I dolcificanti artificiali come l’aspartame, il sucralosio e la saccarina interferiscono sui batteri intestinali precedentemente sani, causando disagio e problemi digestivi. I ricercatori della Ben-Gurion University in Israele hanno pubblicato sull’International Journal of Molecular Sciences un nuovo studio che dimostra come i dolcificanti artificiali abbiano la capacità di alterare il microbiota intestinale.
“Etichettati come sicuri ma in realtà influenzano la flora intestinale”
“Nonostante siano etichettati come sicuri e benefici, le recenti prove non spiegano l’azione dei dolcificanti artificiali e sui loro presunti effetti sul microbiota intestinale”, si legge nell’incipit dello studio. “I microrganismi intestinali – prosegue – sono essenziali per le normali funzioni metaboliche del loro ospite. Questi microrganismi comunicano all’interno della loro comunità e regolano i comportamenti di gruppo tramite un sistema molecolare chiamato quorum sensing (QS). Nel presente studio, abbiamo mirato a studiare gli effetti dei dolcificanti artificiali su questo sistema di comunicazione batterica“.
E quali sono stati i risultati? “Il nostro studio mostra che l’aspartame, il sucralosio e la saccarina hanno azioni inibitorie significative sui batteri” intestinali e, pur non essendo battericidi, “i nostri risultati suggeriscono che questi dolcificanti artificiali possono influenzare l’equilibrio della comunità microbica intestinale tramite l’inibizione del QS. Pertanto, deduciamo un effetto di questi dolcificanti artificiali su numerosi eventi molecolari che sono al centro della funzione microbica intestinale e, per estensione, sul metabolismo dell’ospite”.
Gli studi condotti dal Ramazzini di Bologna su aspartame e sucralosio
Il nuovo studio aggiunge nuove accuse sulla nocività dei dolcificanti artificiali. Sull’aspartamene e il sucrolosio i primi al mondo a mettere in evidenza i profili di rischio sono state le ricerche condotte dall’Istituto Ramazzini di Bologna. Di seguito ripoponiamo l’intervista dell’aprile 2016 al professor Morando Soffritti, all’epoca direttore scientifico della Fondazione europea di Oncologia e Scienze ambientali “B. Ramazzini”.
“Fino a dieci anni fa non se ne sapeva molto, ma oggi grazie ai nostri studi non ci sono più scuse e nessuno può dire ‘non sapevamo’” ci spiegava lo scienziato che assieme al suo Istituto ha prodotto gli unici studi indipendenti sugli edulcoranti, mettendo sotto accusa prima l’aspartame poi il sucralosio.
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Professor Soffritti partiamo dall’inizio ossia da quando “gli unici dati sugli effetti a lungo termine degli edulcoranti erano quelli delle industrie produttrici”. Poi siete arrivati voi a mettere sotto accusa l’aspartame…
E abbiamo dimostrato che c’era un aumento significativo di tumori dei pelvi renali, dei nervi cranici, di leucemie e linfomi non Hodgkin nei topi e nei ratti alimentati ad aspartame. Si badi bene, anche con dosi ammesse come quantità giornaliera. E l’incidenza aumentava quando il trattamento degli animali iniziava nella vita prenatale.
Una ricerca che ha sconvolto consumatori e industria. Ma non vi siete fermati.
Quando abbiamo presentato i dati ci siamo posti il problema di cosa avrebbe sostituito l’aspartame. Il candidato più ovvio e diffuso era il sucralosio. Allora abbiamo iniziato un esperimento simile. E abbiamo misurato che l’aspartame induceva nei topi maschi un aumento dei tumori al fegato e al polmone, mentre il sucralosio faceva aumentare linfomi e leucemie. Alla luce di questi dati il problema dell’uso degli edulcoranti è stato preso in considerazione da molti scienziati. Una ricerca dell’Università di Howard fra i consumatori di bevande dietetiche, 50mila uomini e 40mila donne, ha trovato un aumento di neoplasie ematiche. E gli scienziati hanno esplicitamente detto di aver condotto la ricerca motivati dallo studio del Ramazzini. Ora perfino la Pepsi ha sostituito aspartame e sucralosio, dando per scontato che sono pericolosi.
Professore oltre ad aspartame e sucralosio ci sono altri dolcificanti. Possono essere considerati più sicuri?
Il più utilizzato è la saccarina, poi viene l’acesulfame K. Nel primo caso alla fine degli anni 70 questo edulcorante era stato sospeso dalla Food and Drug Administration per sospetta cancerogenicità. Poi è stata introdotta una valutazione rischi-benefici, è stata considerata l’importanza per i diabetici e gli studi sulla cancerogenicità sono stati declassati. Ora viene usata con la raccomandazione di non esagerare. Sull’acesulfame, invece, non ci sono ricerche sui rischi. Gli studi prodotti dall’industria non bastano di certo, dato che non sono ritenuti adeguati dagli scienziati indipendenti.
Di fronte a un quadro tanto incerto e preoccupante che strada indicherebbe ai genitori di fronte all’invasione di prodotti edulcorati?
Di considerare che i bambini sono i maggiori fruitori assieme alle donne in gravidanza. Partendo da questo dato di fatto, teniamo presente che le bevande dietetiche non possono essere considerate un rimedio all’abuso di calorie o di zuccheri. Al contrario, lasciando masticare ai nostri figli caramelle, chewing gum “senza zuccheri” ma con edulcoranti e mettendo nei loro bicchieri bibite “light” il primo effetto è proprio quello di favorire l’obesità. Poi di non consumare in primo luogo aspartame e sucralosio.
E le istituzioni cosa potrebbero fare?
Innanzitutto promuovere una campagna educativa sui bambini e le famiglie. Soprattutto sugli effetti a lungo termine, legati al cumulo di un rischio che inizia addirittura in età prenatale. E regolamentare bevande, chewing gum e farmaci per bambini che contengono questi additivi.
La “sugar tax” potrebbe essere una strada?
Ci abbiamo provato con alcol e fumo senza successo. E i consumi sono scesi solo quando nei consumatori è penetrata la convinzione che questi prodotti facevano male. Non solo. Una tassa sugli zuccheri potrebbe incrementare proprio l’uso di edulcoranti, spostando i rischi dall’obesità agli effetti a lungo termine che abbiamo documentato. E non sarebbe una conquista per nessuno. Meglio l’educazione verso le famiglie, unita, ovviamente, all’aggiornamento delle norme. In base alle evidenze.