Anidride solforosa e solfiti: tutto quello che c’è da sapere

L’anidride solforosa presente negli alimenti viene segnalata in etichetta come E220, ma conosciamo davvero di cosa si tratta?

ANIDTIDE SOLFOROSA SOLFITI

L’anidride solforosa e i solfiti sono spesso “ospiti” di alimenti e bevande insospettabili. Ma che effetti hanno queste sostanze sulla nostra salute? E come riconoscerle in etichetta?

Nell’aria si manifesta con un odore irritante che ricorda le uova marce. Esala rievocando sensazioni più “vintage” e meno sgradevoli all’olfatto quando accendiamo un fiammifero. Parliamo del diossido di zolfo o anidride solforosa, un gas tossico e incolore tornato di attualità in questi giorni in Cile, dove si sono registrati oltre 100 casi di intossicazione prodotta da un’industria locale. Almeno 105 residenti delle città di Quintero e Puchuncavi sono stati ricoverati in ospedale a causa di una concentrazione di anidride solforosa cinque volte superiore al normale.

Inoltre, uno studio recente promosso dall’Università di Cambridge ha spento tutte le speranza di una possibilità di vita sul pianeta Venere. Tuttavia, resta insoluto il mistero della concentrazione di anidride solforosa tra gli strati nuvolosi venusiani.

Che cos’è l’anidride solforosa

“Anidride solforosa” è il nome di un disco dell’indimenticabile Lucio Dalla. In quegli anni ’70 del Novecento, il concept di quel vinile che prende il titolo dal brano Anidride solforosa, voleva richiamare lo smarrimento dell’individuo, appunto la nube tossica che non fa quasi più vedere le città, in un mondo sempre più tecnologico, in cui “sapremo quante volte fare l’amore e quante volte i fiumi in Italia traboccano”.

Più scientificamente, l’anidride solforosa (nome IUPAC diossido di zolfo, anche detta biossido di zolfo o ossido di zolfo (IV)) è un gas incolore dal tipico odore empireumatico (di bruciato non necessariamente intenso ma soffocante). È un gas tossico che viene rilasciato naturalmente dall’attività vulcanica ed è prodotto come sottoprodotto dell’estrazione del rame e della combustione di combustibili fossili contenenti zolfo.

Formula chimica anidride solforosa

Descrivendola secondo il linguaggio della chimica, l’anidride solforosa è un composto chimico contenente lo zolfo tetravalente, di formula SO2. È un gas dall’odore pungente, soffocante, 2,26 volte più denso dell’aria, che può essere dannoso per gli organismi animali e vegetali.

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  • Stato liquido.
    A pressione ordinaria liquefà a −10 °C, dando un liquido incolore, e solidifica a −72 °C. È facilmente solubile in acqua (69,8 e 36,4 litri per litro di acqua rispettivamente a 0 e 20 °C); la solubilità aumenta con la pressione. In presenza di acqua numerosi agenti ossidanti (cloro, bromo, acido cromico, acido nitrico, permanganato ecc.) la trasformano in acido solforico.L’acido solforico è utilizzato in una miriade di applicazioni industriali come la produzione di fertilizzanti e insetticidi, nel trattamento dell’uranio, nella produzione di detersivi, detergenti, colori, materie plastiche, esplosivi e fibre tessili artificiali quali rayon e viscosa, per la raffinazione di alcuni idrocarburi, petroli, e nell’industria metallurgica.
  • Stato secco.
    In presenza di catalizzatori (pentossido di vanadio, spugna di platino ecc.), a 450 °C circa, viene ossidata ad anidride solforica dall’ossigeno dell’aria. È un riducente abbastanza energico; in qualche caso però si comporta come un ossidante, per es. reagendo con l’idrogeno solforato. Si può preparare riscaldando rame e acido solforico, oppure riscaldando zolfo con ossido di rame o di manganese.

Anidride solforosa e acqua

Dicevamo che questo gas incolore è molto solubile in acqua, fino a 39 volumi per volume di acqua. Quindi, si trova libero nelle emanazioni vulcaniche e disciolto in alcune acque naturali che sgorgano nelle vicinanze dei vulcani attivi.

Anidride solforosa: tossicità

Leggermente tossica può tuttavia essere pericolosa in alte concentrazioni. L’esposizione a lungo termine a basse concentrazioni è problematica, tanto che la comunità scientifica la individua come una delle cause delle nascite premature. Per gli uomini e gli animali può risultare molto irritante agli occhi, alle mucose e vie respiratorie. Una minima esposizione può causare faringiti acute, perdita dell’olfatto e del gusto, ma anche edema polmonare quando viene inalata.

I solfiti e l’impiego nell’alimentazione

L’anidride solforosa può trovarsi anche nei cibi e nelle bevande che consumiamo quotidianamente. Parliamo in questo caso di solfiti, ossia i sali prodotti dall’anidride solforosa.

I solfiti sono una sostanza sempre presente in modo naturale nel vino, anche in quello prodotto da agricoltura biologica, perché sono un processo naturale della fermentazione alcolica. La maggior parte delle birre è priva di solfiti. Alcuni gamberi possono essere stati trattati con solfiti e i venditori sono tenuti a dichiararne la presenza al consumatore.

Meno solfiti aggiunti: una scelta etica

I solfiti possono essere aggiunti artificialmente, soprattutto sotto forma di SO2 (anidride solforosa), per preservare il vino in varie fasi della vinificazione, quindi per contrastare l’ossidazione e i processi degenerativi del cibo o del vino. Ma, le normative comunitarie europee stabiliscono dei limiti più restrittivi circa l’impiego artificiale di solfiti per il settore alimentare biologico.

Si possono trovare anche nei succhi di frutta, salamoie, sottaceti e condimenti, marmellate e conserve, negli insaccati, nei cereali conservati, negli alimenti per gli animali, persino nei profumi, cosmetici e farmaci.

Quindi i solfiti presenti in natura, in modeste quantità, hanno la funzione di inibire la flora microbica e prolungare la conservabilità dei cibi e del vino. Invece, il minor utilizzo di “solfiti aggiunti” sta diventando un’importante scelta imprenditoriale oltre che etica, legata al minor impatto ambientale e alla produzione di cibi e vino più sani.

Una dieta senza solfiti è possibile?

Il vino, come dicevamo, li contiene in modo naturale. Quando però la concentrazione di solfiti è al di sotto dei 10mg per litro (o 10mg per chilogrammo nel caso di alimenti), allora sull’etichetta si può apporre la scritta “senza solfiti“. Possiamo quindi scegliere prodotti senza solfiti o prediligere prodotti freschi, di stagione, biologici. Alimenti certamente di qualità più elevata e, generalmente, più costosi. Una dieta senza solfiti deve escludere naturalmente molti prodotti industriali.

Quali limiti e reazioni?

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (FAO) sostiene che la dose massima giornaliera accettabile è di 0/0,7 mg per chilogrammo di peso corporeo. La direttiva dell’Unione Europea n.1169 del 2011 ha reso obbligatoria l’indicazione della presenza di solfiti sulle etichette dei prodotti.

Essendo una molecola tossica, non può essere presente in alte concentrazioni. In soggetti sensibili può scatenare crisi allergiche, o causare edemi, problemi di digestione, pressione bassa e affaticamento, mal di testa, nausea, arrossamenti ed eruzioni cutanee accompagnate da orticaria.

Occhio alle etichette: l’allarme del Ministero della Salute

L’anidride solforosa presente negli alimenti viene segnalata in etichetta come E220. Ricapitolando, sappiamo che l’anidride solforosa è presente anche nella carne e nel pesce, o comunque in bevande e alimenti per renderli più appetibili e conservabili, per prevenirne l’ossidazione e mantenere i cibi belli e freschi. È uno degli additivi più utilizzati ma anche meno dichiarati in etichetta. Questo diffuso malcostume è stato denunciato dal Piano nazionale additivi 2015-2018 redatto dal ministero della Salute. Su 3458 campioni di additivi in prodotti alimentari sono state riscontrate 51 non conformità.

La situazione non sembra essere migliorata con il successivo Piano nazionale additivi 2020-2024. “Analogamente a quanto osservato negli anni precedenti – si legge – la più elevata percentuale di non conformità risulta collegata all’utilizzo come additivi alimentari dei solfiti. In questo contesto il riscontro di non conformità nei prodotti appartenenti alla categoria alimentare “Carne” è riconducibile ad utilizzi fraudolenti finalizzati ad alterare le caratteristiche organolettiche naturali dei prodotti per ottenere allungamenti impropri delle shelf – life degli stessi. Questa pratica è di particolare rilievo sotto il profilo sanitario in quanto espone fasce di popolazione vulnerabili (soggetti allergici ai solfiti) a consumi inconsapevoli di tali additivi alimentari. L’analisi dei dati evidenzia che la pratica fraudolenta sembra interessare prevalentemente alcune Regioni e la rilevanza sanitaria del fenomeno suggerisce di sorvegliare attentamente il settore delle preparazioni di carni fresche, che risulta particolarmente esposto a questo tipo di criticità”.