7 cose che forse non sapete sulle melanzane

MELANZANE

Sempre presenti sugli scaffali delle frutterie (ma spesso provenienti dall’estero) le melanzane per secoli sono state messe all’indice, anche dalla Chiesa. Da qui il nome (“mele insane”). E invece hanno un effetto depurativo sul fegato, anti-colesterolo, diuretico.

Parafrasando la Nisida del maestro Bennato, “la melanzana è un frutto, ma nessuno lo sa…” La melanzana, come il pomodoro nasce dai fiori, e contiene talvolta troppi semi ma tutti la immaginiamo solo come verdura che per quanto versatile non gusteremmo mai come un frutto qualsiasi. Le melanzane, botanicamente, sono in buona compagnia appartenendo alla famiglia delle Solanaceae che comprende anche peperoni, patate, tabacco o le famose bacche di Goji. Purtroppo, questa famiglia comprende anche piante a rischio di tossicità per l’uomo come lo stramonio o la belladonna. Lo stesso nome latino melanzana deriva dall’essere considerata una mela, ovvero sinonimo di pianta esotica e poco conosciuta, a cui si aggiunge il suffisso “non sana”. Questa brutta nomea era collegata ai suoi effetti negativi psicologici come far peggiorare l’umore o problemi di sonno a chi le mangiasse. Nel caso della melanzana possiamo ripensare al pensiero del filantropo Warren Buffett “Ci vogliono vent’anni per costruire una reputazione e cinque minuti per rovinarla….”. Vediamo di avvicinarci, con i nostri Miti Alimentari, per fare una conoscenza diretta con la mela insana.

La melanzana è una pianta mediterranea e appartiene da sempre alla nostra quotidianità

FALSO La melanzana è per alcuni di origine cinese mentre per altri è una pianta indiana. Arriva nel Medioevo in Europa con le invasioni arabe e colonizza il meridione del continente trovando probabilmente cittadinanza in Sicilia come prima accoglienza, grazie al suo clima caldo estivo e al poco freddo dell’inverno, da qui si diffonde nel resto dell’Italia. Gli arabi le chiamavano badingian ovvero “uova del diavolo” perché se consumate crude davano insonnia e forme di isteria. Addirittura al loro arrivo nel corso del 1500 circa si sosteneva che fossero un’arma occulta per uccidere i cristiani in nome della cultura musulmana. In alternativa, per evitarne il loro consumo, si diceva fossero degli alimenti afrodisiaci e per questo vietati ed osteggiati dalla Chiesa Cattolica. Il “Trattato degli Orti e dei Giardini” del 1550 la cita per la prima volta e, come spesso accade per alcune piante, viene letteralmente adottata dall’Ordine dei Carmelitani Scalzi di Santa Teresa di Gesù come pianta medicamentosa e alimentare. La melanzana esce dai Conventi e, finalmente, assume un posto d’onore a tavola solo a partire dall’inizio del 1800 per poi diventare protagonista di mille ricette soprattutto grazie alla sua ecletticità e capacità di adeguarsi alla bisogna dello Chef e dei commensali.

Conosco solo le melanzane viola e lunghe, non ho mai usato altre varietà perché credo siano tutte simili

FALSO La melanzana è una pianta erbacea, alta circa 30 cm che produce delle bacche di varie forme e di solito molto scure che diventano commestibili con la cottura. Il loro nome inglese “eggplant” o islandese “eggaldin” oltre a ricordare la derivazione araba della pianta, ci rammentano che esiste una varietà del tutto bianca, molto simile alle uova di gallina e che oggi ritroviamo sempre più spesso sui banchi del mercato dell’ortofrutta come fossero una primizia mentre sono una pagina di storia evolutiva di questa pianta. Se elenchiamo le varietà presenti troviamo la violetta, la nana o precoce, quella palermitana più tondeggiante, la mostruosa di origine americana o la tonda di Firenze con pochi semi e una polpa molto compatta. In Africa esiste una melanzana rossa simile al pomodoro e un varietà simile a questa è la rossa DOP di Rotonda in Basilicata, Campania e Calabria che sembra un vero e proprio pomodoro da insalata. I colori che osserviamo sono dovuti, nel caso della rossa, alla presenza di carotene, per intenderci quello di carote e pomodori, mentre il viola, in effetti un blu carico, è collegato alla ricchezza di antociani o antocianine che sono presenti anche in lamponi, uva, ore o anche nel pompelmo rosso. Questi composti sono dei fenomenali antiossidanti e antiinfiammatori e agiscono come protettivi per le radiazioni UV e migliorano la fragilità dei capillari periferici. Le melanzane bianche non sono però prive di benefici perché comunque ricche di antiossidanti e la minore quantità di semi che le rende più appetibili. La natura ha previsto anche delle varietà di melanzane dette “zebrine” che oggi sono fra le più diffuse perché più adatte a preparare caponate, a essere fritte e a fare parmigiane grazie al gusto più dolce e più apprezzato dai consumatori.

La melanzana è una produzione tipicamente italiana

VERO Nel mondo è la Cina a produrre oltre 35 milioni di tonnellate l’anno a cui segue l’India e altri paesi come Egitto o la Turchia. L’Italia è un grande produttore seppure piazzatosi al nono posto con oltre trecentomila tonnellate che ci porta in Europa al primo posto. È una pianta subtropicale poco amante di climi freddi, troppo umidi o ventosi e se scendiamo sotto i 12°C come temperatura, arresta la sua crescita. È una pianta che si raccoglie da luglio a metà ottobre per cui melanzane fuori stagione sono probabilmente importate. La melanzana soffre della mosca bianca, del ragno rosso, dell’oidio e degli afidi nonchè degli attacchi fungini da varie muffe, ma nonostante questo è considerata una pianta rustica dunque resistente in campo. Tra le verdure che presentano un rischio di essere positive ai vari pesticidi, con cipolle, mais, verze etc. le melanzane possono essere considerate relativamente sicure per la nostra tavola.

Le melanzane sono letteralmente uno scrigno di salute

VERO Qualcuno le ha definite “frutto della salute” perché già nel passato erano associate alla capacità di ridurre sia il colesterolo che gli acidi urici causa della gotta senza dimenticare il loro contributo al miglioramento del nostro fegato. Viene annoverata tra i 30 Smart Food dall’Istituto Europeo di Oncologia, che le inserisce nella sottocategoria dei 20 Longevity Food e la loro azione antiage, di contrasto all’accumulo di grassi e la capacità di saziare sembrano favorire una vita più lunga e con meno ostacoli imprevisti. Le melanzane contengono 14 mg per etto di Magnesio e 0,6 mg di Vitamina B3 quanto lo zenzero, spinaci o zucchine. Forniscono solo 24 kcalorie per etto e ben 3,4 grammi di importanti fibre pari a circa il 20% del nostro fabbisogno quotidiano. Di contro contengono per etto 1,1 grammi di proteine e circa 5,7 grammi di zuccheri. Sono fra gli ortaggi uno dei più edibili mangiandone oltre il 90% per cui danno pochi scarti. Il loro contributo di Potassio è circa di 230 mg per etto alla pari delle conserve di pomodoro e degli asparagi. La loro utilità nasce da molecole molto simili a quelle del carciofo, come la cinarina, che aiutano il fegato e hanno capacità depurative e diuretiche che giustificano il loro utilizzo come contorno di piatti di carne che invece portano alla gotta per accumulo di acidi urici. Le melanzane contengono anche Acido clorogenico, Acido caffeico e la nasunina. Quest’ultima oltre ad essere un potente antiossidante inibisce la formazione di nuovi vasi sanguigni per cui in qualche modo rallenta la formazione e la moltiplicazione di cellule tumorali.

Non conosci il Salvagente? Scarica GRATIS il numero con l'inchiesta sull'olio extravergine cliccando sul pulsante qui in basso e scopri cosa significa avere accesso a un’informazione davvero libera e indipendente

Sì! Voglio scaricare gratis il numero di giugno 2023

Le melanzane non hanno nessuna controindicazione per la mia salute

FALSO In linea di massima non creano problemi, Byron diceva che “il piacere è peccato e il peccato è un piacere” e il loro peccato originale sta nell’essere delle Solanaceae quindi contengono della solanina. Questa sostanza è nata per surrogare nei vegetali la capacità di fuggire degli animali rispetto ai loro predatori. La solanina se assunta in dosi eccessive porta a problemi di sonnolenza, di gastrite, di diarrea o di crampi, ma è presente a bassi livelli nelle melanzane. Le melanzane hanno quantità pari a circa 10 mg per etto di prodotto crudo, fortunatamente la cottura ne riduce le quantità in maniera rapida e ben oltre il 50% viene distrutto. Per avere un rischio occorrerebbe mangiare 4,5 kg di melanzane crude in breve tempo cosa che per le difficoltà e il sapore amaro derivante dalla nasunina ci mette praticamente al sicuro da questo pericolo. Qualche problema la melanzana la offre per la sua natura “spugnosa” che le rende un vero e proprio assorbente il che le carica di calorie dovute al grasso che aggiungiamo per la cottura, la frittura o la conservazione. Si può in parte ovviare spennellando le fette da grigliare o infornare, per quelle da friggere c’è ben poco da fare se non essere rapidi e asciugarle bene in post cottura.

Parmigiana di melanzane, facile da sbagliare

VERO Questo piatto, come tanti altri ovvero la Caponatina di Adelina a Vigata o la pasta alla Norma nota in Sicilia come “pasta ca sassa e mulinciani”, sono capolavori sensoriali che sono tanto più buoni perchè infarciti di trappole che li trasformano in pessime imitazioni dell’originale. La stessa Norma, chiamata così da uno Chef siciliano in occasione di una replica della Norma di Bellini mentre per altri è sinonimo di un piatto da preparare “a norma” ovvero perfetta in tutto come l’opera del Bellini, è un piatto complesso a farsi ma semplice a vedersi. Nel caso della “parmigiana” la città emiliana non può accampare diritti di nascita e probabilmente il nome deriva dal termine palermitano “parmiciana” ovvero sinonimo di persiane che ricordano le stratificazioni della parmigiana a modi scudo o di listelle legnose ovvero le “parme”. Il primo a citarla è Ippolito Cavalcanti che non potendo misurarsi con il trisavolo poeta Guido Cavalcanti decise di dedicarsi all’editoria gastronomica con il Trattato di Cucina teorico-pratica. Evitandoci di avere un qualsiasi poeta in cambio di un grande storico della cucina. La parmigiana è uno dei piatti con più variazioni, del resto la musica lo permette; quindi, abbiamo parmigiane con uova o senza, con caciocavallo o provola, con salsiccia o carne. Insomma, un florilegio di varianti che trasformano la parmigiana di melanzane un piatto nazional-popolare alla pari della pasta al sugo. Qualcuno le frigge, altri le fanno alla brace altri preferiscono “indorarle” e poi friggere per avere un dono per il palato da tralasciare ai nipoti come segreto di famiglia. Salarle nel passato era necessario per “scaricare” l’amarognolo ma oggi la selezione ha reso le melanzane quasi tutte dolci, altrimenti le striate sono perfette all’uopo. Salare richiama acqua dalla polpa della melanzana e questo aiuta a friggere e a non avere parmigiane galleggianti. Ricordiamo però che sono sapide per cui si debbono lavare rapidamente dal sale in eccesso. Chiedere di avere un fritto non untuoso è un ossimoro gastronomico, si può fare del proprio meglio, ad esempio, friggendo bene o infarinandole con uova per impedire all’olio di entrare nella polpa della melanzana. Grigliamo, se proprio lo vogliamo, ma coscienti che siamo ai limiti della “norma”  possiamo spennellarle con olio e abbiamo fette grigliate, non secche e utilizzabili. Ma una cottura che è quasi una cerimonia non andrebbe mai dissacrata. Poi dopo questa fase ci sono solo variazioni sul tema, uova intere a fette, salsiccia, piccante, carne, formaggi etc. tutto fa una “buona parmigiana” e se la lasciate riposare sarà anche meglio.

Come frutto è impossibile mangiare una melanzana

FALSO Qualche parola va detta su questo che sembra quasi un grammelot di Dario Fo. Ambedue le Costiere, amalfitana e sorrentina, usano offrire ai propri ospiti alla fine del pranzo o della cena le melanzane al cioccolato. Anche in questo caso sono le suore di Santa Maria della Misericordia a inventarle per una nipote dello Zar russo Nicola II che era in dolce attesa in quei paraggi. Come dono per la nascita furono portate delle melanzane fritte, con crema di cioccolata e cioccolata, mandorle e amaretti. Un qualcosa che piacque così tanto da diventare un must di pasticceria proposto dappertutto con successo. La dimostrazione è che sono fra i migliori  testimonial gastronomici della Campania e si associano a due aree geografiche di bellezza e di sapori unici al mondo.