Il latte artificiale non è uguale a quello materno anche, e soprattutto, per la presenza di alcuni contaminanti come micotossine e farmaci. Un nuovo lavoro scientifico appena pubblicato sul Journal of Diary Science ne dà , qualora fosse necessario, ulteriore conferma. Lo studio, che tra gli autori vede anche Alberto Ritieni, professore dell’Università Federico II di Napoli che nel 2020 ha condotto per noi le analisi su 18 formule, ha evidenziato in 54 latti (in polvere e liquidi) la presenza di 45 sostanze tra micotossine e principi attivi farmaceutici. Non solo, attraverso un’evoluzione del metodo scientifico già validato, l’Orbitrap – lo strumento che l’università usa per questo tipo di analisi – ha consentito di vedere – ma non di misurare – la presenza di ulteriori contaminanti (5 micotossine, 11 principi attivi farmacologici e 49 pesticidi).
“Una scoperta che non ci può lasciare indifferenti” spiega il professore Ritieni “non solo perché come abbiamo più volte sottolineato si tratta di un alimento che costituisce l’unico cibo per i bambini per i primi 6 mesi di vita ma anche perché stiamo parlando di una fascia della popolazione estremamente vulnerabile. Non dimentichiamo che è in questa fascia di età che si costruisce il microbiota ed esporlo subito a tutte queste sostanze lo danneggia precocemente”.
Le molecole
Di che sostanze parliamo? È stato rilevato desametasone nel 16,6% dei campioni  e procaina benzil penicillina in 1 campione ad una concentrazione di 0,295 ng/ml.
Lo zearalenone è stato trovato nel 55,5% di campioni e lo α-zearalenolo nel 16,6% dei campioni. L’aspetto innovativo di questo studio sta nel fatto di aver effettuato, sugli stessi campioni, un’analisi retrospettiva che ha consentito di vedere ulteriori contaminanti (non precedentemente identificati) ma non di quantificarli: addirittura le analisi hanno evidenziato, nell’83% dei campioni, la presenza contemporanea anche di 4 molecole. Un aspetto che rende ancora più preoccupante la situazione.
Non dovrebbero esserci tracce di antibiotici
D’altronde, pre riprendere le parole di Ruggero Francavilla, pediatra, gastroenterologo Università degli Studi di Bari, “Nei biberon non dovrebbe esserci traccia di antibiotici”.
“Anche se mancano prove convincenti e quantitative, i principali rischi legati alla presenza di residui di antibiotici negli alimenti sono: a) la resistenza agli antibiotici che possono trasferirsi ai consumatori attraverso la rete alimentare, b) il rischio che i consumatori possono sviluppare reazioni allergiche acute a residui di antibiotici di origine alimentare e c) le conseguenze sul microbiota intestinale (quella miriadi di batteri intestinali che vivono in simbiosi con il nostro organismo e dal cui equilibrio dipende strettamente la nostra salute)” ci spiegava il professore commentando la nostra inchiesta del 2020. E, invece, purtroppo continuato a contarne.
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