Nonostante non ci sono più dubbi circa la correlazione tra l’aumentata esposizione all’acrilamide e il maggior rischio di sviluppare il cancro, l’Unione europea è lontana da una normativa che tuteli la salute dei consumatori. L’acrilammide è un contaminante di processo è che si forma naturalmente negli alimenti amidacei durante la normale cottura ad alta temperatura. La principale reazione chimica che ne è la causa è nota come “reazione di Maillard”, la stessa reazione chimica che conferisce ai cibi l’aspetto abbrustolito e li rende più gustosi. L’acrilammide ha inoltre diffusi impieghi non alimentari in ambito industriale ed è presente nel fumo di tabacco.
Cos’è l’acrilammide
Questa sostanza è presente in diversi alimenti: dai prodotti fritti a base di patate alle fette biscottate e i biscotti passando per il pane morbido e i cracker. Di recente, uno studio condotto dall’Università Federico II di Napoli e Roma San Raffaele su 90 campioni di baby food, indicati per lo svezzamento dei bambini da 4 a 36 mesi, ha evidenziato una concentrazione molto alta (seppur al di sotto delle soglie di riferimento) in quasi tutti i prodotti, in particolare modo nei biscotti.
Un’esposizione preoccupanti soprattutto per i bambini: l’acrilammide è stata classificata nel gruppo 2A dalla Iarc dell’Oms come “probabile cancerogeno per l’uomo” e l’Efsa ne raccomanda l’assenza. Tuttavia, non esiste un vero e proprio limite di legge, ma solo delle soglie – periodicamente riviste al ribasso – alle quali le aziende alimentari devono tendere per tenere sotto controllo la sostanza tossica. Così, in pratica, in caso vengano rilevate dei prodotti con concentrazioni superiori al livello di riferimento (come è accaduto per nei test condotti dal Salvagente sulle patatine fritte in busta), non scatta nessun ritiro alimentare ma solo l’obbligo per le aziende di mettere in atto una serie di azioni di contenimento.
La denuncia di Safe
L’associazione Safe – Safe Food Advocacy Europe che segue molto da vicino l’evolversi della legislazione europea, da tempo denuncia le falle di questo sistema: “L’attuale meccanismo di controllo non è efficiente nel ridurre l’esposizione all’acrilammide poiché la procedura di avviso agli altri Stati membri viene attuata tra 15 e 30 giorni dopo che uno Stato membro ha notificato la contaminazione”. L’organizzazione fa riferimento al sistema di allerta europeo, Rassf che raccoglie le segnalazioni. “Secondo le notifiche degli Stati membri al sistema di allerta rapido su alimenti e mangimi (RASFF) nel 2020-2021, le contaminazioni da acrilammide erano comprese tra 497 e 2690 µg/kg, che sono 4-5 volte superiori ai valori di riferimento in vigore in l’Unione Europea” fa sapere l’associazione.
I prossimi passi
La Commissione europea ha avviato da poco un nuovo giro di consultazioni per rivedere nuovamente i limiti di mitigazione. Le aziende – dal canto loro – hanno presentato all’esecutivo i risultati del monitoraggio dell’acrilammide che sono tenuti costantemente a svolgere, mentre dall’altro Safe ha mostrato, ancora una volta, tutte le falle di quel sistema di controllo tanto decantato e chiesto alla Commissione di accelerare la fissazione di limiti di legge certi.
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