Assegno Unico: entro domani la domanda per riceverlo a marzo

ASSEGNO UNICO

Unico e Universale. Significa anzitutto che accorperà, in un solo beneficio, tante altre agevolazioni o bonus destinati a sparire (alcuni per la verità già sono decaduti dal 1° gennaio), ma in particolare che tutti ne avranno diritto. Con l’approvazione del nuovo Assegno destinato alle famiglie (decreto legislativo 230/2021), quella che si prepara è una sorta di rivoluzione “copernicana” nell’ambito degli aiuti economici che hanno i figli come protagonisti. Un terreno rimasto finora molto frastagliato nella pletora di sconti, bonus e prestazioni per il mantenimento dei ragazzi. Quindi, se c’è un obiettivo che prevale su tutti, è di sicuro quello “centralizzare” gli aiuti semplificando (appunto tramite un assegno che sia “unico e universale”) il comparto fiscale e assistenziale dei nuclei con prole.

La platea è estesa anche se gli ultimi dati diffusi dall’Inps (21 febbraio) indicavano che solo il 30% dei beneficiari aveva presentato la richiesta dell’Assegno Unico (accedi al servizio).  Chi presenta la domanda entro domani lunedi 28 febbraio potrà ricevere il primo bonifico già nella seconda metà di marzo. Per i ritardatari c’è tempo fino al 30 giugno per richiedere gli arretrati (a partire da marzo). Di seguito le istruzioni per l’uso e le risposte ai principali dubbi.

Assegno Unico dal 1° marzo

Tutta questa macchina operativa, il cui funzionamento chiama a raccolta sia Caf che patronati (a parte ovviamente l’Inps, ente erogatore), entrerà ufficialmente a regime dal 1° marzo 2022, cioè la data di decorrenza indicata dalla norma, e quindi, con ogni probabilità, anche quella in cui l’Inps dovrebbe cominciare a staccare i primi assegni. Questo però non significa che fino al 1° marzo bisognerà starsene con le mani in mano, anzi, esattamente il contrario, perché di fatto la trafila per inviare la domanda di assegno è già stata sbloccata dal 1° gennaio. Morale: prima ci si muove, meglio è.

Cosa fare per la domanda?

I due mesi, allora, che precedono l’entrata in vigore del beneficio, possono essere messi a frutto per radunare la documentazione occorrente presentare in autonomia la domanda (sul sito dell’Inps muniti di Spid) oppure passare al Caf per farsi calcolare l’Isee e infine recarsi al patronato per inoltrare l’istanza formale di assegno. Questo è certamente un aspetto da tenere bene a mente: la domanda va fatta, sempre e comunque, a meno che il nucleo non sia già percettore di Reddito di Cittadinanza, e allora in tal caso l’Assegno Unico verrà erogato d’ufficio per la quota-parte residua fino a raggiungere (sommandola all’RdC) l’importo che spetterebbe di norma.

Ma in tutti gli altri casi, ribadiamo, la domanda va/andrà per forza trasmessa per assicurarsi l’erogazione dell’importo. Erogazione che certamente verrà accreditata sul conto o su una carta riconducibile al genitore richiedente, ma ancora non è chiaro in che tempi (è presumibile che il pagamento decorra dal mese successivo alla domanda) e con quale cadenza, cioè se in unica soluzione oppure suddivisa in rate mensili (su questo però ne sapremo di più quando uscirà la circolare dell’Inps, che al momento in cui scriviamo è ancora in lavorazione).

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Quali agevolazioni spariranno?

Entrando adesso più nel dettaglio, possiamo dire che l’Assegno Unico andrà a rimpiazzare prestazioni come il Premio alla nascita, il Bonus Bebè, il Fondo prestiti ai neo genitori e gli assegni al nucleo familiare, alcuni di essi, accennavamo, già abrogati dal 1° gennaio, mentre altri lo saranno dal 1° marzo. E nel solco della “rivoluzione” ci finiranno anche le detrazioni fiscali sui figli a carico, che però rimarranno in vigore per i ragazzi dai 22 anni in su, cioè quelli per cui l’Inps cesserà di pagare l’assegno.

Erogazione fino a 21 anni

Chiariamo quindi chi sono i veri protagonisti per cui l’assegno è stato istituito: di base verrà erogato per ogni figlio minorenne a carico, già a decorrere dal settimo mese di gravidanza; per quanto riguarda invece i figli maggiorenni, proseguirà fino all’età di 21 anni, ma a condizione che i figli rientrino in una delle seguenti casistiche:

  1. Frequentino un corso di formazione scolastica o professionale, ovvero un corso di laurea;
  2. Svolgano un tirocinio ovvero un’attività lavorativa e posseggano un reddito complessivo inferiore a 8.000 euro annui;
  3. Siano registrati come disoccupati e in cerca di un lavoro presso i servizi pubblici per l’impiego;
  4. Svolgano il servizio civile universale.

Vi è poi il caso dei figli disabili a carico per i quali l’assegno “eluderà” le regole ordinarie sopra descritte, e quindi verrà erogato senza condizioni o limiti di età.

Il ruolo dell’Isee

Un ruolo centrale lo giocherà indubbiamente l’Isee, cioè il valore economico che soppesa il livello di povertà o agiatezza di un determinato nucleo. Va subito chiarito che l’Assegno Unico, proprio in ragione della sua “universalità”, non prevede nessuna soglia di sbarramento Isee in senso reddituale o patrimoniale, quindi tutte le famiglie ne avranno diritto a prescindere dal loro tenore di vita. L’Isee però al tempo stesso è quello strumento che sarà in grado di assicurare alla famiglia la quota esatta di assegno spettante: l’erogazione in altri termini verrà stratificata per fasce di reddito, cioè ogni famiglia, a seconda della sua composizione e del suo Isee, andrà a collocarsi in una determinata fascia e riceverà la quota specifica riservata a quella medesima fascia. Cioè ad esempio: due nuclei collocati nella stessa fascia economica Isee da 0 a 15.000 euro, ma il primo con uno solo figlio minore e il secondo con tre figli (uno minorenne e due maggiorenni), è chiaro che avranno diritto a due trattamenti diversi; stesso ragionamento nel caso di due famiglie con gli stessi figli, ma collocate in due fasce economiche differenti.

Dove si inserisce nella domanda l’Isee?

È meglio averlo richiesto (on line o a un Caf) ma l’Isee non va inserito nella domanda di assegno unico. L’Inps tramite i suoi archivi e database risalirà in autonomia all’attestazione in cui il codice fiscale dei figli (inseriti nella domanda) è presente.

E se non presento l’Isee?

Domanda: e se il genitore facesse la richiesta senza allegare l’Isee? Molto semplice: di per sé l’assenza dell’Isee non preclude il diritto al beneficio, ma è pur vero che senza Ise l’erogazione dell’assegno verrebbe “retrocessa” automaticamente nella fascia minima riservata ai nuclei con Isee over 40.000, cioè pari a 50 euro mensili a figlio. È chiaro quindi che se da una parte, per le famiglie più abbienti, il calcolo Isee potrebbe rappresentare uno step del tutto superfluo, perché già consapevoli che il loro indicatore andrebbe tranquillamente a pareggiare, se non a oltrepassare, il valore di 40.000 euro, d’altra parte non sarà così per i nuclei più poveri, perché nel loro caso l’Isee diventerà davvero decisivo per assicurarsi la quota mensile idonea. In ogni caso la procedura non esclude nemmeno l’eventualità di un Isee successivo rispetto alla domanda di assegno, quindi in teoria un genitore potrebbe anche fare domanda e poi in un secondo momento presentare l’Isee: a quel punto, se il valore dell’indicatore fosse in effetti al di sotto dei 40.000 euro, l’importo verrebbe conguagliato pareggiando la quota che spetta realmente.

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Le domande più ricorrenti

Che requisiti occorrono per ottenere l’Assegno Unico?

L’Assegno Unico non prevede nessun paletto selettivo in senso reddituale o patrimoniale. Tutte le famiglie ne avranno diritto, purché abbiano ovviamente dei figli a carico fino a 21 anni. L’unica vera condizione è il possesso, al momento della presentazione della domanda, e per tutta la durata del beneficio, da parte del genitore richiedente dei requisiti di cittadinanza, residenza e soggiorno indicati dall’articolo del Dlgs 230/2021, ovvero:

  • della cittadinanza italiana o di uno Stato membro dell’Unione europea, o suo familiare, titolare del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente, ovvero sia cittadino di uno Stato non appartenente all’Unione europea in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo o sia titolare di permesso unico di lavoro autorizzato a svolgere un’attività lavorativa per un periodo superiore a sei mesi o sia titolare di permesso di soggiorno per motivi di ricerca autorizzato a soggiornare in Italia per un periodo superiore a sei mesi;
  • dell’assoggettamento al pagamento dell’imposta sul reddito in Italia;
  • della residenza e del domicilio in Italia;
  • della residenza in Italia da almeno due anni, anche non continuativi, o titolarità di un contratto di lavoro a tempo indeterminato o a tempo determinato di durata almeno pari a sei mesi.

Posso presentare la domanda di assegno senza allegare la dichiarazione Isee?

Sì, è possibile: l’Isee non determina di per sé il diritto o meno all’Assegno Unico, quindi la domanda può essere anche sprovvista di Isee, ma va chiarito che senza Isee si avrà diritto all’erogazione nella misura minima, pari a 50 euro per figlio. Se quindi l’intenzione è quella di allegare l’Isee è possibile rivolgersi a un Caf che provvederà all’elaborazione della Dsu Isee.

Come va fatta la domanda?

Per fare domanda è possibile recarsi a un Patronato oppure procedere tramite i canali istituzionali dell’Inps (Contact Center oppure sito web se provvisti di SPID, Carta di identità elettronica o Carta Nazionale dei Servizi).

Chi deve presentare la domanda?

È sufficiente che sia solo un genitore a presentare la domanda, nella quale chiaramente andranno indicati tutti i figli destinatari della prestazione. Va poi tenuto conto che la domanda avrà validità annuale, quindi in pratica andrà rinnovata di anno in anno.

Nel caso dei genitori separati, come del resto su tutte le altre casistiche più specifiche, non sono state ancora diramate indicazioni ad hoc. È comunque attesa a breve la pubblicazione di una Circolare Isee che seguirà il Messaggio n° 4748 del 31 dicembre, ed inoltre è molto probabile che vengano pubblicate in seguito anche delle Faq. Possiamo però desumere, in linea di massima, che nel caso di genitori separati è più logico che a presentare la domanda sia il genitore convivente coi figli, includendo o meno nel nucleo, a seconda dei casi, l’altro genitore non convivente in qualità di componente aggiuntiva.

Se non si presenta la richiesta di Assegno Unico, le detrazioni sui figli a carico rimarranno lo stesso?

Premesso che l’Assegno Unico copre la fascia fino a 21 anni, la risposta è no. Cioè: per i figli a carico fino a 21 anni va fatta domanda di Assegno Unico. Detto altrimenti, fino a 21 anni le detrazioni Irpef sui figli a carico cesseranno a partire dal 1° marzo 2022, quando appunto subentrerà l’Assegno Unico, a prescindere dal fatto che sia stata presentata domanda o meno. Diversamente, a partire dal compimento dei 22 anni, se la condizione di carico fiscale del figlio permarrà, scatteranno le classiche detrazioni Irpef.

Le precisazioni di Inps su separati e arretrati

Il 30 giugno 2022 sarà la data spartiacque per assicurarsi anche gli arretrati dell’Assegno Unico. I genitori potranno accordarsi se farselo erogare al 100% su un unico conto corrente, oppure chiedere la spartizione al 50%. I figli maggiorenni invece (comunque non al di sopra dei 21 anni) potranno eventualmente fare da sé e indicare un conto corrente proprio. Con la pubblicazione delle nuove Faq dell’Inps, ma soprattutto della Circolare 23 del 9 febbraio, il quadro sull’Assegno Unico si fa un po’ più delineato.

L’Assegno Unico dal 1° marzo andrà a rimpiazzare bonus e agevolazioni come il Premio alla nascita, il Bonus Bebè o le stesse detrazioni sui figli a carico: tutte le istruzioni per richiederlo si trovano nel nostro articolo pubblicato il 15 gennaio.

Isee determinante

Una cosa comunque è importante ribadirla, e riguarda l’Isee. Tutti quanti si domandano: ma è obbligatorio? Risposta: no, non è assolutamente obbligatorio allegare l’indicatore economico del nucleo alla domanda di Assegno. La prestazione verrà quindi erogata in ogni caso, con o senza il calcolo Isee; è pur vero però che senza Isee l’Assegno verrebbe erogato nella sua misura minima, mentre, allegando l’Indicatore economico, l’Inps potrà determinare la reale quota spettante al nucleo che lo richiede, appunto perché l’erogazione è stata strutturata per fasce di reddito. Detto questo, cerchiamo di fornire qualche pratica informazione.

I tempi dei versamenti

Anzitutto sui tempi. Il 30 giugno, dicevamo, sarà una data spartiacque. Il perché è presto detto. Considerando che i pagamenti cominceranno dal 1° marzo per le domande già presentate nel periodo gennaio-febbraio, e che in generale scatteranno dal mese successivo rispetto a quello in cui si presenta la domanda (quindi chi farà domanda a marzo lo riceverà ad aprile e così via), va comunque ricordato che per tutte le domande presentate entro il 30 giugno 2022 è garantito un periodo “cuscinetto” nel quale l’Inps garantisce il versamento degli arretrati a decorrere da marzo, mese appunto di entrata in vigore dell’Assegno.

Facciamo qualche esempio. Domanda presentata a gennaio o febbraio: pagamento della prima mensilità di marzo già a marzo stesso, poi a fine aprile arriverà la mensilità di aprile e così via. Domanda presentata a marzo: pagamento ad aprile della mensilità di marzo, poi a maggio della mensilità di aprile, ecc. Domanda invece presentata a giugno: pagamento a decorrere da luglio, ma comprensivo, oltre che della mensilità “regolare” di giugno – mese della domanda –, anche degli arretrati di marzo, aprile e maggio. Domanda infine presentata a luglio: in questo caso vale la regola generale che dicevamo, ovvero il versamento scatta a partire dal mese successivo rispetto a quello della domanda, ma senza arretrati, quindi se chiedo l’assegno a luglio l’Inps comincerà a pagarmelo da agosto, ma ad agosto mi pagherà solo la mensilità di luglio, e così via a seguire.

Come avviene il pagamento

Altra domanda: dove mi arriva l’Assegno? Qui dipende dai casi. La pista di atterraggio sono comunque gli Iban dei conti indicati nella domanda. Il genitore, quindi, che formalmente trasmette la richiesta, ha due scelte: in accordo con l’altro genitore può chiedere che l’Inps gli corrisponda l’intero importo sul suo conto/libretto, altrimenti può chiedere che l’importo venga corrisposto in misura ripartita al 50% tra i due genitori, dichiarando in questo caso di essere stato autorizzato dall’altro genitore ad indicare la modalità di pagamento della sua quota, quindi in pratica dovrà indicare due diversi Iban.

Ci sarebbe in realtà anche una terza ipotesi: ovvero chiedere un pagamento sempre in misura ripartita al 50%, ma stavolta senza indicare, casomai non fosse stato raggiunto nessun accordo (come potrebbe accadere per i separati/divorziati), gli estremi del conto dell’altro genitore, che dovrà quindi provvedere da sé a indicare gli estremi del suo conto.

Nel caso invece dei figli maggiorenni fino a 21 anni (dal compimento dei 22 infatti l’Assegno decade e riprendono a funzionare le normali detrazioni sui carichi) anche il figlio potrebbe fare domanda, cioè risultare direttamente lui/lei come richiedente. In questo caso, però, sarebbe obbligato a indicare un Iban a suo nome. Altrimenti la domanda potrebbe comunque essere trasmessa da uno dei genitori con gli stessi criteri che abbiamo sopra indicato.

Le famiglie dei separati

Una questione che infine suscita numerosi dubbi è quella dei genitori separati o divorziati. L’Inps non a caso ci ha dedicato una Faq apposita. “Nel caso di genitori separati, divorziati o comunque non conviventi – scrive – l’Assegno può essere pagato al solo richiedente o, anche a richiesta successiva, in misura uguale tra i genitori. Il richiedente deve quindi dichiarare nella domanda che le modalità di ripartizione sono state definite in accordo con l’altro genitore e può indicare nella stessa domanda anche gli estremi dei conti dove pagare la quota di Assegno spettante all’altro genitore”. Viceversa “in mancanza di accordo, il richiedente deve indicare che chiede solo il 50% per sé. In questo caso, l’altro genitore dovrà successivamente integrare la domanda fornendo gli estremi dei propri conti”.