Non solo con il pecorino, 7 cose che forse non sapete sulle fave

FAVE

Con la primavera è arrivato il momento di questi legumi e del fiorire dei cartelli “in questo negozio si vendono fave fresche”. Ecco cosa c’è da sapere su questo alimento, protagonista di molte scampagnate fuori porta

Siamo finalmente entrati nel pieno della primavera ed è arrivato il tempo delle fave che ci accompagneranno almeno fino a giugno. Un legume ricco di leggende, di storia, di proprietà nutrizionali ma anche di qualche criticità da conoscere per evitare dei rischi talvolta anche pericolosi per la salute di alcuni di noi. Le prime gite fuori porta dopo la pandemia da Covid-19, a Roma sono spesso sinonimo di fave e pecorino. Le fave oggi sono un simbolo di prosperità e di fecondità, costano poco, sono in linea con la moda del finger food e, con l’aiuto del pecorino romano, giustificano il consumo di vino rosso a tavola. Probabilmente questo abbinamento tra primavera e fave nasce per omaggiare la dea Flora, il ritorno alla vita dopo l’inverno e per questo le fave sono diventate poi sinonimo di fertilità e di nuovo inizio. Un legume che merita maggiore più considerazione di quanto si creda e che proveremo a raccontare in questi Miti Alimentari.

Le fave sono un alimento ricco di tradizioni e di storia, ma spesso sono narrate negativamente

VERO Gli antichi Greci non le amavano pur considerandole come la carne dei poveri, pur senza sapere dei fagioli che erano ancora lontani dall’arrivare sulle tavole. I Greci ne proibirono il consumo considerandole come dei cibi impuri e pericolosi. Una leggenda vuole che Pitagora morì per mano di Cilone di Crotone pur di non fuggire attraverso un campo di fave. Per Pitagora e i suoi discepoli era forte il precetto di non mangiare fave probabilmente perché come primi filosofi della storia “amando la sapienza” inconsciamente facevano profilassi per gli abitanti dell’area mediterranea che soffrivano di favismo. Le fave con i Romani entrano a far parte dei riti pagani dedicati ai morti perché rappresentavano il ritorno delle anime dagli inferi. Questo legame delle fave con l’aldilà deriva anche dal colore del loro fiore che in parte è nero e quindi poco fausto. Con il tempo le fave diventano un simbolo della fertilità della terra e sono dedicate alla dea Flora. Addirittura, erano offerte agli sposi come augurio alla stregua del riso di oggi e la narrazione popolare dice che trovarne sette in baccello significa avere felicità per lungo tempo.

Le fave sono nutrizionalmente interessanti e possono essere usate nella nostra alimentazione

VERO Sono dei legumi dimostratisi adatti sia per nutrire gli uomini che gli animali e sono da sempre sulla tavola dei contadini per il loro contenuto di proteine, fosforo, calcio, vitamine A e C e per le loro ottime fibre. Hanno la caratteristica di poter essere consumate sia fresche che nella forma secca. Nel primo caso forniscono 90 calorie per etto e ben 7,5 gr di fibre di supporto per migliorare il funzionamento del nostro intestino pigro. Nelle fave fresche sono presenti 17,6 g di carboidrati e meno di 1 g di grassi per etto consumato. Nelle fave sono anche presenti 1,5 mg di ferro, utile per produrre emoglobina e questo suggerisce di accompagnarle  con degli agrumi o dei kiwi per meglio assorbire il ferro presente in quantità pari ad una salsiccia di suino oppure coscia di tacchino. Troviamo anche 330 mg di potassio che è utile per ridurre la pressione arteriosa, per consentire la trasmissione degli impulsi nervosi e la contrazione dei muscoli. Le fave apportano circa 4 mg di vitamina C, il doppio delle melanzane o dei fichi e 41 ug di vitamina K che è coinvolta nella coagulazione, nel rafforzare le ossa e a migliorare la sensibilità all’insulina e, quindi, della glicemia. Se parliamo di fave secche le calorie aumentano a 340 per etto e forniscono oltre 32 g di proteine per etto di prodotto e se riflettiamo che le carni rosse forniscono circa 20 g per etto, il titolo di carne dei poveri nel caso delle fave è meritato senza nessun dubbio. Le fave contengono anche della L-dopa che potrebbe aiutare chi soffre di Parkinson o difficoltà motorie ma lo stesso manganese presente in circa 650 mg per etto ha effetti sulla salute delle ossa.

Le fave hanno delle controindicazioni molto importanti

VERO Esiste una patologia geneticamente trasmissibile che si chiama “favismo” che rende per queste persone, circa mezzo miliardo nel mondo e 400mila in Italia, a grave rischio se mangiano o entrano in contatto con le fave in qualsiasi modo. Chi ne soffre può rischiare dei gravi danni ai  globuli rossi per la mancanza di un enzima molto importante che partecipa al mantenimento dell’integrità dei globuli rossi. Esistono almeno 400 diverse varianti del favismo dal punto di vista genetico e questo rende la malattia molto variegata nei suoi sintomi. Queste cellule rosse del sangue sono dei semplici “caregiver” con il compito di trasportare la vitale emoglobina e quindi l’ossigeno necessario a tutto l’organismo. I globuli rossi sono paragonabili in parte a dei sacchetti monouso utilizzati quando facciamo la spesa, talvolta ci sono dei sacchetti “difettosi” e poco consistenti che rompendosi fanno cadere a terra tutta la frutta che vi avevamo inserito. Se questo accade alle membrane dei globuli rossi, l’emoglobina ne fuoriesce in maniera incontrollata e viene meno la sua capacità di fare respirare le cellule. Si viene a creare una forma di anemia, fortunatamente questo grave sintomo può essere presente in forme anche lievi. La causa del tutto sono due molecole: vicina e convicina che scatenano questa risposta molto grave perché dei veri e propri ossidanti naturali. Altri legumi contengono queste molecole ma in quantità molto più piccole e per la soia sembra si sia trattato di un eccesso di prudenza. Queste sostanze sono degli antinutrienti ovvero sono prodotti perché i vegetali possano difendersi da chi li mangia e non certo per dissuaderci dal consumare le fave. Il favismo trova dei picchi di maggiore presenza in Sardegna, nel nostro meridione e nella zona del Delta del Po. Spesso si considera la diffusione del favismo sovrapponibile alla malaria e alla presenza del plasmodio per cui le aree malariche talvolta coincidono con le aree del favismo.

Tutte le fave producono questi effetti così gravi per la nostra salute senza alcuna differenza

FALSO È dimostrato che come fagioli, ceci e altri legumi possono produrre piccole quantità di queste sostanze, esistono delle varietà di fave selezionate per produrre anche cento volte meno del normale e quindi essere sicure per il loro consumo. Purtroppo, il pericolo per una persona ammalata di favismo di trovarsi a contatto con delle fave tradizionali è troppo elevato per cui si rende necessario ridurre il rischio che avvenga con una serie di azioni. Attraverso delle ordinanze comunali il Sindaco impone l’affissione di cartelli nei locali di vendita all’aperto e non, per informare il pubblico sulla presenza di fave fresche sfuse. È anche possibile proibire la coltivazione di fave in prossimità di spazi pubblici come scuole e ospedali, nonché se richiesto da chi soffre di favismo per un raggio di 300 m dalle loro abitazioni e/o dai loro luoghi di lavoro. Il favismo non è più considerata in Italia malattia rara e inoltre, i Sindaci hanno oggi facoltà di emettere tale ordinanza perché mancano le prove scientifiche che basti il solo polline a scatenare la crisi emolitica e vicina e convicina sono presenti solo nei cotiledoni delle fave e non ad esempio nei fiori, precedentemente il riferimento era la legge del dicembre 1978  e quella del 2000.

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I sintomi di chi soffre di favismo sono difficile da comprendere

FALSO I test fatti alla nascita consentono di prevenire e di adottare una preventiva educazione sanitaria. Sicuramente il primo segnale riguarda il colore delle urine, l’emoglobina fuoriuscita dai globuli rossi viene eliminata attraverso le urine che assumono un colore del tipo “cola” e si ha una forma di ittero dovuta alla bilirubina che si forma nel fegato e che produce colore giallo degli occhi e/o della pelle. In 24-48 subentra, febbre, nausea, dolori, nei casi lievi tutto passa come un mal di pancia più forte del solito, ma se l’anemia è acuta ed è grave purtroppo la risoluzione richiede una immediata trasfusione. La persona ammalata di favismo non può avere contatto con le fave, da qui i cartelli presenti in tanti negozi, perché può essere sufficiente anche la sola presenza per dare una risposta violenta. A questo occorre aggiungere che alcuni farmaci della famiglia degli antipiretici o degli analgesici, di seguito sono riportate le principali categorie di principi da evitare, e qui viene riportata la lista di tali farmaci sono da valutare con il proprio medico di famiglia. Fortunatamente lo screening neonatale ha ridotto anche del 75% l’incidenza del favismo in alcune zone rendendo meno frequente osservare forme così gravi di anemia acuta.

Il favismo è una patologia incurabile

VERO Gli individui che hanno basse quantità di questo enzima oppure quello che c’è è poco efficiente, soffrono di una malattia ereditaria causata da mutazioni di un gene recessivo trasportato sul cromosoma X. Questo rende di fatto il favismo più grave nei maschi, che hanno una sola copia gene per cui nel loro caso sono ammalati di favismo oppure perfettamente sani. Nelle donne che posseggono una doppia copia dello stesso gene possono esistere anche delle forme di portatrici sane che possono mascherare la patologia supplendo con la copia delle informazioni integra. Volendo fare un esempio parliamo di un manuale di istruzione presente nel maschio in singola copia, per cui è funziona oppure no, mentre nel caso delle donne l’eventuale copia errata viene silenziata ed è usata quella nuova come fonte di informazione. Purtroppo, nel nascere i maschi per il 50% dei casi riceveranno dalla madre portatrice un gene errato che li farà ammalare di favismo. Al momento la conoscenza appena nati di essere o meno ammalati di favismo permette di contenere i danni e di fare educazione sanitaria. D’altra parte, si cercano e si selezionano fave che producano meno anti-nutrienti possibili e tutto questo permette di mangiare una zuppa di fave senza problema anche per chi soffre di favismo. Si può aggiungere che le fave piccole e fresche sono più ricche di queste sostanze mentre quelle secche o surgelate sono meno rischiose, ma il consiglio è sempre e comunque di evitare le fave per chi soffre di questa mancanza genetica.

Pulire e conservare le fave non è molto complesso

VERO Esistono delle fave già secche e decorticate che vanno messe in ammollo e cotte per un tempo proporzionale all’ammollo usato. Di solito l’ammollo può durare anche un giorno, ma se le liberiamo dalla buccia i tempi si riducono a 6-8 ore, la cottura richiede circa un paio di ore per renderle buone e apprezzabili. Se compriamo fave fresche le cose sono molto semplici perché si possono mangiare crude, aprire il baccello ovvero i frutti e staccare i legumi per poi aprire la loro buccia e avere libere le due parti da mangiare. Tutto questo spiega il detto “prendere due piccioni con una fava”, se si separano i due cotiledoni si preparano due esche per catturare due piccioni usando una sola fava. L’immagine è oggi usata per alludere ad avere un vantaggio multiplo con un solo colpo. Le fave sgranate possono tranquillamente essere conservate in frigo per qualche giorno, oppure congelarle dopo una rapida scottata in acqua bollente. Le fave crude sono degli “spezzafame” o spuntini del tutto naturali per le loro fibre e il loro sapore. Oggi troviamo in commercio anche della farina di fave che permette di avere del pane o della pasta innovativi sia pure non mescolando oltre una parte di fave per sei parti di farina di grano.

Conclusioni

Le fave non sono un legume con un disturbo di personalità per cui oscillano nella nostra storia da alimenti proibiti ad essere utili per i contadini come sostituti della carne fino ad essere una fonte di rischio per chi è ammalato di favismo. L’interpretazione di un evento o altro andrebbe affrontato sempre in maniera ermeneutica, contestualizzando sempre il tutto al tempo e al luogo. Le difficoltà vissute dalle fave nel passato sono comprensibili oggi conoscendo la genesi del favismo, ma non vanno rifiutate ed eliminate sic et simpliciter dalla dieta. Ci trasformeremmo in esegetici che guardando cosa indica la mano non badano a cosa intanto è cambiato nell’intorno della mano. Occorrerebbe sempre valutare le fave, come tutto del resto, inserendole nell’insieme delle nuove conoscenze e delle nuove necessità che vengono a galla.