Altro che bla, bla, bla… Se c’è una cosa che va riconosciuta al governo Draghi sulla sua visione di transizione ecologica è quella di avere le idee chiare e di seguire un progetto preciso. Quello dei poteri economici forti di casa nostra, che hanno nomi e cognomi naturalmente, e tra questi spicca quello della partecipata Eni.
I lettori più attenti ricorderanno che già lo scorso febbraio, Chiara Affronte in un’inchiesta per questo giornale denunciò come l’obiettivo del “cane a sei zampe” fosse di mettere le mani su una sostanziosa fetta di soldi del Pnrr, un progetto prima comparso poi misteriosamente sparito dalla bozza del governo in carica all’epoca, quello di Giuseppe Conte.
A distanza di pochi mesi, con il nuovo esecutivo di Mario Draghi, i primi segnali che il lucroso progetto Eni era tutt’altro che abbandonato (o per lo meno che non dovesse più contare su soldi pubblici). Ai maliziosi era apparso subito chiaro che la nomina di un ministro come Cingolani che appena tre anni fa diceva all’Eni che il gas è il male minore, non fosse proprio una garanzia di imparzialità.
E difatti, come ha rivelato Lorenzo Misuraca su ilsalvagente.it il 2 novembre scorso e come ha confermato il Domani il 17 dello stesso mese, in manovra sono spuntati 150 milioni di euro proprio a favore del “Carbon Capture and Storage”, l’impianto che Eni vorrebbe costruire a Ravenna.
Di cosa si tratta? Cerchiamo di spiegare in sintesi quello che autorevoli scienziati hanno definito senza mezzi termini un bluff.
il Ccs è l’impianto che dovrebbe catturare e stoccare nel sottosuolo l’anidride carbonica emessa dai combustibili fossili i quali, nel frattempo, continueranno a essere prelevati e utilizzati. Insomma, energia per muovere l’impianto “assorbi-CO2” e per sviluppare l’idrogeno blu. Che altro non è che in surrogato dell’industria dei combustibili fossili di quello pulito: l’idrogeno verde ottenuto dall’elettrolisi dell’acqua.
“Una sciocchezza”, l’aveva definito da queste colonne Vincenzo Balzani, professore emerito dell’Università di Bologna e accademico dei Lincei, che si è occupato nella sua attività di ricerca di fotosintesi artificiale e macchine molecolari azionate dalla luce, affiancando all’attività di studio anche quella divulgativa sul rapporto tra scienza e società e scienza e pace, con particolare riferimento ai temi dell’energia e delle risorse.
Al Salvagente Balzani aveva detto: “C’è un vero e proprio cortocircuito: per catturare la CO2 c’è bisogno di energia, che arriva dai combustibili fossili. Chi ha fatto i conti ha stabilito che non si riesce a catturare neanche una quantità uguale a quella che si produce”. E aveva posto una domanda tutt’ora senza risposta: “Eni può dirci qual è il rapporto tra energia catturata e quella generata per catturarla? Mi piacerebbe saperlo”.
Non solo. L’idea che dietro l’obiettivo nobile di sottrarre quote di anidride carbonica all’atmosfera, incidendo sull’effetto serra, ci sia un interesse diverso è tutt’altro che peregrina, almeno per il professore di Bologna. “La CO2 è un gas – aggiungeva Balzani – e, comprimendola, posso trasformarla in un liquido e incanalarla nei gasdotti che vanno a finire nei giacimenti già utilizzati a Ravenna. Quando butto biossido di carbonio nei giacimenti dove è rimasto poco petrolio, riesco a farlo venire su. Ecco a cosa serve il Ccs”.
La conclusione dello scienziato era amara: “Il punto è che Eni in Italia comanda più del governo”.
Difficile dargli torto, a giudicare dalle ultime mosse del governo Draghi, non credete?