Le pressioni di Bayer per condizionare lo studio sui pesticidi killer delle api

API

Bayer, dopo aver finanziato una ricerca dell’Università dell’Ohio sull’impatto dei famigerati neonicotinoidi sulle api, ha cercato di impedire la pubblicazione di alcuni risultati e foto. Senza successo. L’inchiesta di UsRtk

Bayer e altre aziende agrochimiche hanno finanziato una ricerca condotta dall’Università dell’Ohio per valutare l’impatto dei loro neonicotinoidi, la classe di insetticidi più usata al mondo e tra le cause principali della moria di api, impiegati nel mais durante le campagne 2014 e 2015 abbiano influenzato la vita dei laboriosi insetti.

I neonicotinoidi inclusi nello studio prevedono un trattamento che riveste il seme, un tipo di impiego molto controverso perché accusato di disperdere nell’ambiente e quindi anche nel pollime il pesticida che dovesse sfaldarsi dai “chicchi”.

Il portale statunitense UsRtk ha pubblicato una lunghissima inchiesta giornalistica di Abbe Hamilton dalla quale emerge le pressioni esercitate da Bayer sui ricercatori affinché non pubblicassero una serie di risultati e soprattutto foto dalle quali si evinceva come i semi rivestiti dal neonicotinoidi si degradassero rilasciando il principio attivo nocivo per le api.

Chiariamolo subito: il rapporto finale dell’Università includeva 14 foto dei semi degradati che Bayer voleva fermare e i ricercatori, come testimoniano le mail pubblicate da Us-Right to know, nonostante i tentativi di condizionare il loro lavoro, hanno portato a termine lo studio “schivando” gli ostacoli.

Scrive Hamilton: “Dopo che i ricercatori hanno presentato i loro risultati preliminari alle ‘parti interessate’, che includevano i finanziatori , un funzionario della Bayer ha chiesto che la loro relazione finale escludesse le foto di semi di mais ricoperti di insetticida in cui il prodotto appariva difettoso. Ha anche esortato i ricercatori a qualificare le affermazioni nel rapporto finale che discutevano le minacce alla salute delle api in modi che andassero a vantaggio degli interessi aziendali di Bayer”.

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Bayer: “Non pubblicate le foto scomode”

Il contratto di finanziamento dello studio, va specificato, prevedeva che le aziende agrochimiche potessero rivedere e commentare i risultati prima della pubblicazione e vagliare preventivamente i comunicati stampa e la condivisione dei risultati finali. Tuttavia non avevano la facoltà di “escludere” parti o passaggi del report conclusivo. Tantomeno le foto che mostravano gli effetti sui semi del trattamento per rivestimento.

Negli studi precedenti, la quantità di pesticida che si staccava dal seme era generalmente inferiore al 2% mentre i semi osservati dall’Università dell’Ohio mostravano un “rilascio” anche superiore al 30%. Il responsabile per gli studi scientifici della Bayer di allora mise in discussione i risultati ottenuti e il tipo di trattamento prima, infine cercò in tutti i modi di evitare la pubblicazione delle foto dello stato dei semi.

La qualità del trattamento delle sementi dei semi utilizzati nello studio OSU (Ohio State University, ndr) è incerta. Data questa incertezza, suggerirei di rimuovere le fotografie dei semi abrasi dal rapporto, o almeno di fare una dichiarazione chiara che indichi che la qualità del trattamento di questi semi è sconosciuta” si legge in una mail inviata dal responsabile Bayer al ricercatore Reed Johnson. Le pressioni furono anche più dirette con richieste di “modifiche” al rapporto e la “rimozione” di alcuni aggettivi come “elevata” nella degradazione dei semi. Tutti tentativi di condizionare lo studio respinti al mittente.

Il pesticida non aderisce bene al seme e si disperde

Bayer era anche preoccupata a ridimensionare l’impatto dei suoi nenonicotinoidi sulla moria delle api: “È importante che il rapporto sottolinei che il livello di mortalità documentato in questo studio era basso e non ha avuto effetti osservati sullo sviluppo o sulla vitalità delle colonie”. Cercando anche di limitare la portata dello studio: “Il numero di prove è troppo basso per trarre le conclusioni definitive”. Ma come dimostrano gli studi più recenti la mortalità delle api si è ridotta solo perché tanto nella Ue che negli Stati Uniti (anche se in forma più attenuata) sono stati messi al bando diversi tipi di neonicotinoidi.

La conclusione di Johnson tuttavia è un’altra: “Alla fine di questo progetto, la nostra conclusione principale è stata che si trattava davvero di un problema di controllo della qualità e il trattamento delle sementi non aderiva bene al seme“. UsRtk sottolinea anche che in questi anni i trattamento per rivestimento hanno fatto dei miglioramenti ma questa tecnica lascia aperto ancora tanti dubbi e continua a minacciare la vita delle api.