benessere, tuttavia richiede investimenti di rilievo”. La stima dei costi per i nuovi Stati membri è dell’ordine di 35 miliardi di euro.
“La Commissione europea – osserva Falkenberg – sovrintende agli sforzi degli Stati membri nell’attuazione della direttiva. In caso di negligenza da parte di uno Stato membro, la Commissione può procedere legalmente contro di esso per correggere il problema. Gli Stati membri in violazione delle regole rischiano una sanzione. Tale procedura è chiamata “procedura di infrazione”. Si può verificare anche in seguito a denuncia da parte di un cittadino o di organizzazioni non governative (ONG).
In alternativa, la Commissione può decidere di sua iniziativa di avviare un procedimento contro il paese che non rispetta i propri obblighi. Al fine di evitare il verificarsi di questa sconveniente situazione, la Commissione collabora strettamente con le autorità degli Stati membri per assistere e agevolare l’attuazione delle misure necessarie. Le relazioni e le informazioni di interesse pubblico vengono messe a disposizione dei cittadini, agendo così come uno strumento di cambiamento e un incentivo al progresso. La direttiva prevede che gli Stati membri riferiscano sullo stato delle proprie acque reflue e sulle misure adottate”.