Test sulle patatine: tra acrilammide e pesticidi… una non vale l’altra

TEST PATATINE ACRILAMMIDE

Nel nuovo numero del Salvagente in edicola (e in digitale) il test su 12 patatine surgelate da forno: tra acrilammide e pesticidi c’è chi delude innanzitutto in cottura (Pam, Todis, Lidl e Findus). Tutti i risultati

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Una non vale l’altra. A giudicare dai risultati del nostro test su 12 patatine surgelate adatte o consigliate per la preparazione in forno pubblicate nel nuovo numero in edicola (e in digitale: acquista qui), i prodotti analizzati sono molto diversi tra di loro. A cominciare dalla cottura: seguendo attentamente le modalità e i tempi consigliati dal produttore e riportati in etichetta, ben 4 patatine (a marchio Pam, Todis, Lidl e le Pat Bon Findus) sono risultate ancora crude.

In questo caso non abbiamo misurato il valore dell’acrilammide, il composto ritenuto “probabile cancerogeno” che si forma per effetto della reazione di Maillard cuocendo a temperatura superiore a 120 gradi cibi ricchi di amido (zuccheri) come le patate, perché il dato sarebbe stato falsato dal fatto che la cottura non era terminata.
Discorso diverso per gli altri 8 campioni del nostro test (da Pizzoli a McCain, da Carrefour a Esselunga, da Coop a Conad fino a Eurospin e MD): una volta appurato che nei tempi consigliati le patatine hanno raggiunto la “doratura” giusta per essere servite in tavola, abbiamo misurato il livello del contaminante di processo.Tutti i risultati li trovate nel numero in edicola.

Acrilammide: il nemico invisibile

I risultati anche in questo caso sono davvero molto diversi tra loro: si va da un minimo di 71 microgrammi per chilo a un massimo di 473 mcg/kg. In mezzo valori intermedi con concentrazioni più pronunciate in alcuni casi con 313 mcg/kg e 250 mcg/kg. Tuttavia tutti i risultati sono al di sotto del valore guida fissato da Efsa per questo tipo di prodotto pari a 500 mcg/kg. È bene specificare che, nonostante l’Autorità europea per la sicurezza alimentare consideri l’acrilammide genotossica e “capace di aumentare il rischio di sviluppare il cancro nei consumatori per tutte le classi di età”, la Ue non ha ancora fissato un vero e proprio limite di legge ma solo un valore guida e prescritto alle aziende alimentari procedure di attenuazione per prevenire la formazione di questa sostanza cancerogena. La soglia al di sotto della quale l’industria deve tendere nella produzione di patatine viene rivista periodicamente (nel 2018 per le stick era di 600 mcg/kg) ma questo non è sufficiente per tutelare la salute dei consumatori.

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È vero che, come ci spiega in questo servizio il professore Luigi Frusciante, ordinario di Genetica agraria all’Università di Napoli Federico II, in questi anni il lavoro compiuto sulla materia prima, con la selezione di particolari varietà, e sulle procedure di lavorazione hanno consentito di dimezzare il contenuto dei precursori chimici (asparagine e zuccheri riduttori) dell’acrilammide. Eppure a giudicare dai nostri risultati non tutti i produttori riescono ad attenuare il rischio. L’acrilammide è un contaminate di processo e in quanto tale si origina naturalmente ogni qual volta vengono cotte ad elevate temperature cibi con un alto contenuto di amido. Dal 2014 ad oggi le autorità europee provano a ridurre il danno con risultati non brillantissimi: ora è venuto il momento di stabilire un limite di legge, come ci ricorda Floriana Cimarrusti, segretaria generale di Safe e da luglio rappresentante dei consumatori nel board di Efsa: “Senza un limite di legge, in caso di sforamento, le aziende non rischiano né sanzioni sono obbligate a ritirare i prodotti dal mercato”.

Pesticidi tutto (quasi) sotto controllo

Le nostre analisi in laboratorio hanno riguardato anche quelle sui pesticidi la cui presenza non è influenzata dallo stato di cottura finale: in questo caso quindi la prova multiresiduale ha riguardato tutti e 12 i campioni del nostro panel. Con risultati molto incoraggianti: eccetto in due casi  in cui sono state rintracciate “tracce” di due fitofarmaci ma al di sotto del limite consentito, le patatine analizzate sono pressoché tutte “pulite”.
La nostra indagine si è conclusa analizzando la lista degli ingredienti, scovando presenzesgradite”. Se infatti per la maggior parte dei prodotti sulla confezione troviamo solo “patate e olio di girasole”, in alcuni casi la lista è ben più lunga. Quella di Carrefour è eccessivamente lunga e di fatto “tradisce” la natura semplice di un prodotto prefritto dal quale ci si aspetterebbe due singole componenti: la materia prima e l’olio. Eppure non mancano prodotti che ricorrono a destrosio, fosfati e altre aggiunte “chimiche” per evitare l’annerimento del prodotto e per non fargli perdere la forma accattivante del “fiammifero”.

Mantenute in “forma” con l’aiutino chimico

Si fa presto a dire patatine fritte se accanto agli ingredienti canonici (materia prima e olio) leggiamo altri componenti in etichetta. Destrosio, E451i, estratto di lievito, sale, stabilizzanti, antiossidanti… Scorrendo la lista degli ingredienti di alcuni prodotti ci siamo accorti che c’è chi non rinuncia alla chimica di sintesi anche su un prodotto che di fatto dovrebbe essere molto semplice. Perché si ricorre allora agli additivi? Bisogna correggere una materia prima non eccelsa? Oppure c’è la necessità di nascondere qualche difetto legato alla lunga conservazione? “Il gusto e la forma devono assomigliare quanto più a quelli delle patatine dei fast food: questa è l’esigenza primaria dell’industria di settore” ci spiega Dario Vista, nutrizionista e tecnologo alimentare.
Nelle patatine Esselunga e MD troviamo il destrosio, lo zucchero semplice, e la domanda sorge spontanea: perché si ricorre a questa sostanza in un prodotto destinato ad essere servito “salato”? “Viene utilizzato come stabilizzatore – spiega il dottor Vista – serve a mantenere la consistenza del ‘fiammifero’ fino al momento che si inforna o si frigge. Il problema però nasce dal fatto che già la patata ha un indice glicemico molto elevato (gli amidi altro non sono che zuccheri, ndr) e l’aggiunta di destrosio non fa che peggiorare le cose”.
Altra presenza sgradita sono i fosfati: troviamo l’E451i – il trifosfato pentasodico – tra gli ingredienti di MD e i fosfati tal quali in quelli di Carrefour. “Con queste sostanze le industrie prendono più piccioni con una fava”, continua il tecnologo alimentare che aggiunge: “I fosfati possono svolgere la funzione di prevenire l’annerimento delle patatine, di esaltatori della sapidità e infine anche di stabilizzanti, in quanto trattenendo l’acqua mantengono in forma gli stiks”. Le sostanze della famiglia dei fosfati sono additivi da usare con cautela in quanto “sequestrano” il calcio nell’organismo e questo, specie per i più piccoli, rappresenta un problema da evitare.
È però il prodotto di Carrefour che ci ha colpito per la lunghissima lista degli ingredienti che oltre a patate e olio di girasole annota: “farina di frumento, farina di riso, amido di frumento non modificato, sale, estratto di lievito, destrosio, estratto di spezie (paprica, curcuma), agenti lievitanti: diforsfati e carbonato di sodio, stabilizzante: gomma di xanthan, antiossidante: estratti di rosmarino”.

Viene da chiedersi: ma noi volevamo delle semplici chips da fare al forno… La lunga lista lascia perplesso anche il nostro Vista: “Diciamo che il produttore in questo caso lavora molto sull’esaltazione della sapidità con i fosfati, l’aggiunta di sale e con l’estratto di lievito. L’uso delle farine invece servono per dare consistenza al prodotto finale e anche un giusto effetto rosolato”.

Il trattamento preventivo

Al tecnologo alimentare chiediamo come e perché avviene la pre-frittura di questi prodotti prima di essere surgelati. “Serve ad accorciare i tempi al consumatore finale”, spiega l’esperto. “Naturalmente la pre-frittura comporta una produzione di acrilammide, che naturalmente sarà destinata ad aumentare una volta che le si cuociono definitivamente, e un’alterazione della componente nutrizionale della materia prima”. Non sottovalutiamo poi il mantenimento della canonica forma a “fiammifero”. Spiega ancora il tecnologo alimentare: “Il prodotto subisce molte destrutturazioni: in prima battuta viene tagliato in modo standard e c’è l’esigenza che lo stick resti ‘pieno’, mantenga una certa tonicità. Poi le patatine vengono prefritte e questo influisce ancora sullo stato del prodotto prima di essere congelato”. Facile insomma che possa sorgere l’esigenza di mantenerle in forma ricorrendo a qualche additivo.

Fritte o al forno?

Un’ultima domanda: meglio preferire il forno o la padella con l’olio bollente per preparare le patatine? “Di sicuro – aggiunge Vista – è meno rischioso il prodotto finale cotto in forno perché si può controllare meglio la temperatura attraverso il termostato e quindi evitare i picchi che accelerano la produzione di acrilammide. Molto più difficile tenere sotto controllo la temperatura con l’olio in frittura”.