La Ue prova a mettere nero su bianco i paletti dei prodotti deforestation free

DEFORESTAzione

I prodotti deforestation free dovrebbero esseere di aiuto concreto per salvare le foreste. Ma non sempre le certificazioni che esibiscono sono al di sopra di ogni sospetto. L’Unione Europea ha messo in atto una serie di iniziative per riconoscere quali sono quelli rispettosi dell’ambiente.

La normativa europea diventa più stringente e mette nero su bianco i paletti per i prodotti deforestation free. La proposta della Commissione europea votata dal Consiglio europeo dell’ambiente a giugno 2022 è stata approvata lo scorso 13 settembre con 453 voti a favore, 57 contrari e 123 astensioni. Il Parlamento europeo ha deciso di creare un regolamento più vincolante per quanto riguarda i prodotti deforestation free. Prodotti che vanno a salvare le foreste, in quanto non incidono sul loro consumo e sul consumo di suolo.

Prodotti deforestation free, cosa sono

Con prodotti deforestation free si fa riferimento a quelli che non incidono direttamente sulla salute delle foreste. Infatti, tantissimi prodotti si basano sull’utilizzo del legno o sulla rimozione degli alberi per favorire la coltivazione. Per evitare questi fenomeni, l’Unione europea ha stabilito nuove regole.

Per gli allevamenti di suini, ovini, caprini, pollame e per le coltivazioni di granturco e gomma ci sono nuove normative più stringenti da seguire. Rientrano nella categoria dei prodotti contro le foreste anche quelli a base di olio di palma, il carbone, la legna e la carta. Questi ultimi erano stati esclusi precedentemente dalla lista dei prodotti particolarmente pericolosi per le foreste e invece sono rientrati nella lista del Parlamento Ue. In più, la normativa stabilisce nuovi paletti per quanto riguarda il degrado ambientale.

La normativa precedente garantiva la salvezza solo delle foreste primarie e solo in caso di degrado irreversibile del territorio. Invece, la nuova definizione di degrado ambientale va a intervenire anche nelle zone a basso rischio. Un’altra procedura definita per normativa è quella che in inglese è stata chiamata diligence due. Si tratta di due livelli diversi di sorveglianza.

Infatti, il primo livello riguarda gli operatori che importano o esportano dall’Unione Europea i prodotti legati alla deforestazione nel processo di produzione. Gli Stati membri avranno il ruolo di sanzionare altri Paesi in caso di due violazioni. Cosa vuol dire? Lo Stato membro dell’Unione Europea che riceve un prodotto o che vende un prodotto all’estero deve assicurarsi che quel prodotto non vada a incidere sulle foreste.

Non conosci il Salvagente? Scarica GRATIS il numero con l'inchiesta sull'olio extravergine cliccando sul pulsante qui in basso e scopri cosa significa avere accesso a un’informazione davvero libera e indipendente

Sì! Voglio scaricare gratis il numero di giugno 2023

Quindi anche chi vende questi prodotti da paesi che non rientrano nell’Unione europea sarà costretto a fare una verifica preliminare per evitare di subire le sanzioni previste dall’Unione europea. In più anche le banche e le istituzioni finanziarie che operano su affari che riguardano prodotti o attività che utilizzano la deforestazione ora hanno l’obbligo del controllo. Infatti, se il loro investimento fosse in qualche modo legato alla deforestazione rischierebbero anche loro delle sanzioni. Al momento l’Ok serve per arrivare a un testo finale, ma l’Unione Europea conta di avere questa soluzione al prossimo congresso delle Nazioni Unite sul clima e la biodiversità previsto per la fine del 2022.

Lista prodotti deforestation free, quali sono

I prodotti deforestation free non si trovano in una lista ufficiale. La normativa indica solo quelli che non sono di questo tipo e quali sono le caratteristiche dei prodotti di questa tipologia. In generale, si può definire un prodotto come sostenibile per le foreste se:

  • Non si disboscano le foreste per ottenere quel prodotto;
  • Si evitano tutte quelle materie prime che hanno bisogno di troppo materiale naturale per essere prodotti anche in minima quantità;
  • Ci sono programmi per ripiantare gli alberi che sono stati usati per produrre quel prodotto;
  • Si evitano tutte le materie prime che, nel lungo termine, incidono sul territorio;
  • Si evitano tutte quelle materie prime che, nel lungo termine, inquinano l’ambiente;
  • Il prodotto rispetta animali, alberi e ambiente naturale;
  • Il prodotto segue la logica industriale solo dopo aver seguito la logica ambientale.

Infatti, non è raro che i prodotti di questo tipo siano difficili da reperire e siano in qualche modo ben lontani dalla grande distribuzione, per via dei costi mediamente più elevati. È importante sapere che ci sono prodotti che hanno un rischio elevato per l’ambiente se prodotti in grande quantità. Alcuni di loro sono insospettabili: mais, cereali, granturco, cacao, caffè, nocciola, ecc.

Le procedure dell’Ue contro la deforestazione

L’Unione europea ha messo in atto una serie di normative per contrastare la deforestazione. Prima di tutto, ha evitato l’importazione di cacao, caffè e mais da zone a rischio deforestazione.  Per produrre questi alimenti in alcune zone del mondo, si vanno a tagliare gli alberi delle foreste. Con un danno per l’ecosistema.

La stretta sulle procedure dell’Unione europea non ha però convinto le associazioni ambientaliste come Greenpeace e WWF, che avrebbero gradito scelte più coraggiose. Secondo le associazioni, anche i paesi già sviluppati sono a rischio, seppur minimo. Questo rischio, anche se basso, non dovrebbe essere sottovalutato.

Come riconoscere un prodotto che salva le foreste

I prodotti deforestation free che dovrebbero rispettare l’ambiente e si possono distinguere in diverse categorie. La prima è quella delle coltivazioni autoctone, che quindi non vanno a danneggiare il territorio. Infatti, uno dei motivi per cui le foreste abbattute perdono facilmente le loro caratteristiche è che si coltivano piante che hanno bisogno di molti nutrienti e che non fanno parte di quell’habitat naturale. Quando si è incerti su caffè, olio, latte, pasta, cacao, zucchero, ecc. è bene verificare la provenienza.

In generale, i prodotti sostenibili che hanno marchi e certificazioni italiane, europee e internazionali sono facilmente riconoscibili. In linea di massima, si possono considerare anche deforestation free, per il semplice fatto che tra le azioni da perseguire per ottenere la certificazione ci sono anche la tutela del territorio e quella delle foreste.

Per andare sul sicuro, ci si può rivolgere anche a supermercati specializzati nel biologico o ad aziende che fanno della sostenibilità ambientale la propria bandiera. Chi applica una politica sostenibile oggi tende a pubblicizzarla, mentre chi non ce l’ha tende a non parlarne. Per questo, è molto importante controllare bene le confezioni e verificare anche gli ingredienti di un prodotto alimentare.

In più, è bene dare un’occhiata al prezzo. La sostenibilità costa in termini economici, quindi in media un prodotto biologico costa di più di un prodotto non bio. Per questo, è importante fare un confronto non solo sul prezzo, ma anche sul tipo di ingredienti utilizzati e sulla provenienza del prodotto. In genere, il prodotto biologico come prezzo si trova esattamente a metà tra i prodotti economici e quelli più costosi.

Dove trovare le soluzioni deforestation free

I prodotti deforestation free al momento non hanno un sistema di riconoscimento univoco, ma ci sono delle piccole attenzioni che si possono mettere in pratica per assicurarsi che il prodotto sia rispettoso per l’ambiente. In generale, il singolo prodotto non è da demonizzare. Infatti, se serve un quaderno o una struttura in legno, non è automatico che sia un reale problema per le foreste.

In realtà, le attività migliori e da preferire piantano un albero quando ne tagliano uno. Infatti, ci sono dei prodotti che non sono deforestation free, ma sono rispettosi dell’ambiente. Ci sono anche aziende che hanno fatto di questo la loro bandiera, come Fabriano per la carta, ma non solo. Infatti, anche IKEA sostiene di proteggere le foreste allo stesso modo, anche se un recente rapporto accusa la catena svedese di essere complice del disboscamento di gran parte della foresta della Romania.

Questi prodotti sono riconoscibili da uno di questi due marchi, che possono essere anche insieme nello stesso prodotto. Il primo è FSC e ha la forma di un albero. Il simbolo sta per Forest Stewardship Council. Si tratta di un’associazione ambientalista che è attiva dal 1993 e che consente di ottenere una certificazione valida in base ad alcuni standard.

Invece, l’altro simbolo è quello di una rana. Anche in questo caso si tratta di una certificazione di un’associazione che si occupa di ambiente. Si chiama Rainforest Alliance e certifica sulla sostenibilità ambientale. In questo secondo caso, i prodotti alimentari che hanno questo simbolo si dichiarano deforestation free.

Quando la certificazione non convince

C’è da dire che alcune inchieste ambientaliste sul campo hanno messo in discussione le garanzie di queste certificazioni.

A finire sotto accusa lo scorso anno le filiere dell’olio di palma, del cacao, della soia, caffè e biocarburanti e le società di certificazione che devono verificare il rispetto di alcuni impegni che le aziende di trasformazione si sono date. A giudicare dal report di Greenpeace la strada è ancora lunga: “Troppe aziende certificate continuano a essere collegate alla distruzione di foreste ed ecosistemi, controversie sulla terra e violazioni dei diritti umani. Attualmente, la certificazione consente alle aziende ‘distruttive’ di continuare a operare come al solito. Migliorando l’immagine delle materie prime a rischio forestale ed ecosistemico e quindi stimolando la domanda, la certificazione rischia di aumentare i danni causati dall’espansione della produzione di materie prime. Gli schemi di certificazione finiscono così per rendere verdi i prodotti legati alla deforestazione, alla distruzione dell’ecosistema e alle violazioni dei diritti”.

Attenti ai claim ambientali, dunque, che invadono le confezioni e promettono di “aiutare” il Pianeta. Spesso senza prove perché, a differenza degli slogan nutrizionali, i produttori non hanno l’obbligo di presentarle, come ha dimostrato una nostra inchiesta.