Una pianta tanto ricca di leggende, di storie e di significati che non sembra facile capire dove trovi il tempo per fruttificare ed esserci utile. E invece dietro le carrube, il “cacao del Mediterraneo”, si celano effetti antiossidanti, antifame e molto altro
Come abbiamo più volte detto, la memoria di qualsiasi cosa, persona o di qualsiasi momento vissuto è tale finché se ne parla, tramandandone suono, sensazioni e ricordi. Gli antichi egizi non si limitavano a sostituire un Faraone che li avesse delusi con il suo successore, ma ne cancellavano del tutto la sua memoria eliminandolo da tutti i cartigli dove era citato così che il suo nome si perdesse nell’oblio. Oggi parleremo della pianta della memoria per eccellenza e dei suoi frutti: il carrubo. È una pianta così ricca di leggende, di storie e di significati che non sembra facile capire dove trovi il tempo per fruttificare ed esserci utile. Le carrube hanno sempre avuto un posto nella storia dell’uomo, proveremo a raccontarla nei nostri Miti Alimentari e a rinverdire la loro memoria ancora una volta.
Le carrube sono frutti poco conosciuti di un albero oramai del tutto dimenticato
FALSO Il carrubo o ceratonia siliqua si chiama così per la sua forma: baccelli a forma di corno. Per altri, invece, il nome deriva dal greco fulmine perché leggenda vuole che il solito Giove colpendo per errore il corno di un toro creò un albero dal legno molto duro. La tradizione vuole che attragga i fulmini per cui se non bisogna ripararsi durante i temporali sotto gli alberi ancora meno è farlo sotto un carrubo. Nascendo da un atto divino, era inevitabile che quest’albero facesse – come si narra – da meeting point di fate e demoni (ragione giustifica il monito popolare di non dormirci accanto). Questa pianta è una sempreverde, con un tronco dritto che ramifica solo in alto ed è alto circa dieci metri. Produce dei frutti molto lenti nella loro maturazione che si raccolgono fra i mesi di agosto e di ottobre dell’anno dopo la loro fioritura. L’albero per questa e altre caratteristiche può entrare di fatto fra le piante pluricentenarie. I baccelli delle carrube sono grandi fino a 20 cm, molto spessi, di colore solitamente tendente al colore marrone. La loro polpa è carnosa e dolce, ma la ricchezza in tannini rende i suoi frutti irritanti se mangiati in grandi quantità. I semi meritano qualche parola in più. Sono scuri, piatti e duri, ma soprattutto hanno la caratteristica di essere molto simili fra di loro come peso, in effetti la variazione è circa del 25%, e il loro nome “carato” ricorda che sono stati usati nel passato per misurare l’oro, tant’è che parliamo di oro a 18 o 24 carati.
Le carrube sono un frutto d’oro
VERO Come abbiamo anticipato i carati pesano mediamente un quinto di grammo. Il peso del seme di carrubo è considerato relativamente standard e fisso, tanto che l’Imperatore Costantino quando coniò una nuova moneta, che chiamò solidus, la volle fatta con solo oro e in quantità pari al peso di 24 semi di carrubo ovvero di 24 carati. Questa moneta e il suo peso diede poi vita al termine ancora oggi in uso di “oro puro a 24 carati” per indicare un lingotto in cui non sono aggiunti altri metalli o leghe più o meno preziose. A dire la verità i Romani non amavano molto le carrube che mangiavano raramente e lo facevano utilizzando molto miele per mascherare i troppi tannini oppure ne facevano già allora un uso medicinale. La poca simpatia dei Romani forse era dovuta al fatto che le carrube erano importate dai Fenici che avevano impegnato Roma nelle famose tre guerre puniche.
Nutrizionalmente le carrube hanno poco valore
FALSO Il carrubo inizialmente è stato una pianta associata al mondo arabo e, infatti, si trova in Spagna, Cipro, Israele e in Sicilia, ma è stata per molto tempo usato per alimentare gli animali da lavoro e, solo in caso di carestie o di difficoltà, come alimento per l’uomo. Dal punto di vista nutrizionale 100 g di parte edibile ci offrono fino a 91 g di zuccheri, 6 di proteine e solo 3 di grassi. Nel complesso è un alimento dolce che introduce circa 210 kcal per etto. Nel caso della farina di carrube le calorie diventano circa 220 per etto e sono presenti ben 40 grammi di fibre e circa 50 di zuccheri semplici, mentre la parte grassa di appena 0,7 grammi è formata da solo 0,1 g di grassi saturi e di 0,4 di grassi mono e polinsaturi. Nella farina di carrube ritroviamo una grande varietà di Vitamine, fra cui la C, la B2 dove 100 gr forniscono circa il 30% della dose giornaliera e la B6 con il 18% della dose consigliata. Le carrube hanno poco sodio – appena 35 mg – e tanto potassio – ben 830 mg per etto -. Anche i circa 3 mg di ferro le rendono molto interessanti dal punto di vista nutrizionale. Occorre dire che pur essendo di sapore dolce possono essere consigliate a chi soffre di diabete per l’elevato contenuto di fibre che porta ad un indice glicemico molto basso e quindi non critico per queste persone. Infine, sono ricche di tannini come l’acido gallico e non hanno la caffeina o altre molecole nervine che ne ha permesso l’uso nel passato come proto-snack per i bambini.
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Le carrube hanno effetti positivi sulla salute di chi le consuma
VERO Mangiare carrube offre una serie di vantaggi che le rendono molto interessanti. Sono dei sostituti naturali del cacao, come colore e sapore e ricchezza di molecole antiossidanti, ma senza contenere la caffeina. Rispetto al cacao sono antinfiammatori naturali e la farina che si ottiene dalla macinazione dei carati è ottima come surrogato del cacao e adatta a chi non deve introdurre caffeina o teobromina. La presenza di tante fibre le rende molto utili a livello gastrointestinale regolandone le funzioni in caso di stitichezza perché la polpa è ricca di pectine che aiutano il transito. Al contrario se si usa la farina di carrube, che è particolarmente avida di acqua, si ha un effetto antidiarroico. I tanti zuccheri presenti come fibra hanno anche un effetto ipocolesterolimizzante, di innalzamento del colesterolo buono HDL e di riduzione dei picchi glicemici rendendo meno pressante la fame e favorendo anche il senso di sazietà. C’è da aggiungere che le carrube sono da poco entrate nella hit dei super food per le loro proprietà nutraceutiche, grazie a tutti gli effetti che abbiamo elencato, con il grande vantaggio di essere considerato il cacao del Mediterraneo, dolce, addensante, simile alla cioccolata e di supporto alla microflora intestinale. Inoltre, la farina di carrube ricavata dai semi è del tutto priva di glutine per cui anche le persone che soffrono di celiachia ne possono consumare le giuste quantità senza abusarne.
Le carrube non danno alcun effetto negativo
FALSO Nonostante i tanti pregi, le carrube possono essere sinergiche come effetto con le statine e con altri farmaci usati per abbassare il colesterolo, il che rende necessario parlarne al proprio medico per valutare la posologia del trattamento terapeutico in atto. Nel caso si soffra di diabete, si è osservato che talvolta il consumo di carrube può alterare i livelli di insulina e rendere l’efficacia dei trattamenti terapeutici meno performante. Nei soggetti predisposti, mangiare carrube può dare asma o forme di allergie a livello respiratorio o cutaneo. Nelle piante più anziane dopo le prime piogge d’agosto si ha la comparsa del fungo del carrubo, il Laetiporus sulphureus, che se mangiato può dare degli sgradevoli disturbi gastro-intestinali.
Non credo di averle mai mangiate, in nessuna forma
FALSO Una pianta rustica che cresce anche in zone aride e povere, resistente anche al caldo non può nella storia dell’alimentazione umana avere un ruolo di quinta. Gli egizi la usavano per produrre birra, la pianta è citata nel Vangelo di Luca e in quello di Matteo ed è la pianta simbolo dello Stato di Israele. Essendo una leguminosa si mangiano i baccelli maturi eliminandone i semi molto duri, è anche apprezzata dalle api che producono un miele monofloreale molto apprezzato. A ogni modo è difficile non aver incontrato la farina di carrubedato che è uno dei gelificanti o agenti addensanti più comuni nell’industria alimentare, utilizzata per fare gelati, caramelle, confetti, prodotti da forno e dolci nonché anche farmaci. La si riconosce dall’uso della sigla E410 e la proprietà addensante è dovuta alla carrubina che letteralmente assorbe acqua fino a 100 volte il suo peso.
Conclusioni
Le carrube sono forse quei vegetali che più hanno sulle spalle millenni di storie e leggende; eppure, si sono viste limitate a un uso mangimistico. In Campania e altre regioni esisteva il venditore di carrube chiamato sciuscellaro dal termine sciuscelle. I Romani preparavano delle minestre con questi legumi e col termine iuscellum ne rappresentavano la “mollezza” ed in napoletano ancora oggi lo si usa per indicare un qualcosa di molle, poco consistente quasi inutile. La riscoperta delle carrube ha riportato in luce anche i semi tostati e il caffè di carrube che durante la Seconda guerra mondiale era sinonimo di autarchia alimentare e della mancanza del vero caffè. Il grande Eduardo nel suo Natale in Casa Cupiello parla di caffè vero ma allora era fatto con la semplice moka mentre oggi si parla di caffè di carrube alla turca quindi meditato, non espresso e dove la componente cioccolatosa ritorna a galla. Per concludere, ricordiamo che nel 1962 un ebreo salvato da Schindler dal campo di concentramento creò il Giardino dei Giusti dove viene “ricordato” chi salvò gli ebrei dal nazismo piantando un carrubo. Una pianta che vivendo centinaia di anni ricorda chi lo ha piantato e sfama chi ne ha bisogno nei tempi in cui la memoria ha bisogno di essere alimentata continuamente. La pianta perfetta per rappresentare la memoria e la gratitudine.