Mangiare 50g di carne lavorata, come pancetta, prosciutto e salsicce, aumenta il rischio di contrarre malattie cardiache del 18%. Con il consumo di carne rossa non trasformata, come manzo, agnello e maiale, il pericolo si abbassa al 9%. Nessun legame patologico invece se si sceglie la carne bianca come pollo e tacchino.
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Il quadro emerge da un nuovo studio condotto dall’Università di Oxford, “la più grande analisi di ricerca mai effettuata sull’impatto del consumo di carne sulla salute cardiaca”, come l’ha definita il britannico The Guardian. La causa dell’aumento del rischio sanitario legato al consumo di carne rossa processata risiede nell‘alto contenuto di sale e grassi saturi. “Sebbene la ricerca non abbia stabilito le ragioni del collegamento – scrive il quotidiano – si ritiene che un’elevata assunzione di grassi saturi aumenti i livelli di colesterolo dannoso delle lipoproteine a bassa densità (LDL), mentre il consumo eccessivo di sale aumenta la pressione sanguigna, entrambi presenti in quantità elevate nella carne lavorata e sono fattori di rischio consolidati per la malattia coronarica”.
I ricercatori del Nuffield Department of Population Health di Oxford hanno analizzato tutte le prove disponibili, inclusi 13 studi di coorte che monitorano la salute di oltre 1,4 milioni di persone per un massimo di 30 anni, per stabilire definitivamente il legame tra malattie coronariche e consumo di carne rossa. La maggior parte degli studi si basava su adulti bianchi che vivevano in Europa o negli Stati Uniti, con più dati richiesti su altre popolazioni. I ricercato hanno concluso esortando i consumatori a ridurre il consumo di queste carni del 75% o a rinunciarvi proprio.
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La conferma dello studio precedente
Il nuovo studio è una conferma di quello condotto sempre dalla prestigiosa università britannica pubblicato nel marzo scorso sulla rivista BMC Medicine, nel quale erano state analizzate 474.985 di cartelle cliniche di pazienti britannici di mezza età e con il quale si giungeva alla conclusione che il consumo di carne rossa, seppur non associata all’insorgenza di tumori all’intestino, aumenta anche il rischio di contrarre malattie cardiache, diabete, polmoniti.
Ma a quale livello di assunzione la carne può esporre al maggior rischio? “In media – scrivono i ricercatori – i partecipanti che hanno riferito di consumare carne regolarmente (tre o più volte a settimana) hanno avuto comportamenti e caratteristiche per la salute più avversi rispetto ai partecipanti che hanno consumato carne meno regolarmente”. In passato poi dall’Università di Oxford era arrivata la proposta di introdurre una vera e propria “meat tax”, tassa sulla carne rossa, per coprire i costi sanitari (ricoveri e cure per cardiopatici e diabetici) legati al consumo di questi prodotti.
L’Oms la definisce “cancerogena”
L’Oms, l’Organizzazione mondiale della sanità ha dichiarato nel 2015 che la carne rossa lavorata è cancerogena e quella rossa non lavorata potenzialmente cancerogena. Louise Meincke, del World Cancer Research Fund, ha commentato: “Questa ricerca, esaminando i potenziali effetti di una tassa sulla carne, mostra che potrebbe aiutare a ridurre il consumo di carne, come funziona la sugar tax sulle bevande zuccherate, oltre a compensare i costi per il sistema sanitario e migliorare la sostenibilità ambientale”.