Uno studio in vitro ha trovato che dopo 14 giorni di dieta piccante, con consumo regolare di peperoncino, il microbiota ha misurabili benefici. Una spiegazione di quanto sostengono altre ricerche che assegnano a questo cibo un ruolo contro l’obesità e le infiammazioni
Un’ottima notizia per gli amanti del peperoncino. Se più studi fino ad oggi avevano dimostrato che la capsaicina – la sostanza che garantisce la piccatezza al peperoncino – può avere un effetto benefico tanto sulle infiammazioni intestinali che sull’obesità quando fa parte di una dieta regolare, ora arriva una spiegazione di questi effetti: assumere regolarmente capsaicina può influenzare positivamente il microbiota intestinale.
Il peperoncino aiuta il microbiota
Uno studio ha utilizzato un modello in vitro dell’intestino umano per capire come questo possa avvenire, attraverso una combinazione di sequenziamento NextGen – frammentazione del DNA/RNA in più pezzi, aggiunta di adattatori, sequenziamento e rimontaggio per formare una sequenza genomica – e metabolomica.
I ricercatori hanno affermato: “Il microbiota intestinale è un mediatore di impatto della salute e delle malattie umane e quando c’è uno squilibrio tra i tipi di organismi presenti nella microflora naturale di una persona, in particolare nell’intestino, si ritiene che ciò contribuisca a una serie di problemi sulle condizioni di salute. Ciò può verificarsi quando c’è una mancanza di diversità che può essere dovuta all’aumento dell’età , alla dieta occidentale o a problemi di salute avversi come l’obesità , il diabete o la sindrome dell’intestino irritabile”.
Cosa succede dopo 14 giorni di dieta piccante
Per questo studio, è stato valutato l’effetto della capsaicina sulla comunità microbica intestinale di due donatori indipendenti con analisi all’inizio e alla fine di 14 giorni di dieta per capire come influisce sulla struttura della comunità microbica intestinale. Il risultato è che ci sono stati cambiamenti significativi nella diversità della comunità del microbiota con un aumento della diversità microbica. Un mutamento che è stato associato a una migliore salute, al contrario di quanto succede con una diminuzione della diversità microbica intestinale, associata ad alcune malattie, in particolare in relazione ai diabetici di tipo 2.
La capsaicina? consente di ridurre il sale
Le evidenze a favore di un consumo di peperoncino sono davvero tante. Non ultima quella che un suo uso può ridurre il ricorso al sale, un imperativo per molti di noi.
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Anche in questo caso aiuta uno studio, non proprio nuovissimo, pubblicato su American Heart Association of Hypertension che suggerisce di aggiungere peperoncino per diminuire l’assunzione di sodio mantenendo il sapore del cibo.
A uscire promosso a pieni voti, per esempio, il peperoncino. La capsaicina, infatti, può anche rendere un alimento più salato perché aumenta la percezione della sapidità .
I ricercatori hanno studiato 606 adulti cinesi e hanno collegato le loro preferenze per i sapori salati e piccanti alla loro pressione sanguigna. Coloro che preferivano cibi piccanti consumavano meno sale e avevano una pressione arteriosa inferiore.
Hanno anche scoperto che la parte del cervello che è stimolata dal sale – l’insula e la corteccia orbitofrontale – è stimolata anche dalle spezie.
Meglio intero (e italiano)
Agli amanti del piccante, tuttavia, il consiglio è evitare la polvere, per sua natura facilmente sofisticabile. Tutti ricordano la storia del Sudan 1, un colorante utilizzato, normalmente, per tingere solventi, oli minerali, petrolio, cere per pavimenti e scarpe e vietato in paesi come l’Inghilterra fin dal 1995 a causa della sua azione cancerogena e genotossica. Era l’estate 2003 quando, grazie agli enti sanitari francesi, venne scoperta oltralpe, una diffusa contaminazione di prodotti alimentari contenenti peperoncino di origine inglese. Un allarme che in breve tempo arrivò anche nel nostro paese. Uno scandalo che costrinse – per fortuna, visti i silenzi dell’allora ministro della Salute anche di fronte ai risultati dei nostri test che inchiodavano alcune aziende –  l’Europa ad agire immediatamente emendano una decisione che di fatto stabiliva l’impossibilità di importare nei paesi comunitari né peperoncino né prodotti a base di peperoncino privi di un certificato che assicuri l’assenza di Sudan I, II, III, IV.
Oltre al Sudan 1, nei peperoncini importati il rischio pesticidi è sempre molto elevato: qualche anno fa in Svizzera l’Ufficio federale della sicurezza alimentare e di veterinaria lanciò una vera e propria allerta mettendo in guardia i consumatori: le verdure provenienti dall’Asia conterrebbero un vero cocktail di veleni.